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 2012  ottobre 11 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL CASO ZAMBETTI


MILANO - Roberto Formigoni aveva annunciato un "gesto forte", sollecitato anche dal segretario del Pdl, Angelino Alfano. Il segnale è arrivato, ma non si tratta delle dimissioni del governatore lombardo. Formigoni parla di un forte ridimensionamento della giunta regionale e dell’ingresso di nomi nuovi, poi sottolinea: "Io certo che ci sarò, sono il presidente eletto". "Miro a dare un segnale molto forte ai cittadini di Lombardia - le parole del governatore, dopo l’incontro al Quirinale con gli altri presidenti di Regione sulla riforma del titolo V della Costituzione -. Stamattina abbiamo iniziato il confronto e mi sembra ci sia un atteggiamento costruttivo da parte della Lega nord, ma dobbiamo dare un forte segnale di discontinuità".
L’incontro a cui Formigoni fa riferimento è il faccia a faccia nella sede del Pdl in via dell’Umiltà con Alfano e il segretario della Lega, Roberto Maroni. Incontro preceduto dal rischio - paventato da Formigoni durante l’intervista rilasciata a la "telefonata" di Belpietro - sulla tenuta delle giunte regionali di Veneto e Piemonte dopo le dimissioni presentate dagli esponenti leghisti al Pirellone: Andrea Gibelli (Industria e vicegovernatore), Daniele Belotti (Territorio), Giulio De Capitani (Agricoltura) e Luciana Ruffinelli (Sport e giovani).
"Se i leghisti vogliono il dialogo - aveva spiegato Formigoni - devono ritirare le dimissioni, decidano se vogliono far parte dell’alleanza in Lombardia, Veneto e Piemonte. In caso contrario andremo a elezioni con una giunta guidata da Formigoni e assessori completamente nuovi e ovviamente tutto ciò avrà conseguenze anche in Veneto e Piemonte, perché le tre giunte sono figlie dello stesso accordo politico".
Arrivando in mattinata in via dell’Umiltà, Formigoni aveva insistito: "A Maroni chiedo una sola cosa: è nella coalizione? La Lega si metta il cuore in pace, l’accordo è politico". L’incontro con Alfano e Maroni viene sospeso per l’impegno di Formigoni al Quirinale. Nel frattempo, Alfano, ai microfoni di Radio Anch’io, si pone in linea con il governatore rispetto alla posizione della Lega nella giunta lombarda. "Non è una minaccia ma un patto politico. In Veneto non ricandidammo Galan uscente e vincente per rispettare un accordo con la Lega Nord".
Replica del leghista Matteo Salvini a Tgcom24. "L’azzeramento della giunta mi sembra il minimo e lo dico a malincuore. Se Formigoni debba fare o meno un passo indietro, sta a lui deciderlo. Se però Formigoni pensa che gli si stia facendo un dispetto e che, cadendo lui, cada la Lega anche in Veneto e in Piemonte, si sbaglia. La Lega non ha paura di nulla. Se poi sarà così, torneremo a votare e la Lega prenderà il doppio dei voti". Poi, via facebook, il segretario della Lega in Lombardia ribadisce: "Si azzeri tutto e si riparta, con pochi uomini e pochi progetti concreti fino a elezioni".
"Lega, dentro o fuori". Quello alla Lega, puntualizza il governatore lombardo "non è un ricatto o una ripicca. Nel 2010 Lega e Pdl decisero di presentarsi in alleanza alle elezioni regionali designando due leghisti alla presidenza di Veneto e Piemonte e un pidiellino alla Regione Lombardia. Il patto è uno solo, se qualcuno lo rompe da una parte lo rompe dappertutto. Spetta a loro decidere se vogliono far cadere le tre giunte oppure se vogliono continuare a discutere insieme su quello che sia più opportuno fare. Se invece la Lega intende continuare a condividere questo patto politico decideremo insieme il da farsi e anche in questo caso la mia volontà è molto netta: o giunta nuova o si va ad elezioni".
Secca e piccata la replica dei governatori leghisti di Veneto e Piemonte, Zaia e Cota. "E’ giusto che i problemi della Lombardia se li risolvano i lombardi e non scarichino i loro problemi sulle altre amministrazioni. Noi non centriamo nulla con quei fatti" dichiara il presidente della Giunta regionale del Veneto Luca Zaia, che aggiunge: "A me non risulta che Formigoni sia veneto e si occupi del Veneto, quindi pensi a casa sua". Identico il ragionamento di Roberto Cota: "In Piemonte decidono i piemontesi, con tutto il rispetto per Roberto Formigoni" afferma il presidente della Regione Piemonte 1.
Quanto al caso Zambetti, arrestato ieri con l’accusa di aver comprato un pacchetto di voti pagando la ’ndrangheta, "ci sono responsabilità anche da parte dei vertici del Pdl che avevano giurato su di lui" commenta Formigoni. "L’accusa è di una gravità assoluta, ed è del tutto inaccettabile - prosegue - o è un abbaglio incredibile della magistratura, ma mi pare proprio di no, oppure Zambetti è uno spergiuro che ha tradito la fiducia di tutti noi. Io ho fatto giurare due volte tutti gli assessori di avere la coscienza pulita, quindi siamo in presenza di un politico che non solo ha tradito noi ma anche tradito il patto fatto con il proprio presidente ed il proprio partito". "Di fronte a questo salto di qualità negativo - aggiunge Formigoni - io prenderò decisioni forti, nette. La ’ndrangheta non deve avere accesso nelle istituzioni e non lo avrà".
(11 ottobre 2012) © Riproduzione riservata

