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 2012  ottobre 15 Lunedì calendario

OLTRE IL GIARDINO

Ammettiamo pure per un momento che il governatore lombardo Roberto Formigoni, dopo la condanna a dieci anni del suo sodale Pierangelo Daccò, possa uscire indenne dall’accusa di corruzione da cui si difende con impudente faccia di bronzo, come la ha definita Gianfranco Fini, nonostante la lampante evidenza della sua vita non da frugale “Memores Domini” ma da nababbo. Ciò non ridurrebbe minimamente la sua responsabilità politica per aver creato un mostro che ingoia ogni anno miliardi e miliardi di euro pubblici, trasformando la salute dei cittadini in una macchina da soldi, in una vacca da mungere senza ritegno, una immensa mangiatoia al servizio di politici, imprenditori privati senza scrupoli, faccendieri, bancarottieri e lestofanti di ogni risma. Il celebrato “modello lombardo”, che pure ha qualche indubitabile isola di eccellenza medica e che il Celeste con i suoi soci leghisti chiama pomposamente “federalismo sanitario”, nasce ad opera dell’immarcescibile governatore, che controlla il Pirellone dal 1995, con la legge regionale 31 del 1997 intitolata “Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali”. La legge, fatta su misura per gli interessi di Comunione e Liberazione, stabilì la parità tra ospedali pubblici e privati. Così, in nome di una presunta rivoluzione liberale, partì la corsa delle strutture private per ottenere l’”accreditamento” con la Regione. Una parità giuridica
che, attraverso il flusso di rimborsi pubblici e la loro distrazione verso faccendieri, funzionari e politici corrotti, ha determinato la nascita di colossi sanitari, come il San Raffaele di don Verzé, che più che un prete sembrava un gangster di Chicago, franato sotto un miliardo e mezzo di debiti, e la Fondazione Maugeri, snodo di tangenti, sovrafatturazioni e fondi neri, solo per fare i due esempi più noti. La sanità lombarda muove ogni anno un giro d’affari di 17,3 miliardi di euro, il 75 per cento delle spese della Regione, con 128 strutture tra ospedali pubblici e privati. La generosità verso i privati e soprattutto verso gli ospedali legati a Cl, è tale che sui 17,3 miliardi di spesa sanitaria, il 43 per cento va a loro. Una torta da 7 miliardi e mezzo erogati a piè di lista senza controlli per la gioia di lobby potenti e fameliche. Tanto più che i manager delle Asl sono scelti non in base alle capacità amministrative e all’onestà, ma in base al colore politico dei partiti al governo. Per cui 25 sono Pdl, molti obbedienza Cl, e 19 leghisti. Questo sarebbe il decantato “federalismo sanitario”: lottizzazione selvaggia che scende per li rami ai primari e ancora più giù e sprechi che gridano vendetta. In Lombardia ci sono più reparti di cardiochirurgia che in tutta la Francia. Perché? Ma perché le operazioni cardiochirurgiche sono quelle che hanno i rimborsi pubblici più alti. Idem per l’ortopedia. I privati si buttano sulle prestazioni sanitarie più redditizie. E non di rado inducono i pazienti a operazioni inutili, se non dannose. Ecco, questo è un quadretto sommario dell’”eccellenza” formigoniana, che sulla sanità dà incredibilmente sfogo al suo patologico narcisismo. Questo signore, corrotto o non corrotto, è bene che passi il resto dei suoi giorni non nel grattacielo che ha voluto erigere più alto della Madonnina, emblema del suo ego ipertrofico, ma ai Caraibi, teatro delle sua sardanapalesche gesta vacanziere. O in luoghi meno salubri, se la magistratura accerterà le sue responsabilità penali.