VARIE 15/10/2012, 15 ottobre 2012
APPUNTI PER GAZZETTA - DOPO LA SCELTA DI VELTRONI DI NON RICANDIDARSI
ROMA - Matteo Renzi rilancia. Dopo la scelta di Walter Veltroni di non ricandidarsi in Parlamento, prova a fare pressing sugli altri leader storici. E questo nonostante le precisazioni dell’ex sindaco di Roma, che ha ripetuto: "La mia decisione non è un cedimento alla rottamazione". "Bene la scelta di Veltroni - scrive Renzi su Facebook - sono sicuro che non sarà l’unico a fare questo passo". Resta ora da vedere che cosa faranno gli altri maggiorenti di lungo corso del partito, spiazzati dalla mossa dell’ex segretario del Pd, mentre Massimo D’Alema, più volte attaccato dal rottamatore, incassa sull’Unità la solidarietà di centinaia di politici, imprenditori ed esponenti dell’associazionismo e del mondo accademico.
"Basta divisioni e personalismi. Parta dal Sud la sfida per il governo": così titola una pagina di ’informazione a pagamento’ pubblicata oggi sul quotidiano del partito, con 700 firme, che sottolineano come D’Alema sia il "punto di riferimento in questa battaglia".
"Il nostro Paese, oggi più che mai - affermano i firmatari dell’appello - ha la necessità di recuperare e riaffermare un legame profondo e diretto dei territori con la politica e con una classe dirigente eletta, capace di interpretare da un lato la forte spinta al nuovo e alle giovani generazioni che i cittadini reclamano, dall’altro lato il bisogno di esperienze e solidità istituzionale e politica che personalità come D’Alema apporterebbero alla sfida di governo che ci attende come centrosinistra".
In cima alla lista dei decani Pd ci sono Anna Finocchiaro e Livia Turco, con 25 anni di presenza in Parlamento. Per Finocchiaro non ci sono ritiri in vista per il momento e la linea annunciata è quella di seguire le indicazioni del partito. Turco, giorni fa, aveva detto che sarebbe uscita dal Parlamento "solo se escono tutti gli altri, tranne Bindi, D’Alema e Veltroni". L’annuncio del ritiro dal Parlamento, a sorpresa, è arrivato proprio da uno di quelli che voleva salvare.
Massimo D’Alema in Parlamento c’è da 23 anni, Franco Marini e Anna Serafini da 20, mentre da 18 anni ci sono Rosy Bindi, Pierluigi Castagnetti, Giovanna Melandri, Enrico Morando. Da 15 a 16 anni di permanenza figurano poi, oltre a Veltroni, Gianclaudio Bressa, Tiziano Treu, Giuseppe Fioroni e Marco Follini, fra gli altri. Fioroni non sembra intenzionato a cedere e interpreta la scelta di Veltroni come un disagio di fronte ad un’alleanza che si sta profilando, nella quale l’ex segretario non si riconoscerebbe. Castagnetti ha già fatto un passo indietro, ma molti dei dirigenti di lunga data sono in attesa.
14 OTTOBRE - REPUBBLICA
ROMA - Walter Veltroni non ci sarà nel prossimo Parlamento. L’ex sindaco di Roma e segretario del Pd ha deciso di non candidarsi alle prossime elezioni. La notizia, anticipata in un colloquio con Repubblica, è stata ufficializzata nel programma di Fabio Fazio "Che tempo che fa". Quello di Veltroni però non sarà un addio all’attività politica, perché il leader democratico intende restare impegnato in altre forme. E cita Romano Prodi e Giuliano Amato come esempi di come questo sia possibile anche fuori dalle Camere.