LA POSIZIONE DELLA LEGA
LA Lega chiede al presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni di azzerare la giunta da lui guidata e lo avverte che ha in mano le dimissioni di tutti i consiglieri e degli assessori del Carroccio in Regione. "Lasciamo a Formigoni la scelta se fare un passo indietro o uno di lato - ha detto Matteo Salvini al termine dell’incontro con i consiglieri al Pirellone - Ci aspettiamo quanto meno l’azzeramento dell’intera giunta, l’eventuale dimezzamento dei nuovi assessori, eventualmente con un altro presidente di Regione". Salvini ha quindi affermato: "Siamo consci del fatto che si andrà a votare il prima possibile, probabilmente ad aprile. Comunque la Regione Lombardia non arriverà a fine mandato".
L’arresto dell’assessore regionale alla casa, Domenico Zambetti, ha tenuto banco alla riunione della Giunta lombarda, al termine della quale il presidente Roberto Formigoni si sarebbe sfogato. Secondo alcuni dei partecipanti, avrebbe detto: "O siamo di fronte a un clamoroso abbaglio della magistratura, oppure Zambetti ha tradito me e tradito tutti voi". "Avevo chiesto per due volte - avrebbe aggiunto il governatore - agli assessori se avessero la coscienza libera e se fossero disposti a fare gli assessori per esclusivo vantaggio dei cittadini e di fronte alle mie insistenze personali mi era stato garantito che tutto era rigorosamente conforme alla legge".
In ogni caso Formigoni, non pensa di fare un passo indietro dopo l’arresto di Zambetti, accusato di concorso esterno con la ’ndrangheta da cui avrebbe comprato 4mila voti per le elezioni regionali del 2010 e le comunali del 2011. "Ho le notizie che avete voi. - aveva detto il Celeste in mattinata - E’ chiaro che quello di cui si sta parlando è qualcosa di estremamente grave, però non ho notizie diverse da quelle che hanno battuto le agenzie questa mattina. Quindi intendo approfondire e vedere di cosa si tratta".
"Ovviamente all’assessore Zambetti è revocata la sua delega assessorile che sarà gestita senza rottura di continuità già dagli incontri di questa mattina dal direttore generale Nova e dall’assessore Ruffinelli per la firma di un importante accordo". Formigoni, che ha assunto ad interim la delega di Zambetti, ha poi aggiunto. "Il fatto è molto grave, vediamo quali sono le notizie che filtreranno nelle prossime ore".
In serata lo stesso Formigoni commenterà così l’ultimatum della Lega giunto per bocca di Salvini: "Se cade la Lombardia un secondo dopo cadono Veneto e Piemonte. E comunque sono tranquillo, domani decideremo a Roma nell’incontro con Alfano e Maroni". Poi la mossa che rischia di accendere ancora di più lo scontro col Carroccio: il ritiro delle deleghe agli assessori dimissionari.
(10 ottobre 2012)

