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 2012  ottobre 13 Sabato calendario

IL WEB È COME LA PARETE DEL CESSO

Da quando nel 2008 è stato trovato dalla moglie impiccato ad una trave nel patio della loro casa in California, il popolo del Web non ha mai smesso di chiedersi che rapporto avrebbe avuto David Foster Wallace con Internet e i social network. Domanda bizzarra. DFW è morto quattro anni fa quando l’era di Internet era cominciata da un pezzo ed esistevano già Facebook e Twitter. Eppure a leggere Wallace o a leggere quello che si scrive su Wallace non si direbbe. Quando denunciava l’invadenza dei media nella nostra vita e nei nostri pensieri pensava alla televisione e la trama di “Infinite Jest” ruota intorno alla videocassetta di un cortometraggio talmente divertente da soggiogare, ipnotizzare e uccidere chiunque lo guardi. Ma già nel 1996 la videocassetta era un medium obsoleto. E poi – come hanno sottolineato i critici più acuti – le opere letterarie non vanno mai prese alla lettera. La folla di personaggi e gli schizofrenici andirivieni stilistici del romanzo alludono chiaramente al Web. Il libro è la risposta ad una sensibilità culturale stravolta che Wallace respingeva e di cui attribuiva la responsabilità ai media. “Per capirlo non devi passare la vita su Internet”, scriveva… aggiungendo – sarà poi vero? – che non era mai stato online.
FORSE WALLACE esagerava con il suo atteggiamento luddista, ma nemmeno tanto. DFW era rimasto analogico; i suoi strumenti tecnologici erano le forbici e lo scotch con cui ritagliava e incollava sulla parete dello studio articoli, definizioni, idee, foto. Wallace detestava le nuove tecnologie, ma non poteva fare a meno di essere incuriosito dagli effetti che producevano sulle quelle che definiva “le vecchie eterne verità”.
Ora da quella vera e propria miniera che è l’archivio di David Foster Wallace custodito presso il Ransom Center, Texas, emerge un racconto incompiuto dal titolo significativo: “Wickedness” (Malvagità). Come sempre il racconto è scritto a mano con la sua caratteristica calligrafia comprensibile solo agli iniziati e agli studiosi. Con “Wickedness”, che forse era l’inizio di un romanzo, Wallace ritorna al tema di “Infinite Jest”: il potere letale dei media, con la differenza che in questo caso il locus dell’autoannientamento del genere umano si è spostato dalla televisione al Web. Il protagonista di “Wickedness” è un giornalista di un tabloid, Skyles, malato terminale di cancro, che vuole, come ultima impresa della sua carriera, scattare una foto di Ronald Reagan malato di Alzheimer e ricoverato in una sorvegliatissima clinica per postarla sul sito Wicked.com  .
In “Wickedness” Wallace sostiene che i vecchi tabloid – del genere The Star o News of the World – per quanto ripugnanti fanno il loro lavoro nel rispetto delle regole. I nuovi media digitali invece non rispettano alcuna regola. “Inutile parlare di populismo e di informazione”, scrive Wallace. “La verità è che il Web è la parete del gabinetto della psiche degli Stati Uniti. Una parete che tutti possono imbrattare con le peggiori sconcezze e volgarità”. Nel racconto Wallace inventa anche siti web quali Latrines.com   e Filth.com   specializzati nella pubblicazione di foto umilianti delle celebrità. Il porno, ogni genere di porno, sparito dalle edicole e dalle sale cinematografiche si è trasferito online e il Web fa mostra di un appetito insaziabile per ogni forma di giornalismo distruttivo.
Leggendo il racconto incompiuto si capisce che l’indignazione di Wallace è autentica e si avverte con quale sincero dolore scrive che “queste nuove tecnologie rispondono alle antiche spinte autodistruttive di noi americani abituati da sempre ad aggrapparci al peggio per nascondere il vuoto che abbiamo dentro”.