Enrico Franceschini, la Repubblica 12/10/2012, 12 ottobre 2012
Un bond targato Cambridge l’Università debutta in finanza – LONDRA Non è una nazione e nemmeno un’azienda
Un bond targato Cambridge l’Università debutta in finanza – LONDRA Non è una nazione e nemmeno un’azienda. È un’università e che università: Cambridge, la seconda migliore del mondo (dopo il Massachusetts Institute of Technology di Boston, in base alla classifica di quest’anno), la prima del Regno Unito (davanti alla “sorella” rivale Oxford), una delle più antiche d’Europa. Eppure, come una nazione o un’azienda, questa settimana la Cambridge University è entrata, per la prima volta nei suoi 800 anni di storia, nel mercato delle obbligazioni, emettendo titoli per un valore di 350 milioni di sterline, pari a circa 420 milioni di euro. Motivo: i soldi che riceve dallo stato, dagli studenti (9mila sterline l’anno di tasse di iscrizione a testa, da parte di questi ultimi) e da illustri donatori non bastano più per mantenere per l’appunto la sua posizione di primato e prestigio mondiale. Ce ne vogliono altri. E così l’università ci mette il suo nome, sperando di raccogliere frutti. Non ha dovuto attendere molto. L’interesse degli investitori si è rivelato al di sopra delle aspettative. Intanto Moody’s, l’agenzia di rating che dà le pagelle a stati e imprese, le ha assegnato una tripla A, vale a dire il massimo dei voti, in nome della sua “forza, stabilità e solidità”. In secondo luogo gli analisti della City hanno immediatamente promosso l’idea, predicendo che ci sarebbe stata la coda per comprare suoi bond. E la profezia si è avverata in un batter d’occhio, perché in poco più di 24 ore il titolo di Cambdrige ha attirato ordinazioni per un miliardo e mezzo di sterline, quasi 2 miliardi di euro. «Un successo che ci delizia e che ci permetterà di continuare a investire nella ricerca e nell’insegnamento di alta qualità», commenta il rettore Leslek Borisyewics. Perché meravigliarsi, del resto. Fondata da re Enrico III, Cambdrige è stata l’Università in cui hanno insegnato Isaac Newton, Charles Darwin e Alan Turing, per citare soltanto tre dei cervelloni passati sui suoi banchi. In tutto, ha avuto 88 premi Nobel come docenti e 61 Nobel tra i suoi (ex) studenti, più di ogni altra Università al mondo. E la “solidità” lodata da Moody’s non si limita soltanto alla ricchezza del suo corpo accademico, ma anche al patrimonio vero e proprio: nel 2009, in occasione delle celebrazioni per l’ottocentenario di vita, l’Università ha reso noto di disporre di un fondo di oltre quattro miliardi di sterline, quasi cinque miliardi di euro. Nemmeno quelli, tuttavia, le bastano per andare avanti al livello che vuole mantenere. Perciò ha deciso di emettere i bond, che avranno una durata di 40 anni e una rendita del 3,75 per cento di interesse. Con il denaro ricavato intende costruire due nuove facoltà e un nuovo ostello per i suoi allievi. L’iniziativa è quasi senza precedenti in Gran Bretagna e nel resto d’Europa: soltanto un college inglese, la De Montfort Uni- versity, aveva finora venduto titoli per finanziare la propria attività. Ma negli Stati Uniti la pratica è più diffusa, in particolare fra le migliori Università, come Stanford, Columbia e altre della celebre “Ivy League”. Non a caso il fenomeno è circoscritto (per ora) a Usa e Regno Unito: le due superpotenze mondiali nel campo dell’istruzione accademica. Ma l’eccellenza, dicono gli esperti, costa. In America si scaricano le donazioni dalle tasse e anche per questo prolifera la filantropia a favore delle università. Inoltre i migliori college hanno tasse d’iscrizione che superano i 50mila dollari l’anno. La Gran Bretagna, infinitamente più piccola degli Usa come popolazione, estensione e ricchezza economica, è ciononostante la seconda potenza del globo per qualità dell’istruzione superiore. Ha quattro delle sei migliori Università del pianeta nella graduatoria 2012. Non è solo un vanto, è anche un business, che attira studenti da ogni continente. Perciò le tasse universitarie sono passate in un decennio da 1000 a 3mila sterline l’anno (con il governo Blair) e poi da 3mila a 9mila l’anno (con quello conservatore di David Cameron). A quanto pare non è sufficiente neanche questo, perciò Cambridge ha deciso di emettere bond. E si moltiplicano, anche qui, le donazioni da parte di ricchi filantropi: sceicchi arabi, oligarchi russi, miliardari asiatici. I Paperoni della terra investono nella Premier League di calcio e nelle Università: due campi in cui l’Inghilterra, pur avendo perduto il suo impero, ha ancora la supremazia. Il che spiega perché Moody’s abbia dato un rating così alto a Cambridge: più alto di quello assegnato alla Banca d’Inghilterra. Tutti ammirano le Università e le squadre di calcio inglesi. Certamente più delle banche inglesi, dopo le truffe, gli eccessi e i crolli degli ultimi anni.