Paolo Tomaselli, Corriere della Sera 12/10/2012, 12 ottobre 2012
IL CROLLO —
Mentre il suo impero crolla, Lance Armstrong allega su Twitter il documento che celebra i quindici anni della sua fondazione per la lotta contro il cancro. Ma questa volta la parabola del sopravvissuto che ha dominato sette Tour de France è davvero finita. Oltre a perdere tutti i successi dal 1998 al 2010, l’americano rischia adesso di venire incriminato per «spergiuro», che negli Usa (vedi il caso di Marion Jones) porta al carcere. Armstrong aveva negato sotto giuramento di aver frequentato il dottor Michele Ferrari: le 26 testimonianze (11 di ex compagni) contro di lui dimostrano l’esistenza di un «sistema di doping al di là di ogni ragionevole dubbio» in cui il ruolo del medico italiano nel team Us Postal diretto dal belga Johan Bruyneel è a dir poco centrale come testimoniano «i bonifici per oltre un milione di euro».
Il catalogo degli orrori è vasto. E comprende Landis e Leipheimer che si prelevano il sangue a vicenda. Altri compagni che per paura dei blitz buttano i prodotti dopanti fra gli alberi «che cresceranno grandi e grossi». Armstrong che per punizione butta nel water le sacche di sangue di Landis per costringerlo a correre a secco. Le lacrime di Zabriskie costretto a doparsi. Hincapie che avverte in anticipo Lance dell’arrivo degli ispettori antidoping. Tecniche di microdosaggio di Epo per sfuggire ai controlli. Trasfusioni fatte prima della tappa sul pullman della squadra. L’Epo tenuta in frigo accanto al latte. E così via.
Ma la novità è la situazione imbarazzante in cui si trova l’Unione ciclistica internazionale, che adesso ha ricevuto il dossier e dovrà decidere sulla validità o meno delle accuse americane. Tornano in mente adesso le parole del potentissimo predecessore di McQuaid, Hein Verbruggen, numero uno del ciclismo ai tempi di Armstrong e poi vicepresidente del Cio. Dopo le rivelazioni di Hamilton sul doping di squadra, Verbruggen disse «è impossibile, perché non c’è nulla. Lo ripeto. Armstrong non ha mai fatto uso di doping, mai, mai, mai».
Una difesa accorata che oggi, di fronte alle testimonianze raccolte dal procuratore dell’Usada Travis Tygart è patetica. Se non addirittura sospetta: il direttore del Laboratorio di Losanna ha confermato di essere stato avvertito dall’Uci che «almeno uno» dei test positivi al Giro di Svizzera 2001 apparteneva ad Armstrong. Il caso è stato archiviato e successivamente Armstrong e Bruyneel hanno fatto delle donazioni all’Uci per centomila euro (ammesse da McQuaid) per «lo sviluppo del ciclismo».
Non solo: l’Usada ha prelevato il sangue di Lance dopo il rientro alle corse (2009-2010) e in base al giudizio di esperti indipendenti, c’è «una possibilità su un milione» che le variazioni presenti nei reticolociti (spia delle trasfusioni sanguigne) siano state causate naturalmente. I test effettuati da Uci e Wada sono stati mostrati come tutti gli altri al panel di esperti del passaporto biologico o Armstrong ha goduto un’altra volta di una corsia preferenziale? A questo punto il crollo di Lance potrebbe aprire una crisi politica senza precedenti.
Paolo Tomaselli