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 2012  ottobre 13 Sabato calendario

PEDIATRI: TROPPE PRESSIONI DAI GENITORI “I MINORI HANNO DIRITTO ALLA LIBERTÀ”

[L’allarme degli specialisti riuniti a Torino: lasciate più spazio ai figli] –
Genitori insicuri o troppo assenti calpestano ogni giorno i diritti dei bambini e li educano alla paura, facendoli crescere nella totale dipendenza. Il diritto a uscire da casa, a sporcarsi con la terra, l’erba, le foglie, l’acqua e la sabbia. Il diritto a giocare e a camminare da soli o con gli amici per le strade. Il diritto a mangiare cibi sani, a bere acqua pulita e a respirare aria sana. «Non correre», «non sudare», «non puoi tornare a casa solo». Divieti. Meglio l’abitudine rassicurante di una televisione baby-sitter sempre accesa che li fa restare a casa. Ma l’immobilità sostituisce il movimento, impedisce di scaricare le energie, alimenta il consumo di cibi e bevande non adatte e sfocia in comportamenti abulici, iperattivi o di scarsa attenzione che spesso portano all’uso e abuso di farmaci.

È la fotografia dei bambini di oggi tracciata da Francesco Tonucci, dell’Istituto di scienze e tecnologie della Cognizione del Cnr, durante il XXIV Congresso nazionale dell’Associazione culturale pediatri in corso a Torino. «Negli ultimi anni - dice Tonucci, maestro elementare e ricercatore possiamo osservare un conflitto nuovo mai registrato nei decenni passati: quello fra i genitori e i loro figli».

Autonomia è una parola che spaventa padri e madri, perché significa lasciare più liberi i ragazzi, pur occupandosi di loro: «Invece oggi osserviamo che nessun bambino che abbia meno di 10 anni esce più solo da casa, il che produce una serie di gravi conseguenze sul piano psicologico, cognitivo, sociale e fisico, tanto da poterlo considerare uno dei fenomeni più preoccupanti che riguardano la condizione infantile del nostro tempo».

È una sorta di appello dei pediatri alle famiglie e alla scuola, con la quale la pediatria moderna dovrebbe stringere un’alleanza. «Negli anni Settanta - dice Tonucci - il 90 per cento dei bambini dai 6 agli 11 anni si muoveva autonomamente nel percorso casascuola, oggi non supera il 50 per cento». Non poter uscire da soli «impedisce l’esperienza del gioco, che vuol dire uscire da casa, cercarsi un amico, decidere insieme, scegliere un luogo adeguato, dedicare tempo e non vedere l’ora di tornare a casa per raccontarlo alla mamma». Solo così si educa un bambino all’esplorazione, alla scoperta, all’invenzione, gli si consente di sperimentare la meraviglia e il piacere: «Non si può accompagnare un bambino a giocare, occorre lasciarlo, che significa fiducia e affetto», sostiene Tonucci. E al bando animatori e parchi gioco: «Non si può giocare in uno spazio costruito apposta, perché ogni gioco ha il suo spazio giusto e deve cambiare a seconda del gioco e dell’età del bambino».

Autonomia non significa imprudenza né disinteresse. Ma «se un bambino non può uscire da solo non può vivere l’esperienza dell’incontro con l’altro, non permette di sperimentare la soddisfazione dell’amicizia e la delusione per l’amarezza del tradimento». E non è sufficiente frequentare solo i compagni di classe o i figli degli amici dei genitori. «Se un bambino non può uscire da casa non può vivere l’esperienza fondamentale del rischio». Perché «il rischio è l’inciampo necessario per mettere alla prova le proprie capacità, confrontandole con quelle degli altri e verificare la propria crescita».

La resistenza di papà e mamma è sempre più alta, secondo i pediatri a congresso. Il rischio è enorme: «L’impossibilità di rischiare il giusto nelle diverse fasi della vita fa accumulare un bisogno di trasgressione che finirà per esplodere solo quando il ragazzo o la ragazza avranno sufficiente autonomia, le chiavi di casa o un motorino sotto il sedere, e allora potranno essere esperienze davvero pericolose».