Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  ottobre 10 Domenica calendario

SILVIO CAMBIA TUTTO

[«Non mi candido. Il premier? Può farlo Monti»] [Pubblichiamo l’intervista rilasciata da Silvio Berlusconi al direttore Maurizio Belpietro per la trasmissione «La telefonata » in onda su Canale 5.] –

È vero che medita di non candidarsi, anzi che offre ai moderati il suo passo indietro affinchè si uniscano?
«È una linea assolutamente coerente con tutto ciò che è stato fatto da quando nel ’94 ho deciso di lasciare l’imprenditoria per scendere in campo nella politica, al servizio del Paese. Anche allora c’era l’ipotesi che l’Italia potesse essere consegnata a una sinistra in quel momento chiaramente post-comunista, e quello fu fatto: cominciai a mettere insieme tutti i moderati, da An alla Lega.»
Ma chi sono questi moderati che potrebbero mettersi insieme. A chi rivolge il suo appello?
«A tutti i moderati che rappresentano la maggioranza degli italiani che non si riconoscono nella sinistra. Qui ormai ci sono due forze in campo. Una sinistra che, purtroppo per noi, sarà guidata dalla Cgil, dalla Fiom e da Vendola, e un centrodestra che rappresenta la continuità con la tradizione democratica del Paese. I moderati sono tutti coloro che non si riconoscono nella sinistra. Per citare i nomi dei leader, o dei piccoli leader che scenderanno in campo, dall’Udc a Italia Futura di Montezemolo, a Vittorio Sgarbi, a Tremonti e fino alla Lega. La situazione è molto chiara: se i moderati si uniranno saranno la maggioranza del Paese e potranno governare, se parteciperanno alle elezioni divisi, la maggioranza passerà alla sinistra, che è compatta».
Casini sembrava non crederci molto: «Una giravolta», ha detto.
«Io non ho mai effettuato giravolte nella mia vita privata, da imprenditore e nella mia vita politica. Non vedo come Casini possa permettersi una espressione così infelice e lontana, anzi esattamente contraria alla verità».
Lei prima citava una serie di leader dei moderati. Non mi sembra di aver sentito quello di Fini. È disposto a un’alleanza anche con lui?
«Quando i moderati devono fare massa per raggiungere la maggioranza devono stare tutti dentro il centrodestra italiano. Anche il voto di un piccolo partito non deve essere perso. Quando si scende in campo per non lasciare il governo del Paese alla sinistra è conveniente e direi obbligatorio che i moderati stiano tutti insieme».
Si è parlato anche di rifondare il Pdl. Il progetto va avanti? Cambiano le facce, e il simbolo?
«Il simbolo lo cambiamo in quanto il Popolo della Libertà è un bellissimo nome, ma purtroppo è da sempre usato l’acronimo Pdl che non comunica alcuna emozione. Abbiamo pensato da tempo a un nuovo simbolo che non possa finire in un acronimo. Per quanto riguarda quello che vogliamo fare, è qualcosa di importante per unire tutti i moderati italiani. Quindi se i leader dei moderati sentono nei confronti di Berlusconi un sentimento tale per cui ritengono che non li possa rappresentare, Silvio Berlusconi da sempre ha affermato e continua ad affermare che è pronto a fare un passo indietro affinché i moderati si possano trovare insieme in una forza unica che affronti la sinistra».
Molti moderati a quanto pare, lo dicono i sondaggi, non hanno intenzione di recarsi alle urne. Qualcuno sarebbe disposto a votare Grillo. Sono recuperabili?
«Si devono recuperare e spero che capiscano che non votando si fa il gioco della sinistra che conta su militanti appassionati. Quindi credo che con una buona comunicazione anche chi non vuole votare possa essere convinto a sostenere chi rappresenta tutti gli italiani di buon senso e buona volontà che non vogliono lasciare il Paese nelle mani della sinistra del proporzionale e delle tasse, di questa sinistra che continua a pensare che i cittadini devono essere al servizio dello Stato e non, come pensiamo noi liberali, che lo Stato debba essere al servizio dei cittadini». Se lei fa un passo indietro, chi sarà il candidato premier del centrodestra? Ci faccia qualche nome.
«Non voglio fare nomi: si instaurerebbero subito delle polemiche. Saranno tutti i moderati insieme a decidere un leader che possa rappresentarli e che possa garantire una buona conduzione del Consiglio dei ministri, con alle spalle dei partiti che portino la loro linea tradizionale, moderata e liberale ».
Il premier del centrodestra potrebbe essere Mario Monti?
«Assolutamente non lo escludo. Monti è sempre stato nell’ambito e nel campo dei liberali. Potrebbe tranquillamente essere lui. Ma ci sono altri nomi importanti che possono essere accettati, condivisi da tutti i partiti che compongono il centrodestra italiano».
Ne ha sondato qualcuno?
«Sì, l’ho fatto e credo che si possano riunire i moderati che dal 1948 ad oggi sono sempre stati la maggioranza. Se invece c’è un leader moderato che ha un appeal personale e si fa seguire, che so, dal 6- 7% dei moderati, e toglie all’unità dei moderati questi voti può rischiare di consegnare il Paese alla sinistra. E questo, politicamente parlando, sarebbe un delitto».
Ma lei che cosa farà, se farà questo passo indietro? «Posso continuare a lavorare nell’ambito del movimento che ho creato nel 1994 per dare un supporto, per creare giovani nuovi. Ho visto parlare della rottamazione dei vecchi: sono cose che non esistono nelle nostre intenzioni. Alfano ha fatto questo annuncio, che non credo sia una notizia perché lo avevo già detto, per esempio, all’Huffington Post. Ero al telefono con Alfano mezz’ora prima, parlavo della Russia, e gli dissi di continuare a insistere sull’unione necessaria di tutti i moderati. E di insistere sul fatto che io, per senso di responsabilità e amore del Paese sono sceso in campo nel ’94, come nel novembre dell’anno scorso mi sono tolto di mezzo dal governo perché c’era una imponente campagna della stampa estera e un attacco delle opposizioni che facevano ritenere che il meglio per il Paese sarebbe stato un governo tecnico. Io non ho dubitato un minuto a farmi indietro. Io, da parte mia, voglio solo e soltanto il bene del Paese che amo. Non ho mai avuto un’ambizione politica personale».