Franco Bechis, Libero 11/10/2010, 11 ottobre 2010
COLPO NELLA NOTTE: MONTI AUMENTA LE TASSE
Mario Monti ce l’ha fatta un’altra volta. Ieri con titoloni sulle prime pagine di tutti i giornali si è guadagnato un altro applauso perché è diventato perfino l’uomo che abbassa le tasse agli italiani. Da quasi un anno a dire il vero l’Italia continua a vivere due vite. Ce ne è una sui giornali che racconta i grandi successi contro le speculazioni finanziarie, gli ottimi risultati sul debito, lo straordinario effetto sull’economia avuto dalle liberalizzazioni, gli imponenti provvedimenti per lo sviluppo. È l’Italia virtuale che piace tanto ai grandi gruppi finanziari che governano quasi tutta la stampa italiana.
Poi c’è la seconda Italia, quella reale. Che legge e non capisce come mai le siano venuti a mancare i soldi per un pranzo decente, eppure fino a poco prima il pane in tavola era assicurato tutti i giorni. Non capisce come l’Italia si sviluppi e invece a casa ci si trova tutti più poveri. Non capisce come i servizi siano diventati più efficienti e convenienti con le liberalizzazioni e invece lui pagava un euro il biglietto del bus che non arrivava mai e ora lo paga un euro e mezzo.
Temo che quell’Italia - che ormai ha fatto il callo alle bugie che appaiono in tv e sui giornali - debba rassegnarsi a vivere la stessa amara dicotomia anche sulla rivoluzione fiscale appena varata. Monti abbassa le tasse, dicevano ieri i giornaloni. In effetti la legge di stabilità fa scendere le prime due aliquote Irpef di un punto ciascuna: fino a 15 mila euro dal 23 al22%, e da 15.001 a 28 mila euro dal 27 al 26%. È uno sconto fiscale che direttamente interessa quasi 30 milioni di contribuenti, visto che più di metà Italia dichiara di guadagnare meno di 28 mila euro lordi l’anno. Vale anche per tutti gli altri, perfino per i ricconi, visto che l’Irpef è una imposta progressiva. Anche chi guadagna un milione di euro è oggi tassato al 23% fino a 15 mila, al 27% fra 15.001 e 28.000 euro lordi, al 38% fra 28.001 e 55 mila euro lordi annui, al 41% fra 55.001 e 75.000 euro lordi annui, al 43% fra 75.001 e 300 mila euro lordi annui e al 46% (grazie al contributo di solidarietà in vigore) sopra i 300 mila euro lordi annui. Dunque il beneficio vale per tutti gli italiani. Pesa di più sui redditi bassi, e vale sempre meno man mano che si guadagna di più. Ammonta a 150 euro l’anno fino a 15 mila euro e a 279,99 euro l’anno per tutti gli altri contribuenti. Siccome parliamo di stipendio lordo annuale, e le mensilità sono in genere 13 per tutti i lavoratori dipendenti, le minori tasse ammontano in definitiva a 11,5 euro in più al mese per chi guadagna fino a 15 mila euro e a 21,5 euro in più al mese per tutti gli altri. Sono cifre piccole, ma certo è meglio averle in tasca che consegnarle al fisco.
Ma la manovra di Monti prevede anche un aumento dell’Iva di un punto percentuale dal 21 al 22% e dal 10 all’11% a partire dal luglio prossimo. Quell’aumento scatta su tutti i beni salvo i generi di prima necessità (pane, pasta, frutta, verdura, latte e latticini). Nella media censita dall’Istat sui consumi 2011 per nucleo familiare significa un rincaro medio superiore ai 300 euro a famiglia ogni anno (a consumi invariati). Quindi per le famiglie monoreddito è superiore allo sgravio fiscale, per chi ha più di un reddito a nucleo l’Iva comunque erode buona parte di quel vantaggio.
Nella manovra c’è anche un altro intervento, destinato nella migliore delle ipotesi a rendere del tutto ininfluente lo sconto fiscale, nella peggiore a trasformare in stangata fiscale quel che è stato venduto come gran sconto. È l’intervento su deduzioni e detrazioni fiscali. Per le prime, che sottraggono alcune spese al reddito imponibile (e quindi applicano le tasse a un reddito ridotto), è stata stabilita una franchigia di 250 euro (vale su assegni a coniuge divorziato, contributi previdenziali, riscatto anni di laurea, contributi a badanti e colf, contributi sanitari integrativi, donazioni a Chiesa e onlus, erogazioni liberali varie etc..). Quindi almeno 250 euro non vengono sottratti dal reddito imponibile. Questo significa che tutti pagheremo 7 euro di tasse medie in più al mese. Il secondo intervento è ben più significativo: è stato messo un tetto a 3 mila euro annui complessivi per tutte le detrazioni esistenti, con la sola eccezione delle spese mediche. Qui il governo ha parecchio pasticciato nella conferenza stampa notturna, confondendo deduzioni e detrazioni, e certo fa un po’ impressione vedere tecnici tecnicamente impreparati sulle materie di cui parlano e decidono. Ma quel tetto sulle detrazioni significa per molti contribuenti dovere pagare da mille a cinque e anche diecimila euro di tasse in più ogni anno. Alla faccia della riduzione della pressione fiscale. È come avere fatto una seconda stangatina fiscale sulla casa dopo l’Imu. Oggi sono detraibili gli interessi sui mutui ipotecari prima casa fino a 4 mila euro. Chi lo fa pagherà mille euro di tasse in più. E se avesse un mutuo anche sulla seconda casa, non può più cumulare fino a 6 mila euro annui, pagando quindi 3 mila euro in più. Fino a ieri erano detraibili al 36% anche le spese per ristrutturazioni edilizie fino a 7.700 euro l’anno per dieci anni. Ora come minimo si perdono 4.700 euro l’anno, e se si ristruttura casa o se si vuole detrarre il mutuo prima casa, oltre a perdere soldi non si potrà avere più diritto a detrarre né la spesa per il funerale di un congiunto, né le spese per istruzioni dei figli, né quelle per la palestra. Insomma, alla fine pagheremo quasi tutti più di prima con la beffa dei titoloni dei giornali che raccontano la riduzione delle tasse.