CORRIERE.IT
MILANO - «Ci sono sempre io, non mi dimetto. Ci sarà una forte riduzione nei numeri della giunta e un rimpasto». Lo ha detto Roberto Formigoni poco fa dopo una serie di riunioni a Roma. Il giorno più lungo per il governatore lombardo era iniziato nella sede del Pdl dove il governatore lombardo ha incontrato Angelino Alfano e il segretario della Lega Roberto Maroni. Formigoni, arrivando al vertice, ha annunciato ai cronisti: «Farò gesti molto netti, molto forti e chiari di discontinuità». Ma sulle sue eventuali dimissioni ha aggiunto: «Io non ho fatto nessun errore. La mia Regione è l’unica che ha i conti in ordine».
LA LEGA - Le alternative a questo punto sono il voto o un rimpasto totale della giunta. Sui rapporti con la Lega, che mercoledì sera ha chiesto l’«azzeramento» della giunta lombarda e «un passo di fianco» di Formigoni, il governatore ha detto: «Chiederò ai responsabili del Carroccio se sono nella coalizione oppure no: percHé se la Lega è nella coalizione parliamo insieme, se no, no». Formigoni ha spiegato che la sua giunta era nata sulla base di un accordo con la Lega che comprendeva anche Piemonte e Veneto: «Simul stabunt simul cadent», ha detto riferendosi al fatto che se cade la giunta lombarda potrebbero cadere anche quella piemontese e quella veneta.
IN CONSIGLIO - Intanto, dopo che il governatore ha ritirato le deleghe agli assessori leghisti in Lombardia, il Carroccio ha deciso di non partecipare ai lavori delle Commissioni del Consiglio regionale in attesa del chiarimento con gli alleati, bloccando di fatto i lavori. «I leghisti devono decidere: fanno parte di questa alleanza che è nata tre anni fa contemporaneamente in Lombardia, in Veneto e in Piemonte, o se ne sfilano?», ha spiegato Formigoni. «Se si sono sfilati si mettono in una posizione esterna e sarà Formigoni con il Pdl a decidere il da farsi, andremo ad elezioni con una Giunta guidata da Formigoni e assessori completamente nuovi e ovviamente tutto ciò avrà conseguenze anche in Veneto e Piemonte, perché le tre Giunte sono figlie dello stesso accordo politico».
«NON E’ UNA RIPICCA» - «Non è un ricatto o una ripicca - ha voluto sottolineare Formigoni -. Nel 2010 Lega e Pdl decisero di presentarsi in alleanza alle elezioni regionali designando due leghisti alla presidenza di Veneto e Piemonte e un pidiellino alla Regione Lombardia. Il patto è uno solo, se qualcuno lo rompe da una parte lo rompe dappertutto».
LE REAZIONI - Pronte le reazioni dei due governatori interessati. «Con tutto il rispetto per il presidente della Lombardia Roberto Formigoni, quel che accade in Piemonte lo decidono i piemontesi. Noi abbiamo un buon affiatamento e stiamo lavorando bene», ha commentato il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota. «È giusto che i problemi della Lombardia se li risolvano i lombardi e non scarichino i loro problemi sulle altre amministrazioni. Noi non c’entriamo nulla con quei fatti», chiosa il presidente del Veneto, Luca Zaia.
SALVINI SU FACEBOOK - Il segretario della Lega Lombarda, Matteo Salvini, ha affidato a Facebook la prima replica a caldo alle dichiarazioni del governatore: «Fossi Formigoni mi occuperei solo della nostra Lombardia, penso che Veneto e Piemonte possono e vogliono gestirsi da soli, senza "padrini"». «Si azzeri tutto e si riparta, con pochi uomini e pochi progetti concreti fino a elezioni», ha scritto ancora Salvini.
«ZAMBETTI TRADITORE» - «L’accusa che è stata sollevata contro Zambetti è di una gravità assoluta, ed è del tutto inaccettabile - ha aggiunto Formigoni - o è un abbaglio incredibile della magistratura, ma mi pare proprio di no, oppure Zambetti è uno spergiuro che ha tradito la fiducia di tutti noi. Io ho fatto giurare due volte tutti gli assessori di avere la coscienza pulita, quindi siamo in presenza di un politico che non solo ha tradito noi ma anche tradito il patto fatto con il proprio presidente ed il proprio partito».
LE DELEGHE DEI LEGHISTI - Preso atto delle dimissioni annunciate dalla Lega, Formigoni ha provveduto con decreto a ritirare le deleghe degli assessori leghisti e di prenderle in carico a sé. Dunque, in seguito dell’annuncio delle dimissioni degli esponenti leghisti del Pirellone, sono state ritirate le deleghe agli assessori: Andrea Gibelli (Industria e vicegovernatore), Daniele Belotti (Territorio), Giulio De Capitani (Agricoltura) e Luciana Ruffinelli (Sport e giovani).
Salvini attacca sulla crisi
ALFANO: AZZERARE TUTTO - «Penso che Formigoni debba azzerare tutto e ricominciare da capo, non perché i componenti della sua giunta siano tacciabili di qualcosa, ma perché occorre dare un segnale di cesura». Il segretario Pdl ha sottolineato «il buon governo» della Lombardia, il motivo per cui l’attuale governatore non deve dimettersi.
PATTO POLITICO - Se cade la giunta della Lombardia cadranno anche quelle di Piemonte e Veneto? «Non è una minaccia ma un patto politico - ha confermato Alfano -. In Veneto non ricandidammo Galan uscente e vincente per rispettare un accordo con la Lega Nord. Ma lavoriamo perché non cada la Lombardia. Noi crediamo che Formigoni debba fare un gesto forte, molto forte. Crediamo davvero che il presidente Formigoni dirà e farà cose talmente forti per rimettere in marcia la Regione Lombardia. È qualcosa di più di una presa di distanza da Zambetti. Penso che debba azzerare tutto e debba ricominciare. Serve dare un segnale di censura».
VENDOLA - Il governatore della Puglia Nichi Vendola, dopo essersi tolto la soddisfazione di vedere la Lega alle prese con la ’ndrangheta al Nord («La dea della vendetta ha disvelato la realtà della ideologia leghista, secondo la quale il Sud è il luogo votato a ogni esercitazione del maligno»), ha annunciato non si dimetterà dalla Regione Puglia, in conseguenza dell’indagine che lo riguarda per abuso di ufficio, perché la sua posizione è «francamente incomparabile» a quella di Formigoni. Spero - ha aggiunto - che la mia venga definita nel giro di pochi giorni per ciò che è, e cioè una questione priva di fondamento». «Le mie- osserva- sono ipotesi di reato che rispetto a quelle che riguardano la Regione Lombardia vanno pesate per quello che sono realmente».

