Jenner Meletti, la Repubblica 12/10/2012, 12 ottobre 2012
Video-shock del bambino prelevato a scuola bufera sulla polizia, Manganelli: chiedo scusa – CAPISCE subito, Lorenzo, anche se ha appena dieci anni
Video-shock del bambino prelevato a scuola bufera sulla polizia, Manganelli: chiedo scusa – CAPISCE subito, Lorenzo, anche se ha appena dieci anni. Sa di essere un bambino «speciale». Non perché è il primo della classe, con tutti nove o dieci in pagella. LORENZO (il nome è inventato) si sente speciale perché, da otto anni, più che un bimbo è una preda, contesa da mamma e da papà. Un pallone che rimbalza da una casa all’altra, ed è sempre un giudice che decide dove deve dormire, mangiare, studiare, giocare con la Play station. È un giudice che decide se nel week end deve avere le carezze della mamma o dal papà. Lorenzo capisce subito, appena vede la preside entrare nella sua classe di quinta. «Tutti i bambini debbono andare subito in palestra». Lorenzo no, Lorenzo è speciale. Lui deve restare fermo al suo banco. E capisce che «loro» stanno arrivando. Non conosce le loro facce, ma sa cosa sono venuti a fare. Sono già arrivati altre volte, a casa della mamma. «Dobbiamo portare via il bambino», hanno detto. La penultima volta, assieme alle assistenti sociali, c’erano i carabinieri. Lui si è gettato sotto il letto, i militari hanno visto le sue mani che si stringevano alla rete e sono andati via. «Non è il nostro mestiere», hanno detto. «Non possiamo usare la forza con un bambino». La seconda volta erano poliziotti. Ancora una volta sotto il letto, Lorenzo ha sentito gli agenti che dicevano: «Non ci sembra il caso». E ha sentito i loro passi che si allontanavano. Quinta classe della scuola X di un paesone dell’Alta padovana. Lorenzo vede entrare in classe suo padre, che gli sorride e dice che deve andare via con lui. Come in tante storie di separazione è difficile dividere il grano dal loglio, la ragione dal torto. Ma adesso il padre ha una carta che gli dà ragione. Il tribunale dei minori ha deciso che il bimbo speciale deve essere portato in una comunità di accoglienza, perché uno psichiatra ha stabilito che Lorenzo soffre della Pas (Parental alienation syndrome), sindrome di alienazione parentale. Disturbo, questo, che nasce «quando un genitore attiva un programma di alienazione contro l’altro genitore». Ma ecco, accanto al papà — mancano pochi minuti alla campanella di fine mattina — appaiono “loro”, quelli che debbono assicurare che la sentenza sia applicata. Lorenzo non ha la rete del letto cui aggrapparsi e si afferra al banco. Ma viene portato comunque nel lungo corridoio poi fuori in cortile, davanti alla scuola con i muri rossi. «Mi portano via, mi portano via», le prime urla. Fuori ci sono una zia e un nonno, sorella e padre della madre. «Ma cosa state facendo, fermatevi». È in questo momento che il dramma di un bambino e di due genitori si trasforma in scandalo. Non si può «intervenire» contro un piccolo come se fosse un capo banda. La zia ha con sé una telecamera. «Facevano la ronda ogni mattina — dirà poi lo psichiatra Rubens De Nicola, perito del tribunale, presente all’“operazione” — per reagire al nostro intervento». Come fosse una colpa. Le immagini e le urla sono un pugno allo stomaco. «Lasciatelo stare, non si mettono le mani addosso ai bambini», grida la zia. «I bambini non si portano via, bastardi. I bambini vanno ascoltati. Ma chi siete voi, quelli della Gestapo?». Si sente anche la voce del piccolo, mentre il padre lo tiene per i piedi, il perito del tribunale per il braccio e un poliziotto per le spalle. «Aiutami, zia, non ce la faccio. Nonno, aiuto. Non respiro». «Voglio un’ambulanza, siete una manica di vigliacchi». Pochi minuti