Massimo Mucchetti, Corriere della Sera 14/10/2012, 14 ottobre 2012
LA CASSA DEPOSITI NON E’ L’IRI. PURTROPPO
La Cassa depositi e prestiti, ossia la Cdp, è un novello Iri? L’interrogativo ritorna oggi, perché il Fondo strategico della Cdp annuncia una proposta per l’Ansaldo Energia alternativa a quella della Siemens. A riproporlo sono i liberisti che considerano l’Iri il male, a prescindere dalla sua lunga storia ricca di ombre ma anche di luci. La mia risposta è: magari la Cdp fosse l’Iri! L’Iri di Beneduce e dei suoi primi successori, beninteso, non certo degli Anni Ottanta, che Romano Prodi considerò il suo Vietnam.
La verità è che la Cdp è simile all’Iri solo nelle forme di finanziamento, e neanche in tutte. L’Iri era stato progettato fin dagli Anni Trenta per finanziarsi in piccola parte con i fondi di dotazione, stanziati dal governo, e in parte preponderante con obbligazioni sottoscritte dal settore privato e garantite dallo Stato. La Cdp opera con un capitale sociale, versato prevalentemente dal governo, e con obbligazioni e altre forme di raccolta, curate dalle Poste con la garanzia statale. L’Iri era un ente pubblico economico, non una spa. Perciò aveva un fondo di dotazione e non un capitale sociale. Ma, nella sostanza, è la stessa cosa. Certo, da un certo momento in avanti l’Iri ha assorbito cospicui fondi di dotazione. La cosa fece scandalo. Ma ancora non si era visto quanto Usa, Gran Bretagna, Irlanda e Olanda, i severi censori dello statalismo mediterraneo, regaleranno alle loro banche o alle varie Fanny Mae, Freddie Mac e General Motors. Anche le obbligazioni Iri e il risparmio postale sono concettualmente simili. Terza similitudine, il personale dirigente: manager non schiavi dei partiti erano i dirigenti dell’Iri nei suoi primi 40 anni; manager di analoga autonomia sono i capi della Cdp. Ma le analogie finiscono qui.
L’Iri era al 100% statale e rispondeva al governo. La Cdp, vigilata da Bankitalia, ha il 30% del capitale in mano alle fondazioni bancarie, soggetti di diritto privato non proni come dimostra la querelle in corso con il ministero dell’Economia sulla conversione delle loro azioni privilegiate in ordinarie. L’Iri aveva il controllo di aziende di ogni tipo e di quattro banche. La Cdp ha la maggioranza relativa di alcune infrastrutture. Stop. Attraverso i suoi fondi d’investimento, la Cdp può acquisire solo quote di minoranza in imprese con una loro gerenza industriale. All’Iri si potevano rifilare i fallimenti del settore privato. I fondi della Cdp non possono fare salvataggi. Ma la vera differenza è che l’Iri era strumento di politica industriale, mentre la Cdp non lo è, perché i governi - incluso quello di Mario Monti - rifuggono dal concetto stesso di politica industriale, poco importa se per remora ideologica, semplice ignavia o paura di non essere all’altezza della classe politica e manageriale che, finita la guerra, creò le premesse del Boom. Accade così che lo Stato abdichi al ruolo di azionista e lasci la patata bollente dell’Ansaldo a Finmeccanica e Cdp. Come se l’una fosse una public company, e non lo è, e l’altra un soggetto che, prima di tutto, deve scansare l’accusa di essere un novello Iri.
Massimo Mucchetti