FERRARELLA SUL CORRIERE
MILANO - È il 15 marzo 2011 quando i carabinieri fotografano Eugenio Costantino, colletto bianco della cosca Mancuso, che entra nel Centro culturale milanese dell’assessore alla Casa della giunta Formigoni, incontra appunto il pdl Domenico Zambetti, esce con un pacchetto, entra in auto, conta il denaro e racconta ai complici (e al pm Giuseppe D’Amico, non sapendo che l’auto è diventata un enorme microfono) la storia dei 4.000 voti comprati alle elezioni regionali 2010, sottostante il pagamento da parte del politico della rata da 30.000 euro di cui si sente il fruscìo. «Cirù conta questi soldi, devono essere 30....togline 15...sono tutti da cento. Zambettino, Zambettino le corna sue... All’inizio si è fatto un po’ i cazzi suoi, adesso ha pagato, eh». «Quanto gli è costato a lui?», chiede il complice. «Togli questi 30.000... gli sarà costata 200.000 euro... Ma tu lo hai capito che gli hai dato 3.000/3.500 voti, nel mio piccolo io sinceramente li meritavo 100.000 euro, nel mio piccolo io nel Magentino gli ho fatto dare 700/800 voti, ma stiamo scherzando... Lui grazie a questi spiccioli è stato eletto, altrimenti chi lo eleggeva? Sai quanto prendeva lui? 6/7.000 voti. Invece ne ha presi 11.500, giusto i quasi 4.000 voti (di distacco dal primo dei non eletti, ndr) arrivatigli da questa gente».

