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 2010  ottobre 11 Lunedì calendario

AMICI GIUSTI E PRESENZIALISMO LA SCALATA DEL LEGALE DI TONINO

Iperattivo, carrierista, presenzialista. Pronto a bacchettare «i comitati d’affari del centrodestra perché il Lazio non può permettersi una giunta a mezzo servizio». Moralizzatore fino in fondo, perfino prima di essere indagato per peculato. Vincenzo Salvatore Maruccio per i colleghi del consiglio regionale è sempre stato uno sveglio, abile a conquistarsi ruoli di primo piano, prima con Piero Marrazzo, poi con Antonio Di Pietro. Negli anni si è mosso bene: gli agganci giusti, l’eloquio da dottore in Giurisprudenza, i modi cortesi. Giovanissimo, era diventato «l’avvocato del capo», braccio destro di Antonio Di Pietro e suo uomo di fiducia nel Lazio. Al punto che ieri in tanti descrivevano Tonino affranto («sbagliamo sempre candidati», si è rivoltata la base) e sull’orlo di una crisi di nervi per l’indagine che ha coinvolto il suo pupillo. Finora «non abbiamo avuto mai nulla da obiettare per come ha svolto la sua attività», ma di fronte alle somme contestate dalla procura il leader dipietrista lo ha quasi supplicato: «Caro Vincenzo, mi viene da piangere a dirlo, sai bene che l’innocenza deve valere fino a sentenza passata in giudicato, ma una cosa è la tua storia giudiziaria personale e altra è la credibilità della politica e delle istituzioni. Devi correre dal tuo giudice e farti giudicare come ho fatto io, che ero a Istanbul, ministro in carica nel lontano ’96, e mi sono dimesso dopo 12 minuti 12».
Vincenzo ha subito seguito l’esempio del suo mentore e si è dimesso. Via da capogruppo alla Pisana, via da consigliere regio regionale, via da coordinatore regionale del partito: in due ore è stato cancellato ogni impegno politico. «Preferisco affrontare da privato cittadino l’iter processuale, certo di dimostrare la mia estraneità», ha scritto nella lettera di dimissioni.
Eppure, la sua era stata una carriera veloce, mirabilmente illustrata in un video autoprodotto dal titolo «Ecco costui». Chi è costui? Maruccio medesimo: classe 1978, nato a Vibo Valentia, salito a Roma a 18 anni per frequentare Legge alla Lumsa. Dopo la laurea, è entrato nello studio di Sergio Scicchitano, noto in città anche per l’incarico di consulente delegato del sindaco Veltroni per la tutela dei Diritti dei Consumatori e degli Utenti. In pratica il super esperto dispensava consigli su come ripararsi dal sole d’estate, sulla copertura Adsl nella Capitale, su come risolvere la dipendenza dal web. Maruccio impara i segreti del mestiere,ma soprattutto conosce clienti famosi, tra cui Di Pietro che infatti proverà a candidare il titolare dello studio prima al Senato nel 2001, poi in consiglio regionale, nel 2005. Scicchitano non è mai stato eletto (ma ha ricevuto importanti incarichi dal partito), in compenso Maruccio ce l’ha fatta. In breve si fa largo tra i giovani del centrosinistra del Lazio. Il 13 febbraio 2009 viene nominato dall’allora governatore Marrazzo assessore regionale con delega a tutela dei Consumatori e alla Semplificazione amministrativa. Poi un gallone in più: a 32 anni diventa assessore ai Lavori Pubblici. A quel punto molla definitivamente lo studio legale, ma non senza ricordarsi di chi lo ha aiutato. Proporrà e otterrà per l’avvocato che è stato il suo primo datore di lavoro la presidenza di una società regionale, la Lazioservice, dalla quale però Scicchitano si dimetterà perché coinvolto in un’inchiesta di false fatturazioni. E anche lì molte polemiche, rilanciate pochi giorni fa da Renata Polverini, sull’opportunità di quella nomina «all’amico avvocato» avvenuta sotto la passata giunta regionale di centrosinistra.
Alle elezioni del 2010 Maruccio fa il boom. Nel Lazio è il primo degli eletti per l’Idv, con 8.030 preferenze, cifre che gli consentono facilmente di diventare capogruppo alla Pisana e membro della Commissione Bilancio. Nella quale, assicurano alcuni ex colleghi consiglieri, era particolarmente attivo. I soldi infatti li maneggiava lui per tutti. E adesso, dopo avere attaccato «il comitato d’affari di Fiorito e del Pdl» tocca a lui difendersi dalla stessa accusa.