Carola Frediani, l’Espresso 12/10/2012, 12 ottobre 2012
E PER TATA UN TABLET
Altro che tata Lucia. Nella sala d’aspetto del pediatra, in coda alle poste, la sera prima di cena per avere dieci minuti di tregua assicurata e non bruciare la minestra, c’è una soluzione universale e portatile che pacifica i figli irrequieti: il tablet. È ormai un dato di fatto che iPad e simili sono usati sempre più spesso dai genitori come baby-sitter o educatori di emergenza: negli Stati Uniti il 53 per cento di madri e padri con bambini sotto i 13 anni dichiara di passare smartphone e tavolette nelle mani dei figli per calmarli in momenti di difficoltà o di noia. Ma anche per farli divertire naturalmente, visto che il 74 per cento ha scaricato app progettate per i più piccoli.
Sembra che la naturale confidenza dei giovanissimi verso gli schermi touch e le tecnologie in genere abbia fatto capitolare i ferrei propositi degli adulti. Altrimenti non si spiegherebbe come mai, secondo una ricerca Ipsos commissionata dall’azienda di processori Qualcomm, un quarto di genitori statunitensi permetta ai figli preadolescenti di possedere e portare con sé un dispositivo mobile. E tutto ciò malgrado la consapevolezza di un certo margine di rischio: il 36 per cento degli intervistati sa che i figli hanno scaricato delle app senza il loro permesso; mentre il 22 per cento si è ritrovato il prezioso gadget danneggiato.
Anche l’Italia sembra essere avviata sulla stessa strada. «Sono oltre 1 milione e 600 mila i tablet diffusi oggi nel nostro Paese», spiega a "l’Espresso" Giuliano Noci, professore di marketing al Politecnico di Milano. «E saranno almeno due milioni e mezzo entro fine anno». Si tratta di un fenomeno in ascesa, imperniato su un tipo di dispositivo che al contrario del laptop o del telefonino, ha una vocazione famigliare. Come affiora infatti anche dalla fotografia scattata da un rapporto dell’Osservatorio Multicanalità dello stesso Politecnico, oltre la metà dei possessori di tablet condividono lo stesso coi parenti più stretti. «Non bisogna dimenticare che le tavolette sono un’innovazione dal forte contenuto sociale, nel senso che hanno abbattuto il divario digitale sia dei piccoli che degli anziani», prosegue Noci. «E per i bambini più grandi arricchisce l’esperienza mediale tradizionale, perché viene usato spesso anche per cercare informazioni sui cartoni visti in tv».
Il mercato ne è consapevole e gli scaffali dei negozi si stanno riempiendo di tablet sviluppati esclusivamente per gli utenti più piccini. Negli Stati Uniti la scelta a disposizione è così ampia da obbligare i siti tecnologici a fare classifiche e recensioni degne degli omologhi per adulti. Si tratta di tavolette molto simili all’iPad o al Galaxy, con la differenza di essere più robuste, economiche e di incorporare contenuti predisposti e vagliati dalla casa madre sulla base delle necessità dei giovanissimi, attraverso negozi on line ad hoc.
Tra i più adatti spicca il LeapPad della Leapfrog, giunto lo scorso agosto alla seconda versione, che nella scocca verde, arrotondata e a prova di urto integra perfino due fotocamere, di cui una da 2 megapixel, e 4 Gb di capacità. Ma soprattutto permette di accedere a oltre 300 app sicure. Un oggetto del genere, che costa sui 100 dollari, è pensato per bambini dai 3 ai 9 anni.
Mentre a ottobre verrà lanciato Tabeo, prodotto dal colosso dei giocattoli Toys"R"Us: schermo touch da 7 pollici, connettività Wi-Fi, 4 Gb di memoria e 50 applicazioni preinstallate, tra programmi educativi e giochini da grandi seppur amatissimi dai bambini, come Fruit Ninja o Angry Birds. In questo caso prezzo (150 dollari) ed età (dai 6 anni in su) sono un po’ più alti, a dimostrazione che il settore è così potenzialmente ricco da permettere diverse segmentazioni.