Un voto 80 euro. Con appalti, 50
Le intercettazioni colgono gli uomini delle cosche in ragionamenti che combaciano a posteriori con l’esame dei flussi elettorali delle zone citate: «Il napoletano solo quello 1.500 voti li gestisce, hanno 10/12 grossi condomini a Milano che dirigono loro; poi c’è un altro napoletano, che hanno i locali a Milano, quelli 400/500 voti li portano solo loro, come glieli hanno dati i 2.500 voti a Milano l’altra volta a Zambetti... Vabbeh tanto ci ha messo le mani la famiglia Barbaro per i voti. Però la famiglia Barbaro i 500 voti non glieli hanno dati a Milano eh, ci sono gli altri dei paesi, ma quello che i voti a Milano li ha fatti prendere, 2.500 a Milano, è stato Ambrogio», cioè il sondaggista (fratello del più noto Luigi) di cui nei clan si parla con remore: «Quello è un bandito! L’altra sera mi ha chiamato ed era con Vallanzasca, "vieni che vi faccio salutare Vallanzasca" ». Istruttivo è anche il tariffario dei voti, con o senza sconto-appalti. «Ci vogliono 80 euro a voto, Eugè!», propone un complice a Costantino, che però lo corregge: «Su 2.000 voti sono 50 euro a voto». L’altro non è convinto: «Eh buono, di solito per lo meno al Sud costano 80 euro a voto». «Ma dato che vogliamo pure del lavoro, basta 50 euro a voto, stop», gli spiega Costantino, che poi aggiungerà: «Un acconto prima e la rimanenza te la danno dopo, funziona così eh!».
Le promesse sull’Expo 2015
Alle cosche interessano il cash ma ancor più gli appalti, come programmano con realismo: «Lui — cioè l’assessore Mimmo Zambetti — ha detto "se voi trovate un lavoro, segnalatemelo...". Non ha parlato male, "voi me lo segnalate, io cerco di farvelo dare...", quindi adesso ti faccio un esempio...noi gli diciamo "Mimmo, guarda che c’è quel lavoro, c’è che ce lo devi far dare, adesso tu sai che c’è l’Expo", lui ci può aiutare... lui farà di tutto per farcelo avere... più di così, d’altronde, non è che... Anche perché le imprese ce le abbiamo, le cooperative ci sono...».

«L’idiota dice no e perde milioni»
È perciò incomprensibile, per i clan, che ci sia qualche politico che rifiuti l’offerta del loro pacchetto di voti in vendita, come fa nel 2011 il capolista civica della Lega Nord, Marco Tizzoni, che rifiuta gli «apparentamenti strani» stimati 500 voti e perde le elezioni nel Comune dove si terrà l’Expo 2015: «Che schifo di partito — è furibondo l’ndranghetista —, ma tu l’hai capito che quell’idiota della Lega per 10.000 euro che non mi hanno voluto dare hanno perso l’elezione, io gli avevo trovato 500 voti ed hanno perso per 400... Avete perso un paese con l’Expo perché uno non ha voluto cacciare 10.000 euro, c’erano 500 voti pronti e poi ci dovevano dare lavoro. Vaff... io non ho guadagnato 5.000 euro ma loro hanno perso milioni di euro per 400 voti...».

Il «rimpasto» degli accordi
Per convincere l’assessore regionale Zambetti a rispettare i patti («Con noi non vuole più avere a che fare?— ironizza Pino D’Agostino dalla Calabria —. Se no salgo io e ci parlo io, che così ci capiamo... sennò c’è il rimpasto degli accordi...»), i clan graduano la pressione intimidatoria. «A Zambetti ce l’abbiamo in pugno», gongola Costantino, perché «noi avevamo fatto una cosa per incastrarlo... quando abbiamo fatto la festa a Magenta, noi a Zambetti l’abbiamo fotografato con Pino... giusto per avere una prova, e io ce l’ho, dove si vede bello Pino con lui che si stringono la mano». E «quella stretta di mano vuol dire tante cose... e lui è rovinato... Adesso noi non diciamo niente, e poi lui c’ha garantito che ci dà del lavoro in questi 5 anni».

