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 2012  ottobre 13 Sabato calendario

L’ARTE CONTEMPORANEA SI SPOSA CON GLI OLD MASTERS

[Londra, la fiera più trendy d’Europa quest’anno sfodera non solo Hirst & C. ma anche i grandi del passato] –
Regent’s Park, sotto la tensostruttura in mezzo alle querce secolari a pochi metri dall’entrata di Gloucester Gate. L’uomo raffinato - molti capelli neri, la riga in mezzo, il vestito grigio scuro di sartoria e un vistoso rolex d’oro - viene dal Qatar e tiene sotto braccio una signora strepitosa, forse quarantenne, bionda platinata, con un corpo ancora da adolescente, flessibile, irregolare e liscio. La coppia - una di quelle che si vedono alle inaugurazioni di lusso, tra Christopher Rothko, il figlio di Mark, e l’attrice Rebecca Hall - si ferma davanti a un quadro di Giovanni Stanchi, pittore italiano del XVII secolo. Lei dice ispirata: «E’ bellissimo». Lo è. Lui sembra ignorarla, ma si rivolge alla gallerista americana: «Quanto vale?». «Un milione e 800mila dollari». Lui non fa un piega. Ma stavolta guarda la bionda. «Starebbe bene nella sala dei Giacometti». E si confonde in mezzo alla folla aristocratica che sorseggia champagne e Jack Daniel’s.

Per festeggiare la sua decima edizione, Frieze, la fiera dell’arte contemporanea più importante d’Europa - 175 galleristi di 35 Paesi e mille artisti rappresentati, dalla Cina alla Colombia, dal Sud Africa alla Russia - si è regalata un fratello più vecchio, «Old Masters», con un’operazione di trasformazione genetica utile a mettere in vendita il meglio del genio dell’essere umano dall’antico Egitto al Duemila, fondendolo con il famelico e superiore senso per gli affari dei commercianti d’arte dei giorni nostri. Gli ha costruito una casa nel parco, identica a quella mobile di Frieze Art Fair (che chiude domani) architettata da Carmody Groarke davanti a Park Square Garden e infine ha fatto il suo annuncio al mondo: basta con gli steccati, sono gli occhi a scegliere quello che vale. Tutto scorre, tutto ha un prezzo. Una foto di Avedon? 900mila dollari. Un Alexander Calder proveniente dalla Pace? 20 milioni di dollari. Un Sebastien Stoskopff? Poco meno di quattro milioni. Denaro e bellezza. Bellezza e denaro. Non esiste niente di più londinese di così. Un’anima che Frieze incarna completamente.

Sotto un tendone il terzo millennio, gli emergenti peruviani o finlandesi, sotto l’altro la strada fatta per arrivare fin lì, secolo dopo secolo, giorno dopo giorno. «Zeitgeist», sostiene Victoria Siddall, direttrice di questo nuovo gioco spettacolare. Lo spirito del tempo. Una lavatrice che fa collassare le ere, ridefinisce lo spazio e annulla i confini, per mischiare Picasso e il Rinascimento, l’arte povera di Kounellis e l’industriale mania di grandezza di Damien Hirst. «E’ come se stessimo offrendo al mondo un nuovo modo di guardare l’arte, sapendo bene che certe scelte definiscono i costumi del momento», spiega Siddall.

Negli Anni 80 l’aspirazione più diffusa era arredare le case come se fossero antiche magioni, grandi tende rosse e un deciso sguardo classico e austero. E forse proprio il disdegno delle mode mise al riparo da molti errori di gusto. «Negli Anni 90 e all’inizio del Duemila l’idea era che ci si doveva mostrare più giovani e capaci di avere uno sguardo internazionale. Oggi entrambe le visioni sembrano lontane». D’altra parte era già successo alla Biennale di Venezia di vedere esposto un Tintoretto. O che alla Dulwich Picture Gallery mettessero assieme Nicolas Poussin, 700 francese, e Cy Twombly, americano scomparso lo scorso anno. Cambiano i gusti, cambiano i compratori, mentre un mercato immune dalle crisi sposta la punta del suo compasso da New York al Big Ben.

Nelle due settimane che hanno preceduto Frieze , Londra si è trasformato in un vero campo di battaglia per i «dealers» americani. Il re di Manhattan, David Zwirner, ha aperto una galleria di diecimila metri quadrati in un palazzo georgiano di Grafton Street. La galleria di Michael Warner ha occupato due piani su Upper Brook Strett. La Pace Gallery ha aperto alla Burlington Arcade e tre giorni fa la Galleria Skarstedt, che espone artisti come George Condo e Keith Haring, ha inaugurato un gigantesco spazio a Bond Street. Secondo Judd Tally, giornalista newyorkese di Art+Auction i grandi galleristi Usa si sono spostati nella capitale inglese «per intercettare i nuovi collezionisti provenienti da Russia, Asia e Medioriente». Quanti sono? Per Wealth-X, agenzia che compila le statistiche sui nababbi della terra, solo a Londra ci sono 5.995 persone con un patrimonio superiore ai 30 milioni di dollari. Un terzo sono stranieri. Paperoni innamorati dell’arte come l’indiano Lakshmi Mittal (patrimonio personale stimato in 9.8 miliardi di dollari), il padrone del Chelsea Roman Abramovich (7.5 miliardi di dollari) o l’ucraino Victor Pinchiuk (2.6). Se non sono loro ad andare alla montagna è la montagna ad andare da loro.

Mentre l’odore dell’incenso accoglie i visitatori di Frieze, nel cuore di Mayfair, a Berkeley Square, accoglie un fiume di visitatori anche la sesta edizione di PAD, fiera dedicata all’arte, all’arte decorativa, all’arte tribale, alla fotografia e al design nel XX secolo con il contributo di 60 galleristi leader in Europa, Stati Uniti e Asia. Un’abbuffata di Schiele, Alexander Calder, Fontana e Botero. E dietro l’angolo, su Davies Street, la Gagosian Gallery ospita la mostra di Giuseppe Penone. E’ un’esplosione creativa. Il paradiso del benessere. Bentley, Rolls Royce e Ferrari. E’ la Londra del benessere senza freni, coppie che cenano da Nobu giurandosi che d’ora in avanti in casa loro moderno e antico avranno la stessa dignità, intenzionate a rimediare a un errore vecchio quanto il mondo, immaginare che un uomo o una famiglia necessariamente partecipino solo alle idee o agli avvenimenti del secolo in cui si trovano incidentalmente a vivere.