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 2012  ottobre 12 Venerdì calendario

IL DIPIETRISTA SOTTO ACCUSA CHE DAVA A BATMAN DEL «MASCALZONE PAZZO» —

Gira questa battuta, alla Regione Lazio: dopo Batman, hanno scoperto Robin (che, nel fumetto, sarebbe l’amichetto giovane di Batman).
Ma è una battuta che non funziona; chi la fa, è fuori metafora.
Francone Fiorito detto Batman, ex capogruppo del Pdl, era uno di quei politici capaci di tramutare teatralmente il potere politico in spreco sistematico, un ciociaro incline a uno sfarzo mediorientale: niente a che vedere con l’ex capogruppo dell’Idv, questo Vincenzo Maruccio — curiosamente pure lui afflitto da una notevole pinguedine — un calabrese di 34 anni attento, ordinato, furbissimo nel non destare mai mezzo sospetto.
Adora indossare abiti di sartoria ed è goloso di maccheroncini con la ’nduja (tipico insaccato di Vibo Valentia preparato con scarti del maiale, peperoncino e nitroglicerina).
Ma sono le uniche debolezze note.
Sulle altre, sta indagando la Procura di Roma: 780 mila euro usciti dalle casse del partito e transitati su dieci conti correnti (sette depositi personali, tre cogestiti con i vertici del partito), bonifici con causali generiche e talvolta assenti.
Eppure era sempre lì, con le sue guanciotte da buono, sempre pronto a indignarsi. «Fiorito? Un pazzo, un mascalzone!». Lo ripeteva tronfio anche sabato scorso, in piazza Risorgimento, a Roma, dove aveva addirittura organizzato un convegno dal titolo: «Il valore della legalità». Ospiti: il magistrato Antonio Ingroia e il sindaco di Palermo Leoluca Orlando.
Lo sentirono ripetersi: «Ho fatto un capolavoro, sì sì».
Nessuno capì.
Nessuno ha mai capito.
Da esterno, senza aver ottenuto mezzo voto ma con la fama d’essere uno dei giovani di maggior talento dell’Idv, diventa assessore alla Tutela dei consumatori nella giunta guidata da Piero Marrazzo. Che, poi, gli affida addirittura i Lavori pubblici. Non è solo giovane: è anche astuto, discreto, e s’arrampica nell’ombra. L’unico passo falso lo segnala Luca Malcotti, il nuovo assessore ai Lavori pubblici della giunta Polverini, che alla Corte dei Conti racconta di quando Maruccio nominò per un arbitrato in rappresentanza della Regione l’avvocato Sergio Scicchitano, già coinvolto nel caso LazioService, e titolare dello studio legale dove lo stesso Maruccio esercita.
Episodio spiacevole, che resta seminascosto fin quando la Polverini — ospite a Ballarò da Floris, aggrappata alla poltrona, sguardo cattivo — non lo ricorda a Di Pietro, il quale mette su una faccia interdetta, in un miscuglio di stupore e scetticismo (ben diversa la smorfia dell’altro giorno, quando gli dissero che i finanzieri erano nell’ufficio di Maruccio. Di Pietro prima rosso in volto, poi bianco, balbettante, come gli capita quando diventa furioso).
Breve sintesi della telefonata fatta, poco dopo, a Maruccio.
«Tu... Tu... Tu entro tre ore ti devi dimettere».
«Tonino... io...».
«Tu ti dimettiiii! Capitooooo?».
«Tonino vorrei solo...».
«Ti dimetti, sì o no?».
«Dai, Tonino, ascoltami...».
«Ehhhh! Ti-de-vi-di-me-tte-re...»
Dieci minuti dopo Maruccio ha inviato una e-mail di dimissioni al partito.
Poi, una breve nota. Laconica, tattica. Batman faceva il fanfarone, minacciava, ricattava i compagni di partito, faceva il giro dei talk-show con i suoi gessati da cantante di matrimoni: Maruccio si acquatta, si nasconde con la moglie Raffaella Sturdà (avvocato anche lei e da un mese madre di una bambina), acquista una nuova scheda telefonica, risponde prudente: «Chiarirò tutto, non ci sono problemi, è tutto regolare».
Arrivò a Roma appena diciottenne, si iscrisse alla Lumsa, andava in giro raccontando di essersi formato nell’Azione cattolica.
Sempre a messa la domenica mattina.
Ed era magro, magrissimo.
Sono tutti magri, magrissimi, quando cominciano a fare politica (Batman-Fiorito, Totò Cuffaro...).
Poi succede qualcosa, e ingrassano.
Fabrizio Roncone