«Per paura si mise a piangere»
In altri momenti la pressione si fa più obliqua: «Hai visto quel "pisciaturu" di Zambetti come ha pagato, eh, lo facevamo saltare in aria... Ciru’, tu l’avevi letta la lettera che gli hanno mandato?». «Il pizzino!», annuisce Ciro. «Gli abbiamo mandato una lettera, Ciru’, talmente scritta bene... cioè si vede che avevano gente laureata nel gruppo, gli hanno fatto la cronistoria di come sono iniziate le cose, di come erano i patti e di come andava a finire...». Al punto che l’assessore «si è messo a piangere davanti a me e a zio Pino, e piangeva... se l’è fatta sotto completo... Ogni tanto solo così possiamo prenderci qualche soddisfazione... ». E nel bel mezzo dell’incontro tra l’emissario presentabile delle cosche e il politico che a loro avviso sta ritardando sia il saldo di una delle ultime rate (da 30.000 euro) del pattuito pagamento di quei 4.000 voti con 200.000 euro, sia la sistemazione all’ente case popolari della figlia di Costantino, dalla Calabria si scomoda D’Agostino con un’arma più intimidatoria di tante pistole: le pause di una telefonata con Zambetti. «Dottore buonasera, come sta? Diabete (pausa) se lo cura?». «È alto... alto», risponde intimorito il politico, di fronte al complice dell’ndranghetista al telefono. «E se lo deve guardare — rincara l’uomo delle cosche di Africo — bisogna fare attenzione con (lunga pausa) il mangiare... Volevo solo salutarvi... eh mi permetto solo di ricordarle la faccenda della figlia del nostro amico». «Ok, tranquillo che lo farò », assicura Zambetti, congedato dal referente dei boss con un poco promettente «Tante tante buone cose lei e la famiglia... stia tranquillissimo su tutto». Subito l’assessore versa i soldi. E piazza la figlia di Costantino, con un contratto interinale poi rinnovato, all’ente case Aler.
Luigi Ferrarella

ANSA.IT



MILANO - Comparira’ domani davanti al Gip di Milano, per l’interrogatorio di garanzia, l’assessore regionale Domenico Zambetti, arrestato ieri con l’accusa di voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa.

Domani dovrebbero essere sentiti tutti gli arrestati dal gip Alessandro Santangelo. Gli interrogatori si terranno nel carcere di Opera. Zambetti è accusato di avere ’acquistato’ un pacchetto di 4 mila voti da esponenti della ’Ndrangheta per assicurarsi l’elezione alle regionali.

di Igor Greganti e Stefano Rottigni

’’Sti politici e ’merda, piccoli e grandi, sono uno peggio dell’altro’’. A esprimere il giudizio sono due presunti affiliati alla ’ndrangheta e l’intercettazione puo’ diventare lo ’specchio’ di un’inchiesta esplosa stamani e che ha dimostrato, secondo l’accusa, che quella mafia calabrese, non solo parla cosi’ al telefono della classe politica, ma si e’ comprata un assessore della Regione Lombardia. Domenico Zambetti del Pdl, all’assessorato alla Casa dal 2010, e’ finito in carcere assieme ad altre 19 persone, tra cui presunti boss e affiliati alla cosca Mancuso-Di Grilli, un medico e Ambrogio Crespi, fratello del noto sondaggista. Mentre il sindaco di Sedriano, hinterland milanese, e’ agli arresti domiciliari. Per la prima volta e’ stato accertato, con conseguente arresto, il voto di scambio in Lombardia, dopo che diversi blitz nella regione, compresa la maxi-operazione ’Infinito’, nei mesi scorsi avevano sollevato un velo sulla cosiddetta ’zona grigia’ della ’Ndrangheta, ’sfiorando’ anche alcuni politici.