Dalla Spagna, e in particolare dalla catena di negozi per l’infanzia Imaginarium, è arrivato anche da noi SuperPaquito: è una tavoletta touch da 9,7 pollici, con 16 Gb di memoria espandibile e sistema operativo Android, due macchine fotografiche e una videocamera. Si tratta in tutto e per tutto di un tablet a partire anche dal prezzo di 299 euro. Video, ebook e app possono essere scaricate da Google Play, anche se un sistema di parental control, cioè una serie di filtri, permette ai genitori di modificare le impostazioni d’uso a seconda dell’età e delle esigenze. O di limitare il tempo giornaliero di utilizzo. Insomma, di blindare in modo personalizzato il dispositivo.
Ma a ottobre verrà commercializzato anche un tablet per bambini (a partire dai 6 anni) tutto made in Italy. È il ClemPad dalla marca di giocattoli Clementoni: sfoggia schermo multitouch da 7 pollici, sistema operativo Android, memoria da 8 Gb espandibile fino a 32, fotocamera, videocamera e collegamento Wi-Fi. La navigazione è però resa sicura da un browser proprietario che si muove solo su siti Web appartenenti a una lista chiusa e aggiornata periodicamente dall’azienda. Il genitore può comunque decidere di aggiungerne altri attraverso una password. Anche le applicazioni sono scaricate dal Clem Store, una selezione di programmi e giochi educativi fatta da Clementoni. Il tutto per 169 euro.
In questi casi la parola d’ordine ricorrente, in contrapposizione ad iPad e soci, è sicurezza. Il rischio tuttavia è che un sistema corazzato possa diventare un alibi per abbandonare il bambino da solo con l’apparecchio: una pratica sconsigliata da tutti gli esperti. Tra chi tira il freno a mano sul binomio tecnologia-giovani c’è la FederSerd, la Federazione italiana degli operatori dei dipartimenti e dei servizi alle dipendenze. Secondo la quale, in base a varie rilevazioni effettuate sulle scuole medie e superiori italiane, il 5 per cento degli studenti mostrerebbe sintomi di dipendenza da dispositivi elettronici, mentre il 20 per cento sarebbe a rischio di svilupparla. «Dati in linea con lo scenario internazionale», spiega lo psichiatra e presidente di FederSerd Alfio Lucchini. «Siamo di fronte a una evoluzione della nostra società in senso tecnologico, e semmai il problema, per i genitori, è proprio quello di aggiornarsi».
Tuttavia bisogna prestare attenzione alla fascia d’età: se certamente sotto i 5-6 anni la tecnologia va perlopiù introdotta e presentata in un contesto educativo, «anche fra i 6 e i 10 anni bisogna fare attenzione che i bambini non vadano incontro a un eccesso di stimoli: altrimenti il rischio è provocare danni alla memoria a breve termine, difficoltà di concentrazione e incapacità a selezionare ciò che è importante».
I limiti vanno posti: i dottori americani hanno fissato a due anni l’età sotto la quale non bisognerebbe esporre i bambini a nessun tipo di schermo, anche se si sa che per la televisione si sono sempre fatte eccezioni. Eppure proprio rispetto alla tv, «il tablet ha la potenzialità per essere più interattivo e positivo, se si scelgono le app giuste», dice Scott Steinberg, autore di "The Modern Parent’s Guide", manuale d’istruzioni per genitori con figli smanettoni. Ma quali app dovrebbe cercare una mamma con iPad? «Tutto ciò che educa i bambini su temi del mondo reale, che abbia un buon grado di interattività, che incoraggi la creatività e il ragionamento», spiega Steinberg. Anche perché la cosa più stupida che potremmo fare, conclude l’esperto, è tentare di combattere ciecamente la tecnologia. Proprio quella in cui nascono e sono immersi i bambini di oggi.