Fabrizio D’Esposito, il Fatto Quotidiano 11/10/2012, 11 ottobre 2012
LO CHOC DI TONINO: “VINCENZO COME UN FIGLIO”
Caro Vincenzo”. “Chiarissimo Presidente”. Per Antonio Di Pietro è stato davvero un giorno lungo, interminabile. Un Mercoledì da Maruccio. Nerissimo. Una mazzata non solo politica. Il leader dell’Italia dei valori si è quasi sentito male quando ha saputo la notizia dell’inchiesta. Prima lo choc: “Non ci posso credere, è una pugnalata”. Poi uno svenimento, quasi. Al partito, hanno pensato al peggio.
PER IL LEADER dell’Italia dei valori Maruccio non è uno Scilipoti qualunque. Ma un ragazzo su cui ha puntato molto, al punto di affidargli il partito nel Lazio. La scelta di affidare a un videomessaggio la richiesta di dimissioni è sofferta. Di Pietro appare in video provatissimo. L’ultimatum, in matti-nata, è dolce. Paterno: “Per l’amor di Dio, caro Vincenzo, sappiamo bene tutti, e mi viene da piangere nel dirlo, che l’innocenza deve valere fino a sentenza penale passata in giudicato. Ma una cosa è la tua storia giudiziaria personale, altra cosa è la credibilità della politica e la credibilità delle istituzioni. Per questo non dovevi restare un minuto in più a fare il consigliere regionale”. Di Pietro dà tre ore a “Vincenzo”. L’ultimatum scade alle 14 e il leader ferito e tradito ripesca anche un precedente personale, come solo i papà sanno fare: “Ora devi correre dal tuo giudice e farti giudicare, come ho fatto io. Ero ministro. Ricevetti un avviso di garanzia nel lontano 1996. Ero a Istanbul e dopo 12-minuti-12 mi dimisi e andai di corsa dal mio giudice per farmi giudicare e per dimostrare la mia innocenza”.
E il “caro Vincenzo” risponde, puntuale. Una breve lettera in-dirizzata al “Chiarissimo Presidente dell’Italia dei valori onorevole Di Pietro”.
IL BEL GESTO però non ferma la rabbia dei militanti. Per la serie: che c’azzecca Maruccio con l’Idv? Così come un tempo che c’azzeccavano De Gregorio o Scilipoti o Razzi. Per Di Pietro è un tormento senza fine. I commenti al suo accorato video-messaggio, alla sua promessa di scegliere i candidati online, alle sue parole sulla diversità dell’Idv, che fa dimettere i suoi inquisiti senza spedirli in Parlamento, i commenti, dicevamo, sono impietosi. Maruccio come Fiorito. O Lusi. O altri ancora. “Caro Di Pietro ferma il marciume che si è infiltrato nel nostro partito”. Il problema è a monte: “Certo chieste le dimissioni, certo vi dissociate, certo voi siete altro.... certo. Ma lei, il suo partito, come quello dei Penati, dei Fiorito, dei Lusi, come potete anche solo immaginare che possiamo permettervi di governarci quando non riuscite a governare voi stessi? Le responsabilità, lei lo dovrebbe insegnare, sono certamente di chi compie il reato ma anche di chi mette in determinati posti certi elementi senza poi neanche esercitar un controllo”.
Di messaggio in messaggio, il tenore è sempre lo stesso, ma la giornata è appena a metà. Di Pietro va alla Camera, poi alle cinque della sera affronta una riunione dell’ufficio di presidenza , andata avanti fino alle ventidue. Cinque ore, con la nomina di Costantini a commissario dell’Idv del Lazio. Riunione o processo al Capo?
Massimo Donadi, capogruppo a Montecitorio e principale oppositore interno, dice: “Le dimissioni di Maruccio non bastano. Per prevenire al massimo la possibilità di errori nelle scelte sono opportune regole di maggiore collegialità nella definizione di incarichi e candidature”. È una critica, spietata, alla gestione del partito. Il dibattito è rovente e si fa anche il reso-conto di un’animata assemblea dell’Idv di Roma di due giorni fa. Oggetto: i fondi regionali a Maruccio. Una protesta precisa: “Il partito romano senza soldi mentre Maruccio gestiva personalmente i fondi, senza informare che erano anche aumentati”.