Stefano Bucci, la Lettura (Corriere della Sera) 14/10/2012, 14 ottobre 2012
IL LOUVRE DI ABU DHABI: «NON SIAMO UNA REPLICA, MA UN MUSEO VERO»
La cosa più importante, certo, sono le opere d’arte, quelle che troveranno spazio nel nuovo Louvre Abu Dhabi progettato da Jean Nouvel e che dovrebbe essere inaugurato nel 2015: la Madonna con Bambino di Giovanni Bellini, il ritratto di Don Pedro da Toledo di Ingres, la Natura morta con aglio di Edouard Manet, la Composizione con blu, rosso, giallo e nero di Piet Mondrian. Fino agli acquisti più recenti, quelli presentati (da qui fino al giugno 2013) nella seconda edizione delle «Talking Art Series», veri e propri incontri con la collezione che verrà: dalla bellissima Principessa persiana del III secolo ai Breton Boys Wrestling di Paul Gauguin del 1888. Ma la cosa che conta è forse un’altra: «Questo non sarà una sezione del Louvre, sarà un altro museo, un museo universale che metterà insieme l’arte di tutte le epoche e di tutte le culture, non una costola del Louvre francese» spiega Laurence Des Cars, direttore dell’Agence France Museum creata dal governo francese nel 2007 per collaborare (in particolare con la TDIC, l’Abu Dhabi Tourism & Culture Authority) alla realizzazione del progetto.
E il Louvre? «Un modello da seguire, un nome da utilizzare come simbolo di eccellenza dell’arte». Dunque, niente più di un brand, o quasi. Al pari degli altri, dal Guggenheim alla New York University, che troveranno spazio in quel Cultural District sull’isola di Saadiyat (a cinque minuti da Abu Dhabi) che ospiterà il Maritime Museum al Performing Art Centre e lo Zayed National Museum (oltre ai già esistenti centro espositivo Manarat Al Saadiyat e Uae Pavillon).
Quella del museo globale è in qualche modo una (piacevole) ossessione: «Temi universali, influenze reciproche oltre i confini geografici, di nazionalità, di storia. E nessuna divisioni tra Nord e Sud, tra Asia e Africa, tra Islam e Occidente, tra paesi ricchi e paesi poveri» questi i punti chiave del nuovo museo anche secondo Hissa Al Dhareri, project manager del Louvre Abu Dhabi. L’idea? «Celebrare la creatività e l’arte che supera le differenze, cercare insomma un terreno di collaborazione comune, tornare ai tempi della Penisola Arabica come crocevia di cultura». E anche se al Dhareri, da buon manager contemporaneo, preferisce parlare di «cultural hub», questa idea di contaminazione «classica» appare evidente nelle scelte curatoriali: la fontana ottomana in pietra; il manoscritto dipinto della Torah scovato a Sanaa; la prima foto di donna velata eseguita dal francese Joseph-Philibert Girault de Prangey nel 1804; un idolo cipriota dell’eta del Bronzo; un Cristo cinquecentesco (in legno) che mostra le proprie piaghe; una scatola ottagonale (legno e madreperla) della dinastia Tang; una testa di Imperatore romano della fine del II secolo; un’anfora (a figure nere) del greco Antimene; le porcellane di Sevres; il reliquario con i Re Magi di Limoges. Scelte che tradiscono, appunto, questa voglia di trasversalità anche tecnica con Magritte, Murillo e Renoir assemblati con tesori dell’arte applicata: dalla caffettiera di Joseph Hoffmann allo sgabello in stile africano di Pierre Legrain.
Un primo assaggio di quello che sarà il museo si avrà nel prossimo aprile con la mostra Birth of Museum (prima ad Abu Dhabi, poi al Louvre). Ma quanto è importante in un museo la scelta di un’archistar per il progetto? «Fondamentale — per Al Dhareri —, perchè il suo edificio, pur ispirandosi all’architettura araba più tradizionale, vuole essere un piccolo nuovo mondo unito nella sua diversità. La grande cupola di Nouvel è la rappresentazione della universalità del museo». E visto che questo « hub» non dovrà dimenticarsi dei possibili turisti, non solo locali ma naturalmente mondiali, ben vengano allora i mega grattacieli e gli spazi firmati: Gehry per il nuovo Guggenheim (pronto nel 2017), Foster & Partners per lo Aye National Museum (pronto nel 2016). E ben vengano queste lezioni in cui ogni singola acquisizione viene presentata ai futuri visitatori, ma anche ai possibili collezionisti e ai possibili sponsor.
«Questi incontri sono fondamentali — assicura Hissa Al Dhareri — per stabilire un contatto con chi ci visiterà, qualcosa che manca nei musei di oggi, ma che sarà essenziale in quelli che saranno costruiti. Anche perché durante questi incontri si può spiegare il futuro percorso e l’idea base, un’idea comunque in progress che può subire mutazioni. In questo modo si avranno visitatori più attenti e più connessi con il museo». E la collezione? «Nasce dalle scelte di un comitato scientifico, e non da motivazioni economiche (anche se molti dei capolavori arrivano da aste miliardarie come quella della collezione di Yves Saint Laurent e Pierre Bergè ndr) — spiega Laurence Des Cars —. Le nostre sono scelte universali. Sarà proprio questa universalità che assicurerà al Louvre Abu Dhabi un posto di eccellenza tra i più i grandi musei del mondo». Al di là dei brand e delle archistar.
Stefano Bucci