"Non si tratta - spiega - di un cedimento alla rottamazione". "Non c’entra nulla con quel tipo di appelli - ci tiene a far sapere - perché non è l’anagrafe a fare la buona politica. Con questi criteri uscirebbero dal Parlamento personalità importanti per la vita del Paese, di cui tutti quanti abbiamo bisogno". Una stoccata implicita a Matteo Renzi. Poi ricorda l’esperienza di Vittorio Foa che "deve valere per tutti, perché è stato un esempio anche in età avanzata. Era anziano ma anche uno straordinario innovatore. Fiorito è giovane ma certo non è un innovatore". "E’ un gesto coerente - spiega - con quanto annunciato nel 2006. Allora dissi che, una volta conclusa la mia esperienza di sindaco, avrei smesso di fare la politica professionalmente. Dopo mi è stato chiesto di fare una cosa alla quale non potevo opporre le mie scelte personali di vita e cioè il candidato alla presidenza del Consiglio. L’ho fatto, 12 milioni di persone hanno votato per me ma poi nel 2009 ho deciso di dimettermi ed erano dimissioni vere". Quella di lasciare il Parlamento - spiega Veltroni - è una scelta fatta senza intenti polemici e soprattutto guardando al futuro: "Spero che possa dare forza a quanti, nella società civile, hanno voglia di impegnarsi in politica. A coloro che vogliono farlo senza cercare garanzie di incarichi, solo perché credono in qualcosa".
Veltroni è entrato per la prima volta alla Camera nel 1987. "La decisione di non ricandidarmi - spiega - è stata presa parlando con mia moglie e le mie figlie". Ma dà rassicurazioni sul suo rapporto con il partito: "Farò campagna elettorale a testa bassa per il Pd". Quanto all’effetto che questa scelta potrebbe produrre su altri leader, Veltroni dice: "Mi auguro di no, perché di loro ci sarà ancora bisogno". "Si parla molto di Bindi e D’Alema - continua - ma non si dice che con la rottamazione non entrerebbero alle Camere persone come Enrico Morando, Pier Luigi Castagnetti o Arturo Parisi. Persone che hanno fatto del bene al Parlamento". Insomma, una scelta personale ma fatta anche per il bene della politica scesa oggi ai minimi livelli: "In un momento come questo - dice - credo ci sia la necessità, e da parte mia il bisogno, di mandare un messaggio positivo: di dire che la politica può essere anche coerenza con i propri impegni. Continuerò a fare politica, attraverso quello a cui ho sempre creduto, cioè l’impegno civile, la battaglia di valori sulla legalità".
Non a caso, Veltroni dice la sua sul tema che agita il Pd in queste ore: l’esclusione di Mario Monti e della sua agenda dalla Carta d’intenti siglata da Bersani, Vendola e Nencini come base programmatica della futura coalizione. "Secondo me quella di Monti è un’esperienza che doveva restare perché noi la stiamo sostenendo". "Un’esperienza - conclude - che ha dato prestigio e autorevolezza all’Italia dopo la tragedia del berlusconismo".
(14 ottobre 2012)
CASTAGNETTI, D’AMBROSIO E GLI ALTRI
ROMA – Walter Veltroni, Pierluigi Castagnetti, Gerardo D’Ambrosio… E’ la lista di “quelli che non si ricandidano”. La scossa è arrivata domenica sera dopo l’annuncio a Che Tempo Che Fa dello stesso Veltroni che ha detto di voler lasciare il Parlamento e quindi non ricandidarsi più. Una scossa appunto per il Pd, se non altro per le motivazioni, ovvero di non poterne più di essere messo nel calderone dei vecchi che hanno fatto cattiva politica”. Un calderone che ovviamente non contiene solo Veltroni.
Castagnetti e D’Ambrosio lo hanno seguito. Il primo citato dallo stesso Veltroni, il quale ha spiegato che con la “rottamazione” persone come Castagnetti “non entrerebbero nel programma”. Il secondo si è invece detto “deluso da questa esperienza”.
E allora ecco che adesso tutti si girano verso Massimo D’Alema, tutti a chiedersi e a guardare cosa farà l’ex premier. Come spiega l’onorevole Fausto Recchia infatti, dopo la scelta di Veltroni “in molti oggi si sentiranno invecchiati”. Bersani spera in suo autonomo passo indietro. Il presidente del Copasir ha ammesso in più di un comizio che due mesi fa aveva pensato di dimettersi ma che poi di fronte “all’aggressione di Renzi” ha cambiato idea. E ora che altri giovani “rottamatori” invocano a seguire l’esempio di Veltroni, cosa farà D’Alema?
Ma non c’è solo D’Alema a essere spiazzato dalla mossa di Veltroni. C’è anche Rosy Bindi. È in Parlamento da una vita e Renzi glielo ricorda spesso. Lei dice “mi rimetto alle decisioni del partito”. Lo stesso dicasi per Anna Finocchiaro. Non ha problemi invece l’ex presidente del Senato Franco Marini che, qualche mese fa, in un’intervista alla Stampa disse che non si sarebbe ricandidato.
