Lucrezia Dell’Arti, Io donna, 8 agosto 2012
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Biografia di Mia Martini
MIA MARTINI–
Martini Domenica Bertè si era decisa per il nome d’arte Mia Martini, perché il suo produttore, manie internazionali, le aveva detto: «All’estero i nomi italiani conosciuti sono tre: spaghetti, Martini e pizza».
Origini Domenica Bertè, origini calabresi, nata a Bagnara Calabra il 20 settembre 1947, seconda di quattro sorelle (Leda, Domenica, Loredana e Olivia), figlia di Giuseppe Radamès Bertè, professore di latino e greco e poi preside di liceo, e di Maria Salvina Dato, maestra elementare, appassionata di musica fin da bambina, a 12 anni cantava per locali con un gruppo di Ancona (60 brani a sera per duemila lire più la cena), l’anno dopo si era fatta portare dalla mamma a Milano e in mezza giornata, telefonando alle case discografiche dalla stazione Centrale, aveva ottenuto il suo primo contratto.
Padre Loredana Bertè dice che la sorella Mia Martini potrebbe essere morta per le botte del padre: «Magari Mimì si è fatta uno spinello, e lui è entrato e l’ha massacrata. Perché è sempre stato così: un padre padrone. A mia madre la prendeva a calci in c.., le dava il veleno» (in un’intervista alla rivista Musica Leggera, maggio 2009).
Morte Morta il 12 maggio del 1995, a 47 anni, nella casa di Cardano al Campo, piedi nudi e tuta, sul letto, un braccio allungato verso il telefono ma trovata due giorni dopo dall’autista, passato a prenderla per portarla a un concerto. Causa del decesso, secondo il referto dell’autopsia: arresto cardiaco per overdose di stupefacenti.
Debiti I debiti di Mia Martini, al momento della sua morte, ammontavano a 350 milioni di lire: 40 più interessi con il Fisco (Iva non pagata), 150 con il padrone della casa di Milano, altri 100 pretesi da un manager.
Jella La fama di portare jella, secondo Mia Martini la vendetta di un impresario cui rifiutò un contratto in esclusiva. I primi a far girare la voce: «Patty Pravo e Fred Buongusto. Poi è stata la volta della Rai che ha cominciato a non mettere più in onda le mie canzoni. Quindi i discografici» (a Gianfranco Moriondo di Gente, nel marzo 1983)
Calamità «Impresari, discografici, colleghi: molti sogghignavano partecipando a quel gioco circolare di calunnie dettagliate, altri si dimostravano realmente impauriti dal contatto anche soltanto visivo con quella povera ragazza marchiata come dispensatrice di calamità… Per un’artista equivale alla morte civile» (Gigi Vesigna).
Aids «Meglio essere sospettati di avere l’Aids, si puo’ dimostrare il contrario con un test. Ma per la jella cosa si fa, una radiografia?» (Mia Martini).
Figlio L’amore con Ivano Fossati durò dieci anni («tentavamo di lasciarci ma senza riuscirci»): «Avrei voluto un figlio, lui no, non gli andava. E in fondo non gli andava neppure che cantassi».
Fossati «”Guarda Fossati – perché io lo chiamo Fossati – non è dedicato a te questo disco”… sono pazza di lui. Lo odio, ma sono pazza di lui» (Mia Martini a storia già finita).
Principe «Nessun maschio accetta il ruolo di principe consorte. Così si resta senza amore».