Francesco Grignetti, Ia Stampa 13/10/2012, 13 ottobre 2012
L’ITALIA TORNA ALLA CONQUISTA DEL POLO SUD
L’ appuntamento è per dopodomani, lunedì, sul suolo dell’Antartide: trasportati da tre elicotteri, 20 coraggiosi, e due osservatori coreani, riaprono la porta di base Zucchelli. Dopo otto mesi di chiusura, si tratta di verificare che sia tutto a posto e che ci sia uno spessore di almeno 2,5 metri di ghiaccio per riattivare la pista di atterraggio. Sono la pattuglia avanzata della XXVIII spedizione antartica italiana che starà al Polo Sud per i prossimi quattro mesi.
Le temperature si sono fatte miti, per modo di dire: si è passati da -70° a -20°. Nei giorni fortunati dell’estate australe si può arrivare a -2°. E in quei casi è festa grande per la cinquantina di ricercatori italiani che le università, il Cnr e l’Enea selezionano ogni anno.Accanto a loro, una decina di specialisti delle Forze armate garantiscono il sostegno logistico. Nelle settimane scorse hanno terminato il training per la vita polare, hanno imparato a indossare una muta stagna per entrare nelle acque glaciali o ad attraversare un container in fiamme nella malaugurata ipotesi di un incendio o, ancora, a scavarsi una buca nel ghiaccio se rimanessero isolati sotto una tormenta.
La Stazione italiana dispone di 7500 mq di laboratori, magazzini, impianti, alloggi, servizi per il personale e numerosi moduli adibiti a laboratorio. In cinque ettari dedicati alla scienza nei prossimi mesi si studierà la biologia degli organismi antartici, la glaciologia, le contaminazioni ambientali, i cambiamenti climatici. Dall’Italia, a vigilare, c’è l’Enea, agenzia per le nuove tecnologie e l’energia alternativa, che ha il compito di coordinare il tutto. Organizzatore principale, Massimo Frezzotti, e il suo team. «Oltre al lavoro alla base – spiegano – ci saranno anche tre campi remoti, in posizioni isolate, a 4-500 km di distanza».
Una festa per la scienza, a cui negli ultimi tempi partecipano con investimenti massicci anche indiani, cinesi, coreani. I Paesi emergenti sono entrati nel club antartico a pieno titolo. E non per caso. Il Polo Sud offre condizioni uniche per certo tipo di ricerca. I ricercatori italiani andranno a caccia di meteoriti sul pack, si dedicheranno all’osservazione del krill per verificare quanto gli oceani stanno cambiando, faranno carotaggi nel terreno per studiare gli strati geologici. Ci sarà una campagna di studio per ricostruire il clima degli ultimi 2000 anni. Ma soprattutto sfideranno il gelo del Grande Sud. Il nemico principale è il vento «catabatico», una sorta di bora che può toccare i 100 km orari e fa precipitare la temperatura a -80°. Se un essere umano si trova sul pack, sono guai. E non c’è modo di andarlo a recuperare perché a quella temperatura non c’è motore che possa funzionare. Loro, gli scienziati, li hanno addestrati anche a quest’eventualità.
Un miracolo all’italiana. Ignorata sostanzialmente in patria, la nostra base antartica piace moltissimo alla comunità scientifica internazionale. La Corea del Sud, per dire, ha appena deciso di investire centinaia di milioni di euro in una base che costruiranno a dieci chilometri da noi. Ecco perché due coreani sono al seguito dei nostri: per capire come si fa a far atterrare un Hercules su una pista di acqua ghiacciata. Eppure questo miracolo, secondo le peggiori abitudini nazionali, è frutto di corse pazzesche dell’ultima ora. All’Enea si dannano perché i nostri partner hanno una programmazione che si rinnova ogni dieci anni e noi ogni sei mesi. «E così però non si risparmia mica. Anzi». Per la cronaca: quest’anno l’Italia investe 22 milioni di euro nellacampagnaantartica;diquesti, ben 14,5 servono per la logistica. La scienza è una bella cosa, ma al Polo Sud non si va senza medico, infermiere, cuoco, specialista nelle telecomunicazioni, elettricista, idraulico e così via.