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 2012  ottobre 14 Domenica calendario

BERLINO HA PAGATO I SUOI DEBITI?

Nel 1951, quando Hermann Josef Abs viene incaricato di rappresentare la delegazione tedesca in una serie di conferenze previste a Londra, il banchiere è consapevole della difficoltà del compito che l’aspetta. «Signor Abs, se lei non fa un buon lavoro, sarà impiccato a un pero. Se invece lavora bene, sarà impiccato a un melo», lo avverte Fritz Schäfer, il ministro delle Finanze. La battuta, riferita dallo stesso Hermann Josef Abs, non scoraggia affatto il consigliere finanziario del cancelliere della Germania Ovest, Konrad Adenauer.
Per due anni, il responsabile della delegazione tedesca cercherà di negoziare le condizioni più vantaggiose per la giovane Repubblica federale tedesca. La quale deve rimborsare sia i prestiti obbligazionari stabiliti dal Trattato di Versailles, mai pagati, sia quelli internazionali ricevuti all’epoca della Repubblica di Weimer, il cui pagamento degli interessi è stato sospeso all’inizio degli anni Trenta. E a questi si aggiungono ancora gli aiuti finanziari concessi dagli Alleati per ricostruire il Paese devastato, dopo il 1945.
In seguito alla divisione del Paese in due repubbliche alla fine della guerra, i negoziatori tedeschi si trovano ad affrontare un dilemma: la Repubblica federale tedesca deve caricarsi totalmente dei debiti del Reich, accumulati prima della guerra? Può sottrarsi a questa responsabilità, dato che la parte orientale del Paese, la Repubblica democratica tedesca, è occupata dalle truppe sovietiche? Sono due le ragioni che spingono Konrad Adenauer a optare per la prima soluzione. Innanzitutto, il recupero di sovranità da parte della giovane repubblica che, per il cancelliere in carica dal 1949, è una delle priorità della sua azione politica. Dunque, nel corso di una conferenza a cui partecipano i ministri degli Esteri degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Francia, organizzata nel settembre 1950 a New York, gli Alleati avanzano l’ipotesi di una revisione dello statuto d’occupazione della Repubblica federale tedesca, a condizione che il Paese si accolli i debiti precedenti alla guerra.
In secondo luogo, il cancelliere vuole anche ristabilire la credibilità del Paese debitore sulla scena internazionale. Avere accesso al credito è indispensabile per permettere alle imprese tedesche di rifinanziarsi a livello internazionale. A causa del mancato pagamento prima della guerra, quelle imprese sono penalizzate nelle esportazioni per problemi di liquidità e di costi supplementari. All’inizio degli anni 50, il Paese ha ancora una bilancia commerciale negativa, poiché l’ammontare delle importazioni supera quello delle esportazioni.
Quando iniziano i negoziati, la partita è ben lontana dall’essere vinta. La delegazione tedesca deve affrontare le reticenze di alcuni Paesi, come la Gran Bretagna e la Francia, riguardo ai debiti precedenti alla guerra, mai onorati. Questi ultimi derivano ancora, in gran parte, dalle indennità per danni di guerra, previste dal Trattato di Versailles del 1919.
In breve tempo, la Germania è schiacciata dal peso di questi pagamenti, sottoposti a una moratoria parziale a partire dal 1922. Nel 1923, la Repubblica di Weimer non è più in grado di versare alcunché. Di fronte all’incapacità della Germania di assolvere ai propri impegni, un banchiere americano, Charles Dawes, elabora, a metà anni Venti, un primo piano di riscaglionamento. Il pagamento delle annualità viene ridotto e il debito è trasformato in prestiti internazionali a un tasso del 7%, a venticinque anni. Il valore totale ammonta a 800 milioni di vecchi marchi. In un primo tempo, l’economia tedesca si riprende e il Paese salda una parte dei debiti. Grazie a quei rimborsi, la Germania vanta persino un bilancio positivo dal 1926 al 1929. Ma la schiarita dura poco: in seguito al crack del 1929, l’economia tedesca precipita di nuovo.
Nel 1930, un altro americano, Owen Young, proprietario di General Electric, elabora un secondo piano di riscaglionamento del debito tedesco. I «prestiti Young», che ammontano a 1,2 miliardi di vecchi marchi, sono emessi a un tasso inferiore, 5,5%, e spalmati nell’arco di un periodo ancora più lungo. Ma in breve tempo, l’aggravarsi delle condizioni economiche riduce a zero l’effetto di quelle concessioni.
Nel 1931, il presidente americano Herbert Hoover sospende il pagamento delle indennità di guerra per un anno. E nel luglio 1932, gli Alleati rinunciano a qualsiasi riparazione economica nel corso della conferenza di Losanna, che radunava i rappresentanti di Francia, Gran Bretagna e Germania per risolvere la questione delle indennità, previste dal Trattato di Versailles. È il primo mancato pagamento ufficiale del Reich.
Tuttavia, i prestiti di Dawes e di Young, che erano stati sottoscritti da investitori di diversi Paesi, restano validi. La salita al potere di Adolf Hitler rallenta di nuovo i pagamenti, che riprenderanno, a poco a poco, più avanti. Dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale, soltanto pochi Paesi come la Svizzera e la Svezia continuano a essere rimborsati. Quando, nel 1951, Hermann Josef Abs avvia i negoziati con i rappresentanti degli Alleati, la questione degli obblighi della Germania derivati dai prestiti di Dawes e di Young resta così aperta.
Inizialmente i debiti precedenti alla guerra sono stimati intorno a 13,5 miliardi di marchi. Nel corso dei negoziati, in un primo tempo vengono abbassati a 9,6 miliardi, considerando l’abbandono della copertura aurea e la caduta del dollaro. Alla fine, il totale dei prestiti precedenti alla guerra viene abbassato ancora a 7,3 miliardi di marchi, che equivale a uno sconto di oltre il 45% rispetto alla somma iniziale.
