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 2012  ottobre 13 Sabato calendario

LO STATUTO PIÙ DEROGATO D’ITALIA

Un titolo promettente, «Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente», per una delle norme più «derogate» della storia repubblicana. Non era certo questa l’intenzione del legislatore nel 2000, quando vide la luce la legge 27 luglio n. 212.
Un complesso di misure ispirate al principio della trasparenza nei rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuenti, che all’articolo 3 («Efficacia temporale delle norme tributarie») sancisce tra l’altro espressamente il divieto di varare disposizioni con carattere retroattivo. Con questa aggiunta: per i tributi tipo Irpef e Ires «le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono».
Ma si sa, un paese che detiene il record mondiale per iperproduzione legislativa, vanta – di conseguenza, potremmo aggiungere – un altro primato: quello dell’altrettanto ponderoso ventaglio delle deroghe. Lo ha calcolato il costituzionalista Michele Ainis: nel gran libro delle leggi italiane il termine «deroga» insieme ai suoi derivati («derogabile», «derogato») figura per 5.816 volte negli atti legislativi dello Stato e per 7.334 in quelli regionali. Se si considerano anche i regolamenti e le norme secondarie, siamo a quota 19.445. Poi vi sono le «eccezioni». In totale, sono 63.194 le deroghe alle regole precedenti sancite nell’ordinamento.
Ecco allora che l’ultima acrobazia normativa contenuta nella bozza della legge di stabilità, anticipata ieri dal Sole 24 Ore, suscita sorpresa, ma fino a un certo punto. È l’ennesimo caso di una norma fiscale retroattiva, «in deroga» appunto allo statuto del contribuente. Questa volta si tratta della franchigia di 250 euro per deduzioni e detrazioni, che scatterà con effetto retroattivo alle dichiarazioni del 2012, accanto al tetto di 3mila euro imposto alle sole detrazioni.
Non è una new entry. Secondo uno studio della Confesercenti, nel solo 2011 sono state ben 10 le norme varate in violazione dello Statuto del 2000. Hanno consentito di incassare 6 miliardi. Si va dalle misure in materia di ammortamento dei beni gratuitamente devolvibili, contenute nei decreti correttivi del luglio e agosto 2011 varati dal Governo Berlusconi, all’aumento dell’imposta di bollo in conto deposito titoli. Nel coacervo di norme varate alla rinfusa nell’estate dello scorso anno, compare altresì il «contributo di solidarietà» (5% oltre 90mila euro e 10% oltre 150mila), nonché l’addizionale Ires per le società dei settori idrocarburi ed energetico, e l’aumento dell’aliquota base dell’addizionale regionale Irpef (da 0,9% a 1,23 per cento).
Le deroghe allo statuto del contribuente sono perfettamente bipartisan, visto che anche il decreto «Visco-Bersani» del governo Prodi, varato il 4 luglio 2006, ne prevedeva non poche. Tra queste, la stretta sulla quota di ammortamento dei cosiddetti fabbricati strumentali. Valenza retroattiva assegnata anche alla tassazione piena dei dividendi da partecipazioni in società residenti nei paradisi fiscali, nonché alla stretta sulle società di comodo o "esterovestite", per finire con l’ammortamento dei marchi e il regime dei finti autocarri.
Dulcis in fundo, nel «salva-Italia» varato nel dicembre dello scorso anno dal governo Monti per evitare che finissimo nel baratro, ecco comparire con effetto retroattivo l’imposta straordinaria sulle attività finanziarie detenute all’estero che hanno beneficiato dello scudo fiscale, l’estensione dell’imposta di bollo ai prodotti finanziari senza obbligo di deposito.