CORRIERE.IT
ROMA - A Pier Luigi Bersani, con cui ha parlato ieri sera, l’ha spiegata così: «E’ una scelta del tutto personale, senza altre letture. Non è per fare polemica: avevo preso un impegno nel 2006 e dentro di me l’avevo confermato quando mi sono dimesso da segretario». Ma è indubbio che, al di là delle sue intenzioni e della sua volontà, la scelta di Walter Veltroni è destinata a mutare il corso delle cose nel Partito democratico. Ed è singolare in questo senso che, seppure per caso, il suo annuncio sia caduto proprio nel giorno del compleanno di quel Pd che lui ha fondato.
Da settimane l’ex leader spiegava di «non poterne più di essere messo nel calderone dei vecchi che hanno fatto cattiva politica», da mesi ripeteva che «la storia del patto tra i big del partito per cui io mi sarei prenotato la presidenza della Camera per la prossima legislatura è una balla». E ora si sente finalmente «in pace» con se stesso. Il che non vuol dire che si defilerà dalla lotta. Lo ha assicurato al segretario: «Farò campagna elettorale e mi impegnerò per far vincere il Pd». Bersani ha ringraziato sia per la promessa fattagli sia perché con questa decisione Veltroni spiana la strada al leader che vuole rinnovare «senza umiliare o mettere da parte nessuno»: «Dobbiamo far vedere che anche noi vogliamo il ricambio, anche perché è vero».
E adesso tutti si chiedono che cosa farà D’Alema. Perché l’annuncio di Veltroni pone un problema ai maggiorenti di lungo corso del Pd. Per dirla con il giovane onorevole Fausto Recchia «in molti oggi si sentiranno invecchiati». Bersani spera in suo autonomo passo indietro. Il presidente del Copasir ha ammesso in più di un comizio che due mesi fa aveva pensato di dimettersi ma che poi di fronte «all’aggressione di Renzi» ha cambiato idea. E ora? Ora che Emanuele Fiano dice «facessero anche gli altri questo gesto». Ora che Alessandra Moretti, portavoce del comitato elettorale di Bersani, non ha fatto e non fa mistero di voler pensionare anche lui, che cosa farà D’Alema?
È spiazzato, di certo, perché questa sua scelta l’ex segretario del Pd l’aveva maturata da solo, una settimana fa. Ne era al corrente, in qualche modo, Bersani, ma erano pochissimi quelli che sapevano tutto: la moglie Flavia e l’indispensabile braccio destro Walter Verini. Il presidente del Copasir sostiene che «come sempre, farà quello che è bene per il partito». E lascia intendere che potrebbe defilarsi. Ma intanto non si sa quanto spontaneamente più di seicento politici, economisti, uomini di cultura meridionali oggi su l’Unità sosterranno che per loro «D’Alema è un punto di riferimento».
Si badi bene, questo non è un tentativo di ricandidatura da parte del presidente del Copasir. Semplicemente, D’Alema è amareggiato per il trattamento riservatogli: «Sono stato preso come il simbolo negativo della politica». E il fatto che i vertici del Pd non lo abbiano difeso gli ha fatto male. Un conto è uscire dalla mischia politica tra i fischi, un altro uscirne tra gli applausi. Ma non c’è solo D’Alema a essere spiazzato - e nel suo caso anche anticipato - dalla mossa di Veltroni. C’è anche Rosy Bindi. È in Parlamento da una vita e Renzi glielo ricorda ogni volta che può. Lei dice «mi rimetto alle decisioni del partito». Però spiega anche perché e per come si è meritata la ricandidatura. Ora non potrà riscendere in pista senza fare la figura di quella attaccata alla poltrona. Perciò sta riflettendo sul da farsi. Lo stesso dicasi per Anna Finocchiaro. Non ha problemi invece l’ex presidente del Senato Franco Marini che, qualche mese fa, in un’intervista alla Stampa disse che non si sarebbe ricandidato.
Ora c’è chi per rito o chi per convinzione, chiede a Veltroni, come fa Enrico Letta, di «ripensarci». Ma lui spiega: «Non ritornerò mai sui miei passi». E non esclude in un prossimo futuro un altro viaggio in quel continente che, al di là delle ironie che sono state fatte, gli è rimasto nel cuore: l’Africa.
Maria Teresa Meli