Marco Alfieri, la Stampa 15/10/2012, 15 ottobre 2012
IL DIAVOLO È NEGLI EXTRA-COSTI
La competitività nel fare business spesso dipende da fattori di contesto. In extracosti invisibili che possono gravare o meno su imprese e distretti produttivi. Oltre alle classiche zavorre - dalle tasse troppo alte al costo della bolletta energetica, dal gap infrastrutturale all’eccessivo nanismo - i cosiddetti «servizi alle imprese» sono una delle note dolenti del sistema Italia, perennemente in fondo alle classifiche internazionali. Nella categoria rientrano attività e procedure quotidiane come costi e documenti per esportare o importare una merce, ottenere l’allaccio alla rete elettrica fino al costo assicurativo di un parco auto aziendale. Passaggi in apparenza secondari nella vita di una impresa. In realtà decisivi.
Cominciamo dall’import/export di merci. Secondo l’indagine Doing Business 2012 sul numero di procedure doganali, il Belpaese quanto a produzione di documenti (8 di cui 4 per le esportazioni e 4 per le importazioni) si colloca tra i virtuosi, sopra la media Paesi Ocse (9 documenti complessivi). Meglio di economie benchmark come Germania e Usa (entrambi ferme a 9) e dei paesi Brics (addirittura 16 documenti).
Il quadro si complica, al solito, quando si vanno ad analizzare tempi e costi delle procedure. Sui primi, in Italia ci vogliono 20 giorni per predisporre i documenti per esportare, fare i controlli, chiedere le autorizzazioni, caricare i container. Per importare invece 18. Complessivamente si sale a 38 giorni contro i 22 dei paesi Ocse e i 19 dei competitor europei con picchi di velocità incomparabili per Gran Bretagna (13) e Germania (14). Peggio di noi solo i Brics, dove ci vuole più di un mese e mezzo (49 giorni), al netto dei giorni effettivi di trasporto, trattandosi di economie geograficamente lontane. Sui secondi, la musica è la stessa: per fare import/export di merci, i costi amministrativi/burocratici per container sono di circa 1.245 dollari in Italia (quindi 2.490 dollari complessivi), il 17% in più di quanto pagato nei paesi Ocse (2.132 dollari) e Ue (2.119 dollari). Il risultato è che un paese trasformatore come l’Italia, costretto ad importare materie prime e a lavorarle per poi esportarle nel mondo, si è dotato di procedure/standard all’avanguardia ma poi perde qualsiasi vantaggio competitivo sui fattori clou di tempi e costi. Oltre al nanismo delle nostre Pmi, che rende più difficoltoso l’export (in Italia «solo» 180 mila imprese su 4,5 milioni hanno rapporti collaudati con l’estero), ecco un’altra zavorra che ci penalizza.
Discorso analogo si può fare sugli allacci alle utenze. Si prenda la rete elettrica, vero alimento di una impresa. Sempre secondo Doing Business in Italia per collegare un generico magazzino/capannone alla «corrente» servono 5 procedure, in linea con i paesi Ocse, anche se i paesi manifatturieri competitor Germania e Giappone fanno decisamente meglio (3 procedure). Ma il vero spread di competitività si apre sulle tempistiche: per presentare documenti, ottenere le autorizzazioni, effettuare le ispezioni e i lavori di installazione esterni e, infine, ottenere il contratto, ci vogliono mediamente 192 giorni, quasi 6 mesi e mezzo; nei paesi Ue ci si perde metà tempo (102 giorni): con grandi differenze al suo interno. Si va dal record di velocità tedesco (17 giorni), ai 109 della Gran Bretagna, fino ai 123 di un paese a burocrazia complessa come la Francia. Sempre e comunque più efficienti di Roma. Come sui costi, un fattore dove l’Italia paga tutta la sua dipendenza energetica. Da noi, infatti, una impresa spende per allacciarsi il 327% del reddito pro capite (comprensivo di costo per acquisto e installazione di un trasformatore per corrente elettrica, circa 70.000 euro). Nei paesi Ocse la spesa è molto più bassa (117%). In quelli Ue addirittura di ferma a 103.
L’altro grande extracosto sui servizi alle imprese si produce nelle cosiddette Polizze auto, calcolato sul premio medio pagato dagli automobilisti di ogni singolo paese (fonte: Insurance Europe). Anche qui siamo sopra la media Ue: 430 euro contro 392, anche se paghiamo molto meno di paesi deluxe come Lussemburgo (973 euro) e Svizzera(740). Al solito lo scarto sui premi assicurativi è con le economie concorrenti: Germania (411 euro), Inghilterra (395) e Spagna(349). Anche per garantire un parco auto a rappresentanti e dipendenti, in Italia tocca spendere di più…