In poche parole, infatti, Zambetti, che e’ accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, scambio elettorale politico-mafioso e corruzione, avrebbe pagato 200 mila euro agli uomini del clan per ottenere da loro un ’pacchetto’ di 4 mila voti, al prezzo di 50 euro a voto, per essere rieletto alle Regionali del 2010 (prese circa 11 mila preferenze). ’’La democrazia e la liberta’ di voto sono state violate’’, ha sintetizzato il ’capo’ della Dda milanese, Ilda Boccassini, che ha coordinato le indagini con il pm Giuseppe D’Amico. E’ saltato fuori poi che il clan avrebbe inquinato anche le elezioni comunali di Milano del 2011, raccogliendo voti per Sara Giudice, la cosiddetta ’anti-Minetti’ (non venne eletta), dopo un presunto accordo tra il padre di lei, Vincenzo (indagato), e uno degli arrestati. L’inchiesta, condotta dai carabinieri del Comando Provinciale, e’ anche l’ennesima che rischia di travolgere il Pirellone. In questo caso, pero’, ed e’ lo stesso gip Alessandro Santangelo a spiegarlo nella sua ordinanza, si parla di ’Ndrangheta che e’ riuscita a ’’infiltrarsi in uno dei gangli decisivi dell’istituzione regionale’’.

Dalle carte dell’inchiesta, infatti, emerge che il presunto boss della ’ndrangheta, Giuseppe D’Agostino, in un incontro con l’assessore avrebbe esibito ’’all’esponente politico una ’lettera-pizzino’ predisposta dalle famiglie mafiose’’, nella quale veniva descritta la ’’genesi’’ dei rapporti tra le cosche e l’assessore (da tre anni almeno, secondo l’accusa) e gli accordi ’’del patto di scambio stretto in vista delle elezioni regionali’’. Voti in cambio di soldi e soprattutto favori continui. Un patto mafia-politica che prevedeva anche ’’sanzioni e ritorsioni’’. In una telefonata intercettata si sente Eugenio Costantino, l’altro boss che avrebbe avuto in mano il politico, dire: ’’Hai visto quel ’pisciaturu’ (uomo di poco conto, ndr) di Zambetti ha pagato... eh ... lo facevamo saltare in aria’’. In cambio a quelli che gli si erano presentati addirittura come ’’portavoci’’ della ’ndrangheta, Zambetti avrebbe concesso o promesso ’’l’assegnazione preferenziale di appalti pubblici gestiti dalla Regione’’, l’assunzione della figlia di un affiliato all’Aler (azienda regionale di edilizia residenziale), persino il ’’rinnovo del contratto di parrucchiera per la sorella’’ di Costantino e ’’l’assegnazione di una casa Aler in favore della sua amante’’.

L’ultima mazzetta, una tranche di 30 mila euro, Zambetti ’’alias Mimmo (si legge nell’ordinanza)’’, l’avrebbe consegnata il 15 marzo 2011 nell’ufficio della sua associazione ’Centro e Liberta’’. ’’Bisogna fare attenzione... con il mangiare’’, diceva D’Agostino al telefono all’assessore, ’’spaventato’’ fino alle lacrime, perche’ non avrebbe piu’ voluto pagare ma ormai non poteva piu’ uscirne. La mafia calabrese, infatti, per portargli 4 mila voti, stando all’ordinanza, si era impegnata costruendo una ’rete’ di affiliati e anche ’vecchi’ boss che dovevano procacciarli. Tra l’altro, ’’2.500 voti di preferenza’’ li avrebbe portati Ambrogio Crespi. Al telefono, invece, il presunto boss Costantino dice di essersi speso per molte campagne elettorali, sembrerebbe anche ’bipartisan’: ’’Ho organizzato forse duecento cene fino adesso (...) io sto facendo parecchie campagne elettorali (...) mi sono scelto i piu’ belli locali di Milano’’. Un amica gli chiede: ’’Chi paga?’’. Lui: ’’Gli investitori, allora un po’ il partito diciamo se e’ la sinistra un po’ la sinistra se e’ il Pdl ... noi chi li paga, siamo noi contribuenti’’.