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 2012  ottobre 15 Lunedì calendario

GLI SMARTPHONE DI DOMANI ECCO I BREVETTI DELLA FOLLIA

Telefonino, imprecazione. Quante volte la caduta del nostro smartphone dal taschino della giacca ci fa maledire gli Dei. Soprattutto quando l’amato apparecchio non si accende più o ha lo schermo in pezzi, per la botta presa. Come biasimare allora quelli di Amazon (il “grande magazzino” virtuale di Internet) che nel 2011 registrano il brevetto più improbabile (ma anche più bello) della storia. Un cellulare che piomba sul pavimento solo dopo che alcuni airbag si sono aperti per
proteggerlo dal danno.
Benvenuti tra le invenzioni più pazze del mondo. Quelle dei tablet o degli smartphone che verranno, forse, un giorno, oppure mai. Nella banca dati dell’Autorità americana “Uspto”, sono registrate idee degne dell’Archimede Pitagorico di Topolino o del tenero “Portobello” di Tortora. Oppure soltanto geniali, la storia ce lo dirà. È il caso del “tablet eterno”, che accendi e non si scarica più per mesi. Brevetto Apple. Dei telefonini “flessibili”, dai materiali pieghevoli come sfoglia di pizza. Intuizione della LG del 2012, subito pareggiata da un
brevetto gemello Apple.
Se il cellulare maleducato squilla quando non deve, benedetta sia l’invenzione di Motorola Mobility (società oggi proprietà di Google): la sculacciata. L’apparecchio “si silenzia” se lo colpisci sul di dietro, come un neonato. Opposta la filosofia dei finlandesi della Nokia, secondo cui dovremmo sapere sempre di ogni trillo. Ecco allora l’occhiale che si illumina, lungo la stanghetta sinistra, alla prima chiamata. Un perfetto sistema di allarme, a cellulare lontano. Ma anche Google (nel 2012) punta sugli occhiali. Gli occhiali mouse, che permettono di governare il computer senza toccarlo con le mani. Pura fantasia? A giugno, la società di Mountain View ha spedito il fondatore Sergey Brin a illustrare il prototipo alla trasmissione tv “Gavin Newsom Show”.
Le invenzioni più strane del mondo sono l’effetto curioso, a volte comico, della febbre maledettamente seria che ha investito tutti i giganti della settore. Decisi a registrare nuovi brevetti in quantità smisurata, e poi a difenderli a colpi di diffide legali e cause. Scrive Geesung Choi, vice presidente della Samsung, nel bilancio 2011 della società: «Siamo secondi! Secondi nella classifica degli assegnatari di nuovi brevetti negli Usa: 4 mila 894 nel solo 2011». Quattromila
894 idee sulle quali campeggia adesso la scritta “proprietà privata”. Ma altri 2559 brevetti sono stati depositati (sempre l’anno scorso) dalla giapponese Panasonic; 2286 dalla giapponese Sony; 1411 dalla coreana LG (tra cui lo smartphone flessibile); 676 dall’americana Apple (incluso il tablet dalla pila eterna); 585 dalla finlandese Nokia. I
brevetti sono così tanti che Google ha creato un apposito motore di ricerca per navigare tra tante idee.
I brevetti sono, sarebbero la benzina dell’economia. Yu Uny Cao (autore di “Patents as financial assets”, libro cult sul tema) scrive che ideazione e ricerca regalano al Pil statunitense un 10% di crescita che chiamiamo
“premio di innovazione”. Trenta milioni di posti di lavoro esistono solo in ragione della capacità di invenzione» di Apple, Amazom, Google-Motorola, Facebook. Ma James Bessen e Michael J. Meurer – nel loro storico “Patent failure” – teorizzano invece un mondo da incubo. Dove la proprietà dei brevetti determina un monopolio delle idee protetto dalla legge.
Le aziende della comunicazione, per quanto solide nei conti, non nascondono la loro paura. Perché una causa legale ha, per definizione, un «esito imprevedibile». E se vieni condannato devi mettere nel conto «danni economici seri». A parlare così non è un padre di famiglia, preoccupato per la citazione che gli è arrivata dal vicino di casa impazzito. E’ il colosso Apple (nel suo bilancio 2010). Dal
2007 ad oggi — mentre vendeva 250 milioni tra iPhone, iPad e iPod — «Apple è stata al centro di 479 processi per difendere i propri brevetti» o perché accusata di aver violato quelli altrui (stima la Thomson Reuters nel suo studio “Inside the iPhone patent portfolio”).
E anche la Samsung deve avere molta paura se le spese per avvocati — nel 2011 — sono cresciute a 66 milioni 874 mila euro. Una montagna di soldi che non l’hanno salvata il 25 agosto quando la Corte di San José in California l’ha condannata a pagare 1,05 miliardi di dollari per aver violato proprietà
Apple.
Il giudice Richard Posner (chiamato a valutare un ricorso di Apple contro Google-Motorola a giugno scorso) scrive perplesso della guerra mondiale dei brevetti: «Come in una giungla, le aziende utilizzano contro l’avversario tutte le zanne e gli artigli che il loro ecosistema autorizzi ». E chissà cosa penserà il saggio magistrato se un giorno gli chiederanno di pronunciarsi – in una causa per la proprietà intellettuale - sul tatuaggio a pelle che si muove quando il cellulare squilla (brevetto Nokia) o sul telefonino che si avvicina quando lo chiami, come il più fidato dei cagnolini.