Edoardo Barbieri, Il Sole 24 Ore 14/10/2012, 14 ottobre 2012
DAL PAPIRO FINO A GOOGLE
In un celebre saggio di trent’anni fa, Robert Darnton si chiedeva «Che cos’è la storia del libro?» (in italiano è riproposto nel recente Il futuro del libro, Adelphi, Milano 2011). In quell’occasione ne forniva una definizione divenuta classica: «La si potrebbe chiamare storia sociale e culturale della comunicazione a stampa». Allora, innanzitutto, la disciplina si occupa prevalentemente di libri a stampa, individuando in questa tecnica un mutamento di prospettive rispetto alla produzione manoscritta. In secondo luogo non si interessa solo di libri, ma di tutta una produzione che vede, a fianco dei giornali, anche manifesti, volantini, avvisi: tutto ciò che costituisce, appunto, il flusso comunicativo a stampa. Terzo, tali elementi vengono studiati in una prospettiva non estetica o letteraria, ma storica, seguendo un metodo d’indagine fatto di ricerca e studio delle fonti, di analisi dei manufatti, di ricostruzione di ambienti e personaggi che risponde a un metodo consolidato, anche se sempre in movimento.
La definizione offerta, però, innova anche rispetto alla tradizione di studi eruditi che, per esempio in Italia, è ben consolidata dal Settecento in poi: il riferimento è alla peraltro importantissima serie di ricerche, spesso legate a interessi locali, focalizzate su singole officine tipografiche e incentrate sul l’esatta ricostruzione della loro produzione. Ora, questo tipo di studi ha avuto modo di rinnovarsi con un’esperienza rivoluzionaria come è stata la scuola francese delle Annales che, grazie al contributo di Marc Bloch e Lucien Febvre, ha affermato, a partire dalla storia economica, che la storia è innanzitutto storia sociale, più che ricostruzione di una serie di avvenimenti (in fondo, lo diceva già Manzoni con la sua storia degli umili...). E il libro non è tanto l’opera tipografica in quanto oggetto artistico, ma il prodotto di un lavoro intellettuale, di un investimento economico e di una tecnologia offerto a un mercato di potenziali acquirenti/lettori. Tale fenomeno ha decisamente modificato la disciplina della storia del libro grazie soprattutto a un’opera, La nascita del libro, progettata da Febvre ma portata a compimento da Henri-Jean Martin. Ora, vuoi per il cinquantenario dell’edizione francese (uscita nel 1958), vuoi per il trentennale di quella italiana (curata da Armando Petrucci nel 1977), vuoi per la scomparsa nel 2007 di Martin (che in Francia divenne per un cinquantennio il nume tutelare della disciplina), negli ultimi anni si è parlato spesso di quella impresa, non solo svelandone alcuni retroscena – come la problematicità del titolo (in francese L’apparition du livre) o le ragioni di un certo disequilibrio interno o la curiosa scomparsa di alcuni capitoli nella versione italiana – ma ridiscutendo lo statuto della disciplina.
Ciò che interessa qui, però, non è rifare in breve tale dibattito, quanto verificare l’apporto che la storia sociale del libro può dare a comprendere e descrivere la complessità attuale. Uno dei più attivi allievi di Martin, infatti, Frédéric Barbier dell’École pratique des hautes études di Parigi, ha pubblicato nel 2001 una prestigiosa sintesi di storia del libro, poi uscita anche in italiano (Dedalo, Bari 2004) con una postfazione di Mario Infelise. L’opera è di grande interesse e ponderazione, anche se ovviamente molto centrata sui cugini francesi. L’uscita in Francia di una «terza edizione aumentata» del volume permette però di riflettere su come, nelle pagine ora aggiunte, l’autore sappia sviluppare un’analisi dell’editoria contemporanea, analisi comunemente troppo schiacciata da interessi di categoria, semplificazioni giornalistiche, approcci estranei a una ricostruzione storica. In effetti con il suo épilogue aggiunto in fine (La troisième révolution du livre: diversification et modification), Barbier traccia una preziosa mappa dell’attualità dell’editoria europea.
Innanzitutto viene chiarito quali siano le innovazioni a livello tecnologico, collegandole alla diversificazione dei media: da qui l’apporto alla conoscenza offerto da internet e la possibilità – collegata alla creazione di appositi apparecchi in formato tablet – del libro elettronico. Ciò ha permesso lo sviluppo di un fenomeno nuovo, la concentrazione di industrie della comunicazione a livello planetario (Google, Amazon...).
Quanto al libro cartaceo, una volta osservato il fenomeno della sovrapproduzione continua, con lo scadimento progressivo dell’offerta, si punta il dito sulle gravi problematiche legate al tema della distribuzione. Soprattutto, Barbier, mostrandosi in ciò un vero storico del lungo periodo, osserva come, se allo sviluppo del libro in Occidente ha sinora corrisposto un’evoluzione della società verso la modernità, le nuove forme di aggregazione e fruizione di contenuti non più lineari pongano interrogativi profondi sul nostro domani. La progressiva uscita dal sistema-libro è un fenomeno che richiede di essere compreso e studiato: Barbier individua un punto di criticità nell’omologazione e nella pervasività (parla di «imperialismo») che spesso paiono prevalere nella comunicazione. Insomma, 1984 è sempre alle porte.