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 2012  ottobre 14 Domenica calendario

LA CORSA A OSTACOLI PER VOTARE ALLE PRIMARIE

[Obbligatorio iscriversi all’albo, ma non si potrà farlo al seggio] –
Votare alle Primarie del centrosinistra: ecco un e s e rc i z i o che è l’anello di congiunzione fra la caccia al tesoro e la burocrazia cinese. E che promette di evolvere a gioco di società/ rompicapo con cui vincere il tedio autunnale. Di certo c’è che si voterà al primo turno domenica 25 novembre. Il resto brancola nelle nebbie della perfidia umana. Perché al simpatico punto due del decalogo varato ieri dal Pd, della vendoliana Sel e dal Psi c’è scritto che per partecipare bisogna sottoscrivere una carta d’intenti (anche quella presentata ieri: si chiama “Italia Bene Comune” ed è una dettagliata enciclopedia del filantropismo moderno) con la quale ci si impegna a sostenere il centrosinistra alle Politiche del 2013. Cioè, praticamente, se uno va alla Primarie per appoggiare la leadership di Matteo Renzi, garantisce di votare centrosinistra anche se la spuntasse Nichi Vendola. E viceversa (praticamente l’ambizione novecentesca di trasformare i potenziali elettori in affiliati).

Ma non è tutto. Questo punto due è un lascito per i posteri. Infatti disciplina l’afflusso alle urne. E sostiene che i desideranti al voto debbono iscriversi all’Albo delle elettrici e degli elettori e «tale registrazione dovrà avvenire con procedure distinte dalle operazioni e dall’esercizio di voto». Traduzione: boh. O meglio, come e dove ci si possa iscrivere all’Albo delle elettrici e degli elettori è ancora da stabilire, ma di sicuro non lo si farà al banchetto delle primarie. Sarà un banchetto a fianco? Un banchetto lontano cinque metri? Sarà a tre isolati di distanza? Dall’altra parte della città? In una zona a caso dell’emisfero boreale? Altro boh. Lo si preciserà più avanti. In ogni caso, recuperata l’imprescindibile iscrizione, si otterrà diritto di voto che prevede il versamento di almeno due euro: e questo è giusto, visto che le primarie costano anche se qualcuno ha protestato ricordando, per esempio, gli emolumenti girati al gruppo del Pd in Regione Lazio: circa due milioni di euro l’anno.

Tuttavia non è per niente escluso che nessuno dei candidati raggiunga il cinquanta per cento più uno dei favori. Nel caso si andrà al ballottaggio, già fissato per la domenica successiva, quella del 2 ottobre. E qui c’era un punto di discussione fra l’aristocrazia del partito e i renziani. Questi ultimi erano dell’opinione di aprire il ballottaggio anche a chi non aveva votato al primo turno. Il partitone tendeva invece più all’ipotesi opposta: chi c’era, ci sarà; chi non c’era pazienza. Questo per evitare che sabotatori del centrodestra assaltino i banchetti ed inquinino il voto. Bene, come è stata risolta la questione? Non è stata risolta. Anche qui ogni interpretazione è buona perché il decalogo dice semplicemente che chi ha (faticosamente) ottenuto l’autorizzazione a votare al primo turno ce l’ha automaticamente al ballottaggio. Per il resto buio fitto. Sarà pure questa una decisione a carico dei garanti, che sono quattro e costituiscono il Collegio Nazionale (Il più noto è Luigi Berlinguer, ottant’anni, cugino di Enrico e già ministro con Romano Prodi e Massimo D’Alema. Qualche fama ce l’ha anche il vendoliano Francesco Forgione, che fu presidente della Commissione antimafia dal 2006 al 2008. Gli altri due sono tecnici meno famosi, la filosofa Francesca Brezzi per il Pd e il docente di diritto amministrativo Mario Chiti per i socialisti). Insomma, il tentativo di tenere la gente lontano dalle Primarie è articolato. Se il tentativo riuscirà, è meno chiaro.