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 2012  ottobre 12 Venerdì calendario

Quando uno stipendio è d’oro? Nei giorni scorsi ho ricevuto una mail da Donato Vena, segretario provinciale di Reggio Emilia del Pdci, Partito dei Comunisti Italiani, erede dell’ala filogovernativa di Rifondazione Comunista

Quando uno stipendio è d’oro? Nei giorni scorsi ho ricevuto una mail da Donato Vena, segretario provinciale di Reggio Emilia del Pdci, Partito dei Comunisti Italiani, erede dell’ala filogovernativa di Rifondazione Comunista. Vena contesta gli emolumenti dei capi di Hera, società di servizi pubblici locali controllata dal Comune di Bologna e altri enti locali emiliani: 3,4 milioni di euro per 3 top manager e 20 tra amministratori e sindaci sarebbero troppi. Nessun dirigente di società a controllo pubblico, argomenta Vena, dovrebbe superare la retribuzione lorda annua di 294 mila euro, come prescrive il decreto Monti per i dipendenti pubblici, esclusi dunque quelli delle società parastatali ma quotate in Borsa. Il potere del mercato. La proposta di Vena non è nuova. Un tetto di 290 mila euro era già contenuto nella legge finanziaria 2008 del governo Prodi. Su questo giornale abbiamo più volte stigmatizzato le retribuzioni d’oro sia nel settore pubblico sia in quello privato. La paga del capo dell’Eni era 7-8 volte quella del capo dell’Electricité de France e quella del capo dell’Enel 4-5 volte. Ma quando una retribuzione diventa d’oro e quando invece è soltanto equa? I manager formano una casta che, sostenendosi a vicenda, droga il mercato delle retribuzioni della categoria. Lo stesso si può dire degli alti gradi della magistratura. Ma che senso ha perdere un direttore finanziario capace, ma da 400 mila euro, e poterne prendere due poco capaci a 250 mila euro l’uno? Non ha senso frenare le retribuzioni dei migliori e lasciare campo libero alle assunzioni dei peggiori. Un manager diventa servitore dello Stato con stipendio da tagliare a prescindere e un impiegato che non ha più nulla da fare in seguito all’informatizzazione degli uffici non va almeno spostato di funzione. Si diventa servitori da una certa posizione in su, mentre da quella stessa posizione in giù si diventa, per così dire, padroni. Per la pubblicistica di destra, destano scandalo i 6-700 mila euro l’anno che Santoro prendeva in Rai, ma non i guadagni, spesso assai più elevati, di un imprenditore o quelli analoghi di una star di Mediaset. Per la pubblicistica di sinistra o giustizialista, destano scandalo i compensi del capo delle Fs, Mauro Moretti, inferiore al milione di euro, o quelli dell’amministratore delegato di Hera, mezzo milione, ma non gli incassi delle celebrity di Raitre & affini. E il bello è che tutti, destri e sinistri, salvano i propri beniamini tirando in ballo il mercato: se fanno o fanno fare lauti profitti, hanno diritto al generoso valsente. Potenza del pensiero unico. A corrente alternata.