Andrea Scaglia, Libero 10/10/2010, 10 ottobre 2010
LA SUPPLICA DELLE IMPRESE: «COMMISSARIATE LA SICILIA»
[Dieci miliardi di fondi Ue bloccati, centinaia di aziende fallite. E una class action in partenza per recuperare dalla Regione il miliardo di crediti.] –
Ormai manca solo che partano i messaggi in bottiglia affidati alla corrente dello Stretto, «aiuto, salvateci!». Qualche mese fa furono Confindustria e i sindacati a indirizzare una lettera al prefetto di Palermo «a fronte dell’aggravamento della drammatica situazione economica, sociale ed occupazionale della Sicilia», prospettando il rischio fallimento. Con l’ormai uscente governatore Lombardo a replicare infuriato che no, non è niente vero, «il rischio default non esiste e un commissariamento sarebbe un colpo di Stato». (Seguirono rimbrotti e rassicurazioni da Palazzo Chigi, 400 milioni cash per tamponare la crisi di liquidità, poi nei giorni scorsi altri 900 milioni, ma di questi riparleremo).
E comunque a ’sto giro è invece l’Ance, l’associazione costruttori edili, a lanciar l’appello: qui osi rifà la Sicilia o si muore. Tanto da pubblicare un avviso a pagamento sui giornali. In cui, rivolgendosi al capo dello Stato e al premier, chiede – anzi supplica - di «commissariare la Regione Siciliana prima che sia troppo tardi». Subito ricordando i 10 miliardi di fondi europei a suo tempo destinati alla realizzazione di infrastrutture in Sicilia per il periodo 2007 - 2013, e però inutilizzati poiché per averli a disposizione sarebbe necessario, da parte della Regione siciliana, stanziare l’obbligatoria quota di cofinanziamento. E invece la Regione non può farlo, in quanto - avendo già speso (sprecato?) tutto lo spendibile - violerebbe il patto di stabilità, quello che stabilisce un tetto alle uscite. Ragion per cui i costruttori, con tono comprensibilmente afflitto, rimarcano che «tali ingenti risorse, se non saranno spese entro il prossimo anno, dovranno essere restituite all’Europa». Con tanti saluti ai sogni di modernizzazione.
Ma il gocciolone che ha fatto traboccare il vaso dell’irritazione è rappresentato per l’appunto da quei 900 milioni sbloccati dal ministero dell’Economia in deroga proprio al patto di stabilità - 600 da utilizzare per spese attuali, 300 in vista del 2013. Che uno potrebbe anche dire: bene, così finalmente saranno spesi per riavviare il malmesso motore economico siciliano. Ma l’Ance, conoscendo i suoi polli, ha più d’una perplessità. Anche perché, come scritto nella lettera aperta, questa classe politica «ha preferito impegnare tutto il bilancio per foraggiare nell’ultimo decennio centinaia di migliaia di soggetti improduttivi, ossia i bacini di voti utili a riconquistare quelle poltrone che garantiscono stipendi e privilegi da nababbi». In questo senso, è utile ricordare che in Sicilia si vota fra un paio di settimane. E, proseguono i costruttori, «siamo rimasti assai delusi e amareggiati nell’apprendere che venerdì scorso la giunta regionale, in prossimità delle elezioni, si è affrettata ad assegnare da quel budget le risorse agli stipendi dei forestali e dei formatori [nel senso degli addetti ai corsi di formazione], mentre i settori produttivi, che attendono da anni il pagamento delle loro fatture, non sanno ancora se potranno percepire qualcosa». Per meglio capire: nel solo settore edile, gli enti pubblici devono alle imprese qualcosa come 1,5 miliardi di euro.
In realtà l’atto ufficiale ancora non è stato deliberato. E se è vero che il denaro in questione andrà a tamponare la surreale situazione dei forestali siciliani - in organico ce ne sono 28.500, esercito che costa quasi 700 milioni l’anno - è stato annunciato che sarà prestata attenzione anche alle imprese creditrici e al trasporto pubblico e ai Comuni più in difficoltà. Ma gli annunci non bastano a placare il nervosismo dell’Ance Sicilia. E il vicepresidente Domenico Cutrale ci spiega che «il nostro timore, che non si può considerare infondato, è che vogliano privilegiare i soliti noti. D’altronde è un film già visto, considerata l’imminenza delle elezioni. Solo che adesso si rischia davvero il fallimento. Che, per quanto riguarda il nostro settore, è sempre più vicino».
I numeri son lì a dimostrarlo. Le imprese edili - come detto creditrici della Regione per somme notevoli - sono a secco. Così «le banche non ritengono più affidabile questo mercato. Sono già fallite 475 imprese, hanno perso il lavoro 76 mila operai, nel periodo aprile-maggio 2012 c’è stata un’impennata della cassa integrazione (+250%) che ha visto la Sicilia in testa alle regioni italiane, con picchi di +476% a Siracusa». Ancora l’Ance: «La prospettiva per il 2013 è di un’ulteriore contrazione di un miliardo negli investimenti in opere pubbliche. Poiché ciascuno di noi ha esaurito le riserve, non esistono più le condizioni per andare avanti se non interviene subito un profondo cambiamento».
Ma l’associazione non ha intenzione di restare inerte ad aspettar la rovina. E annuncia, «col supporto e l’approvazione del presidente nazionale Paolo Buzzetti», d’aver deciso di «avviare una class action [in sostanza, una causa collettiva]per il recupero dei crediti e per il risarcimento dei danni» oltre che «una chiusura di tutti i cantieri e una manifestazione nazionale a Roma. Sono azioni estreme di disperati che non sanno più come sopravvivere».