e i poliziotti — sono tre e due sono donne — potranno scrivere a verbale che l’obiettivo è stato raggiunto. Lorenzo è chiuso in auto, può essere portato nella comunità. La zia chiede il perché di tutta questa violenza. Una poliziotta, con il distintivo in bella mostra, dice soltanto: «Non sono tenuta a dirle niente. Io sono un ispettore di polizia, voi non siete niente». Un imbarazzato questore, Vincenzo Montemagno, cercherà poi di giustificare queste parole da “tutto chiacchiere e distintivo”. «L’ispettore ha detto: “lei non è nessuno”, alla zia, per ribadire che questa non aveva nessuna autorità in quanto non titolare della paria potestà ». Nella sera di mercoledì “Chi l’ha visto” trasmette il filmato. La prima protesta ieri mattina davanti alla scuola con l’intonaco rosso. Ci sono mamme di altri bambini, della stessa classe di Lorenzo. Hanno cartelli. «I bambini hanno una voce, bisogna ascoltarli». «I bambini non si toccano». «I nostri figli — racconta una delle mamme — sono terrorizzati. Hanno visto da lontano la scena, mentre uscivano da scuola». «Si può immaginare cosa può pensare un bambino che, tornato a casa, sente i genitori litigare. “Se si dividono, domani i poliziotti verranno a prendere anche me”». Il bambino speciale, nella comunità protetta, è trattato come un computer rotto. «C’è la necessità — scrive infatti la Corte d’Appello — sezione civile minori di Venezia, nella sentenza che affida il minore al padre — di un allontanamento del minore dalla madre, fino ad aiutarlo a crescere, imparare e non certo da ultimo, a resettare e riassestare i propri rapporti affettivi in ambiente consono al suo stile di vita ». «Non me lo hanno nemmeno fatto vedere», dice la madre. «Stamattina sono andata nella comunità con il mio pediatra, ma ci è stato vietato l’ingresso. Ho paura che non me lo facciano vedere per non mostrare gli ematomi provocati dalla “cattura”. Ma dove siamo? Nella Germania nazista? Ho anche il timore che mio figlio sia stato sedato». La donna ha gridato il suo dolore anche in numerose interviste alle tv. «Certo, non è la prima volta, purtroppo, che bambini innocenti vengono trattati come criminali. Ma noi avevamo la telecamera, oggi tutti hanno potuto vedere cosa succede in tante famiglie». Il video shock commuove e soprattutto fa arrabbiare. Anche i Palazzi fanno sentire la loro protesta. «Sono immagini — dice il presidente della Camera, Gianfranco Fini — che fanno accapponare la pelle. Il governo oggi riferirà in Parlamento». Il presidente del Senato, Renato Schifani, chiede «urgenti provvedimenti». «Si è visto un bambino di 10 anni trascinato fuori da scuola da personale della polizia di Stato». E il capo della polizia, Antonio Manganelli, chiede scusa alla famiglia. «Assicuro il massimo rigore nell’inchiesta interna già avviata». «Ho visto il filmato — dice il ministro agli Interni, Anna Maria Cancellieri — e come tutti sono rimasta turbata. Aspetto gli esiti dell’inchiesta». Anche stamattina Lorenzo, il bambino speciale, si sveglierà nella casa di accoglienza. Quando l’operazione di “reset” sarà finita, andrà a casa del padre con la possibilità di incontrare la madre. «Finalmente — esulta il genitore — in comunità ho potuto giocare con lui, alla Playstation. Abbiamo cenato assieme poi l’ho messo a letto. Posso dire di avere salvato mio figlio. L’episodio nel cortile della scuola? Quando si deve salvare un bambino, ad esempio nel caso di sequestro a scopo di estorsione, non si bada certo a una colluttazione...». Ci sarà un banco vuoto, oggi, nella scuola rossa. «Assente giustificato», scriveranno nel registro, accanto al nome di un bambino speciale. Che da quando ancora non riusciva ad andare in triciclo, non è stato più felice.