Stefano Vergine, l’Espresso 12/10/2012, 12 ottobre 2012
C’è un gas nella tazzina - Quanto inquina una tazzina di caffè? Per rispondere a questa domanda il Centro di energia nucleare in agricoltura dell’Università di San Paolo, sostenuto da Illycaffè, ha messo in piedi uno studio sulle emissioni di gas serra nelle coltivazioni
C’è un gas nella tazzina -
Quanto inquina una tazzina di caffè? Per rispondere a questa domanda il Centro di energia nucleare in agricoltura dell’Università di San Paolo, sostenuto da Illycaffè, ha messo in piedi uno studio sulle emissioni di gas serra nelle coltivazioni. L’obiettivo è quello di aiutare tutta la filiera produttiva a identificare i problemi e a privilegiare quelle tecniche agricole alternative che, pur non pregiudicando la produzione, riducano le emissioni dei gas responsabili dell’effetto serra.
Coordinata da Carlos Clemente Cerri, specialista di cambiamenti climatici, la ricerca è attualmente in corso nel Minas Gerais, lo Stato brasiliano dove si concentra il 67,9 per cento della produzione di caffè del Paese. «Nel prossimo futuro i consumatori esigeranno queste informazioni e noi dobbiamo metterci nelle condizioni di dare risposte adeguate», ha spiegato. Lo studio misurerà l’impatto del settore del caffè attraverso l’identificazione dei principali gas emessi nel processo di coltivazione. In cima alla classifica ci sono anidride carbonica, metano e ossido di diazoto.
E gli studiosi hanno già scoperto che a inquinare più di qualunque altra cosa quando si coltiva caffè sono i fertilizzanti, in particolare quelli azotati. Secondo Cerri, questo tipo di concimazione rilascia infatti ossido di diazoto, uno dei peggiori gas serra. Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno analizzato tre importanti regioni del Minas Gerais: Cerrado, Matas de Minas e Sul de Minas. In Matas de Minas è emerso che il 75 per cento del totale delle emissioni analizzate è dovuto all’uso di concimi contenenti azoto, contro il 68 per cento nel Cerrado e il 59 per cento nel Sul de Minas. Il primato del Matas de Minas è presto spiegato: qui il 91 per cento della concimazione del terreno viene realizzata attraverso fertilizzanti azotati sintetici e solo il restante 9 per cento con sterco di bovino e polpa di caffè. Per Cerro c’è solo una strada da seguire sul breve termine: «Intensificare l’uso di fertilizzanti organo-minerali, che generano una diminuzione dei costi, una riduzione delle emissioni e un incremento del rendimento».