Per quanto riguarda i debiti del dopoguerra, valutati inizialmente tra i 15 e i 16 miliardi di marchi, anch’essi vengono abbassati a 7 miliardi, il che significa una riduzione del debito di oltre la metà. Verranno pagati in rate annuali di poco più di 200 milioni, che si aggiungono a quei 340 milioni all’anno per i prestiti ricevuti prima della guerra. Grazie allo sviluppo economico della Repubblica federale tedesca negli Anni 50, quegli importi possono essere pagati con facilità. La rata annuale di mezzo miliardo di marchi, versata dalla Germania nel 1953, corrisponde a circa il 4% del totale delle esportazioni tedesche. Gli ultimi prestiti di Dawes sono stati rimborsati per intero nel 1969, quelli di Young nel 1980.
La questione del saldo del debito tedesco non è ancora chiusa. La Repubblica federale tedesca non si riteneva responsabile dell’intera somma dovuta dal Reich. Ma una clausola, detta di «riunificazione», garantiva il rimborso degli interessi supplementari nel caso in cui le due parti del Paese si fossero riunificate. Gli ultimi pagamenti relativi a quegli interessi sono stati versati nel 2010.
Al termine della conferenza di Londra, la Repubblica federale è così riuscita a dividere a metà l’onere del debito, dietro approvazione dei suoi creditori. Partendo da un totale iniziale di 30 miliardi di marchi, i debiti tedeschi precedenti e successivi alla guerra vengono abbassati a meno di 14 miliardi, riassume la storica Ursula Rombeck-Jaschinski, autrice di un’opera consacrata a questo tema, pubblicata nel 2005.
Questo sconto, di una consistenza inusuale nell’Europa del XX secolo, è definito nell’accordo firmato il 27 febbraio 1953 a Londra tra la Repubblica federale tedesca e 21 Paesi che hanno partecipato ai negoziati. Oltre agli Stati Uniti, vi sono la maggioranza delle nazioni europee e anche la Svizzera. L’accordo, che sarà ratificato con una legge il 24 agosto dello stesso anno, sarà riconosciuto da una dozzina di altri Paesi, tra cui Israele nel 1955.
Come ha potuto la Repubblica federale tedesca ottenere condizioni così favorevoli? La risposta dipende, in parte, da un ragionamento di Konrad Adenauer e del suo consigliere economico: non bisogna far correre rischi al nascente «miracolo economico» della giovane Repubblica, una posizione che fa presa sugli americani. Inoltre, gli Stati Uniti vogliono poter contare sulla Repubblica federale tedesca, non soltanto in quanto cliente, ma anche e soprattutto in quanto baluardo contro il blocco comunista. Infine, un ruolo determinante l’hanno avuto anche le doti di negoziatore di Hermann Josef Abs, che ha fatto parte di una trentina di consigli di amministrazione aziendali e che finirà a capo della Deutsche Bank negli anni 60. Il banchiere, che i suoi contemporanei descrivono come vanitoso e ossessionato dai dettagli, parlava correntemente diverse lingue, tra cui il francese, l’inglese e l’olandese. A questo, si aggiunge un sano pragmatismo nel corso dei negoziati.
In un lungo articolo pubblicato nel 1959, in cui egli torna a parlare della fase che ha preceduto l’accordo di Londra, colpisce il fatto che Hermann Josef Abs ragioni più da contabile che da politico. Questo atteggiamento, così come la distanza che ha mantenuto dal regime nazista durante la guerra, ritenuta sufficiente dagli Alleati, aumentano la sua credibilità. Poco importa se aveva fatto parte anche di consigli di amministrazione di diverse aziende che avevano utilizzato prigionieri di guerra.
La riduzione di questo debito potrebbe diventare un modello a cui ispirarsi nella crisi attuale? Va ricordato che l’accordo di Londra, poco conosciuto dal grande pubblico, ha la particolarità di fare parlare di sé in ogni crisi importante relativa all’indebitamento. A metà anni 80, questo accordo è stato spesso citato come esempio da chi sosteneva la cancellazione di gran parte del debito dei Paesi in via di sviluppo. La Germania, si sottolineava, dal 1953 in poi non ha mai dovuto rimborsare più del 5% del valore delle esportazioni, mentre molti Paesi del Terzo mondo hanno dovuto versare oltre il 20 per cento. In tempi più recenti, l’aggravarsi del debito in Grecia e Spagna ha di nuovo portato alla ribalta questo accordo. La riduzione del debito concessa alla Germania ha favorito un rapido decollo del Paese, sostengono in molti. Ma esiste anche un’altra questione, meno prevedibile: nel 1946, la Germania era stata condannata a versare 7 miliardi di dollari alla Grecia come riparazione per averla occupata dal 1941 al 1944, un importo non regolamentato dall’accordo di Londra. Tuttavia, avendo accettato la riunificazione della Repubblica federale tedesca e della Repubblica democratica tedesca nell’ambito del Trattato di Mosca, la Grecia non ha più la possibilità di esigere alcuna indennità, ha ribadito la Germania per tutta risposta.
Secondo un’interpellanza depositata al Parlamento europeo nel mese di febbraio dal deputato Daniel Cohn-Bendit, questo debito oggi varrebbe oltre 80 miliardi di euro, se si tiene conto degli interessi maturati. Questa somma permetterebbe alla Grecia di rimborsare una parte del debito che il Paese deve all’Unione europea.
Per quanto siano piuttosto scarse le possibilità che la Grecia l’abbia vinta a questo riguardo, quest’ultimo atto dimostra che, in materia di debito, la storia non vede mai la parola fine.