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 2012  ottobre 15 Lunedì calendario

«P erché faccio il mago? Perché mi diverto». A parlare è l’illusionista italiano che piace ai francesi, Luca Bono da Chieri (Torino), vent’anni

«P erché faccio il mago? Perché mi diverto». A parlare è l’illusionista italiano che piace ai francesi, Luca Bono da Chieri (Torino), vent’anni. Timido ma determinato, è a Parigi per ricevere il Mandrake d’Or, considerato l’Oscar della magia. Stasera alle 20.30 sul palco del Theatre des Bouffes Parisiens, al numero 4 di rue Monsigny, riceverà dalle mani di Gilles Arthur, creatore del premio, l’ambita statuetta in abito da sera con baffi, cilindro e mantello. In passato tra i vincitori c’è stato anche il celebre David Copperfield. «Sono stato fortunato» minimizza il giovane illusionista. Scavando però oltre la timidezza dietro cui si schermisce, si scopre che la consacrazione di stasera è frutto di una combinazione di talento e tenace allenamento. «Mi esercito tutti i giorni per tre-quattro ore» spiega Luca senza abbandonare il mazzo di carte che sta mischiando e che, dopo aver diviso a mazzetti, fa scomparire e riapparire. Il suo numero con foulard e colombe alla trasmissione «Le plus grand cabaret du monde», in onda un mese fa in prima serata su France2, ha incantato i francesi, che al termine dell’esibizione gli hanno tributato una lunga standing ovation. «Due anni fa per me era impossibile anche solo pensare di poter partecipare a quella trasmissione. Ho passato giorni e giorni a guardare su Youtube i video degli artisti che ammiro ospiti del programma. Ritrovarmi in quello studio è stato come vivere un sogno. Rivedere poi la registrazione mi ha fatto effetto: mi sembrava che la mia faccia, la mia scrivania e tutto il resto fossero stati appiccicati alla scenografia vuota...». Eppure il suo destino sembrava dover essere un altro. Luca ha 12 anni quando comincia a correre sui go-kart, una passione ereditata da papà Carlo e mamma Grazia, entrambi piloti di rally. Due anni dopo, sul circuito di Rioveggio, nel Bolognese, un incidente (il suo minibolide tampona il pilota che lo precede) lo spedisce in ospedale con alcune costole incrinate. Rimane ricoverato per una decina di giorni, durante i quali il fratello maggiore, Davide, aspirante maghetto («Era lui l’appassionato in casa — racconta —, ma dopo un primo periodo non l’ha più praticata, lasciando a me il testimone»), lo intrattiene con giochi e trucchi. È una folgorazione. Nel 2007 si iscrive al Circolo Amici della Magia di Torino, in via Santa Chiara 23 («la sua seconda casa», dice), duecentotrenta soci e la più grande biblioteca magica del mondo dopo quella di Londra. È qui che incontra Arturo Brachetti, che diventa il suo maestro e mentore. Tre anni dopo, a 17 anni, vince il Campionato italiano di magia. Nel luglio di quest’anno si classifica 13° al Campionato mondiale di Blackpool, in Inghilterra. Il suo modello di riferimento, oltre al «maestro» Brachetti, è Lance Burton, «re» di Las Vegas dalla fine degli Anni 80 fino al 2010. «È uno dei miei preferiti — spiega —. Ha classe, tecnica e presenza scenica, i suoi show sono sempre sorprendenti, pieni di effetti straordinari». Poi descrive la sua idea di magia. «In scena mi piace raccontare delle storie, seguire un percorso "narrativo", portando il pubblico "dentro" la storia. Il segreto è andare oltre l’illusione. Chi guarda non deve chiedersi "come ha fatto?", ma lasciarsi andare alla magia, lasciare che prenda il sopravvento». Accarezza un pappagallino piccolo così, Otto, che lo accompagna in scena. «All’inizio era solo "di compagnia" — dice — poi è stato incluso in un numero: lo faccio scomparire dalla sua gabbietta per farlo poi riapparire alla fine dentro un uovo che era dentro un limone che era dentro un’arancia». Altre star immancabili dei suoi numeri sono le colombe. Luca ne ha sei, tutte bianche, che riconosce l’una dall’altra senza aver dato loro un nome. «Le distinguo in base al carattere, alla docilità o meno con cui si fanno tenere in mano durante lo spettacolo. Ognuna ha un ruolo in base alla sua "personalità"». Le coccola con quelle mani che sembrano dotate di «superpoteri». Potendole usare per cambiare il mondo, che cosa farebbe? «Cercherei di fermare le guerre». Laura Zangarini