Vito Punzi, Libero 10/10/2010, 10 ottobre 2010
«GLI SCRITTORI? HANNO TUTTI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO»
[Esce il saggio in cui l’autore tedesco cerca di spiegare perché alcuni uomini dedicano la vita alla letteratura. E analizza i casi di Hebel, Walser e Rousseau] –
Perché scrivere? Perché sedersi ogni giorno alla scrivania, scegliendo di trasformare pensieri e sentimenti in lettere morte mentre fuori la vita allettante strizza l’occhio? W.G. Sebald, il tedesco emigrato in Inghilterra e lì morto in un incidente stradale nel 2001, questo «vizio sempre un po’ compensativo» lo definisce un «particolare disturbo del comportamento ». E di questo lui stesso ha sofferto in forma cronica nelle sue prose più riuscite (su tutte Gli anelli di Saturno), ma non ha potuto evitarlo neppure nella professione che gli dava il pane per vivere, l’insegnamento di Letteratura tedesca contemporanea all’Università di Norwich.
L’ultimo suo lavoro in uscita oggi da Adelphi (Soggiorno in una casa di campagna, pp. 160, euro 18) è una raccolta di ritratti di scrittori e pittori nella quale non solo convivono felicemente lo scrittore e il germanista. I saggi su personaggi che si sono collocati costantemente ai margini della vita, come Hebel, Rousseau, Mörike, Keller, Robert Walser e il pittore Jan Peter Tripp, nelle loro interpretazioni enfatiche e nelle analisi psicologiche rappresentano, lontano da ogni delazione, anche un misterioso autoritratto di Sebald.
Gli affini a Sebald si assomigliano da più punti di vista. Il processo di distruzione cresciuto con l’industrializzazione produce conseguenze spirituali per ciascun membro di una società dominata dalla concorrenza. Ma gli scrittori si rifugiano volentieri in utopie che guardano a ritroso, si tratti della fantasia di una condizione di natura paradisiaca, come in Rousseau, oppure dell’idea di un matriarcato prepatriarcale, come in Gottfried Keller, personificata nella signora Margret di Enrico il verde; un’idea verso la quale, così sostiene Sebald, «in sostanza ogni uomo tende». Tentativi in stile Biedermeier di vedere «la recinzione del proprio giardino come confine di un mondo familiare che si concepisce come universo», un confine dietro il quale ci si può riparare a difesa dal tempo caotico, che si fa sempre più veloce, hanno deformato per Sebald la vita e le opera di Mörike. Da simili fantasie, destinate al fallimento, risultano nuove aspirazioni, nuove nostalgie: verso la morte, verso il proprio compito, verso il proprio autodisfacimento. Negli scritti di Rousseau, per esempio, nei momenti di più completa purezza del paesaggio, quando l’osservatore inizia a dissolversi nell’aria; in Keller, nella fantasia masochistica (che ribalta il cliché) del corpo maschile irrigiditosi sotto lo sguardo femminile; nelle infinite pagine riempite con una scrittura microscopica, fino all’illeggibilità, in Robert Walser.
Di Sebald vanno ricordati due volumi di critica letteraria, da valutare tuttavia più come raccolte di temi e motivi utili per la produzione letteraria del tedesco. Soggiorno in una casa di campagna è un’opera da considerarsi piuttosto di livello quasi pari a quello delle sue opere narrative. Come quelle infatti è concepita in una lingua artificiale tipica per Sebald, amabile e di largo respiro, che suggerisce un’illusoria sicurezza. Sebald torna a fare un uso generoso del collage di immagini, ottenendo così effetti sorprendenti in virtù di combinazioni di foto, disegni e documenti. I più toccanti sono gli scarabocchi maniacali dell’infelicemente innamorato Gottfried Keller che trattiene su fogli di carta azzurri il nome Betty, il suo amore non corrisposto, in centinaia di variazioni e disegni.
E in ognuna delle biografie Sebald ritrova quelle misteriose intersezioni e corrispondenze già note nelle sue opere narrative,come, per esempio, la somiglianza fisiognomica, testimoniata dalle foto, tra Robert Walser e il nonno dello scrittore tedesco.
Perché dunque scrivere? Non l’autore, solo il lettore può legittimare «il disturbo comportamentale». I libri, dice Sebald, possono aprire al lettore prospettive «di una tale bellezza e intensità che neppure la stessa vita può offrire». Così come neanche la letteratura contemporanea. Quella letteratura dalla quale Sebald, grazie a questi suoi punti di vista, si è tenuto sempre molto lontano.