Giornali vari, 2 luglio 2012
Anno IX – Quattrocentotrentunesima settimana Dal 25 giugno al 2 luglio 2012Nella notte tra giovedì 28 e venerdì 29 giugno gli italiani hanno improvvisamente creduto di essere padroni del mondo: alle dieci e mezza della sera l’Italia aveva battuto la Germania nella semifinale dei campionati europei di calcio, una vittoria non casuale, frutto di un gioco superiore, di una prestazione convincente
Anno IX – Quattrocentotrentunesima settimana
Dal 25 giugno al 2 luglio 2012
Nella notte tra giovedì 28 e venerdì 29 giugno gli italiani hanno improvvisamente creduto di essere padroni del mondo: alle dieci e mezza della sera l’Italia aveva battuto la Germania nella semifinale dei campionati europei di calcio, una vittoria non casuale, frutto di un gioco superiore, di una prestazione convincente. Mentre le piazze delle nostre città si riempivano di tricolori e tifosi festanti, a Bruxelles Mario Monti metteva sotto la Merkel e la costringeva a concedere il famoso scudo-antispread, quello che dovrebbe calmierare gli interessi sui nostri titoli di stato. La stampa tedesca, il cui malumore complessivo era visibile attraverso i siti, una volta tanto schiumava, dicendosi delusa della sua squadra e della fino a quel momento adorata Kanzlerin.
Europei La storia del campionato di calcio europeo, disputato in Polonia e in Ucraina, è presto detta: partiti per l’ennesima volta con l’accompagnamento vergognoso di uno scandalo, quello delle scommesse e delle partite truccate, gli azzurri giocavano molto bene la prima partita con gli spagnoli (1 a 1), s’incartavano con i croati (un altro 1 a 1) e tremavano con gli irlandesi, vincendo sì, ma giocando male (2 a 0). Seguivano una bella prova con gli inglesi, inutilmente dominati, e piegati solo ai rigori con un tiro a cucchiaio di Pirlo nel momento in cui eravamo sotto per 2 a 1, e soprattutto l’esibizione maiuscola con la Germania, partita favorita e messa invece sotto dai due gol del ritrovato Balotelli. Previsioni a un tratto favorevoli, entusiasmi popolari, share televisivi dell’80-90%, l’allenatore Prandelli additato come esempio del nuovo italiano, un uomo serio, che fa quello in cui crede, che non imbroglia, che sa rinunciare a un calciatore solo perché si è comportato male, eccetera eccetera, il leghista duro Borghezio si spinge a dichiarare che con Balotelli non ci sono problemi, «è un padano di pelle nera», il premier Mario Monti, che alla vigilia, per la rabbia del calcio-scommesse, voleva sospendere il campionato per tre anni, parte per Kiev dove si svolgerà la finale. Che si rivela invece un incubo: la Spagna, dal calcio sublime e invincibile, ci mette sotto per 4 a 0, torniamo a casa piuttosto mesti e con il solito interrogativo di sempre su quale sia la vera Italia, se quella solida e convinta ammirata contro inglesi e tedeschi o quella afasica, mezza rotta, rassegnata vista all’opera contro gli spagnoli.
Merkel I problemi del calcio attengono alla nostra ricostruzione morale, quelli dell’economia e della finanza hanno a che vedere con il nostro portafogli e il nostro benessere. Il 28 e il 29 giugno (giovedì e venerdì della settimana scorsa) era in programma a Bruxelles il Consiglio europeo, che avrebbe dovuto prendere qualche misura decisiva sulla crisi, sul debito, sui tassi d’interesse, sul salvataggio dei paesi in quasi-bancarotta, eccetera. Monti c’è andato obbligando prima i partiti ad approvargli in via definitiva la riforma del mercato del lavoro, passata in Parlamento con quattro fiducie e una quantità di mugugni sia a destra che a sinistra. Ma, con la riforma in tasca, il premier si preparava a introdurre nelle discussioni di Bruxelles un nuovo concetto, quello di “paese virtuoso”. Che cos’è un paese virtuoso? È un paese che fa quello che deve fare per risanare i suoi conti senza bisogno delle ingerenze della Troika che ha massacrato la Grecia. Per esempio, rende sostenibile il sistema pensionistico, liberalizza il mercato, riforma il lavoro. A che cosa hanno diritto i paesi virtuosi? Ad essere aiutati senza bisogno di ingerenze straniere, senza bisogno degli ispettori del Fondo Monetario o della Banca centrale o dell’Unione europea (la Troika, appunto). Aiutati in che modo? Per esempio a tenere sotto controllo lo spread, cioè il differenziale tra Bund e Btp che ci costa tanto in termini di interessi. Se un’istituzione europea, per esempio il fondo salva-stati Esm (European Stability Mechanism, 750 miliardi di dotazione), comprasse titoli italiani quando lo spread supera una certa soglia, questo aiuterebbe l’Italia, o la Spagna nel caso della Spagna, ad uscire dal marasma in cui si trovano e non solo per colpa loro (l’euro fu concepito male, la Germania e la Francia violarono le regole nel 2004 costringendo tutti a fare buon viso, i tedeschi hanno guadagnato un mucchio di soldi dalla distruzione della concorrenza valutaria ecc.). La Merkel non voleva sentir ragioni a questi discorsi, ma Monti sostenne che non avrebbe firmato nessun accordo e non si sarebbe alzato dal tavolo senza lo scudo anti-spread. Lo appoggiavano spagnoli e francesi (Hollande voleva sbloccare 120 miliardi di aiuti), lo avversavano, oltre ai tedeschi, anche i finlandesi e gli olandesi. La delegata danese a un certo punto chiese: «Siamo per caso tenuti in ostaggio?». Alla fine – ed erano le quattro di mattina – la Kanzlerin cedette e lo scudo fu accettato. Monti sostiene che non vi faremo ricorso mai, perché sarà sufficiente a tener buoni gli speculatori la consapevolezza che ci sarà sempre un compratore dei titoli più deboli. Il vertice, tra l’altro, decise anche che entro l’anno sarà varata la Tobin tax (in una decina di paesi) e confermò lo stanziamento di 120 miliardi destinati allo sviluppo. Molto importante la dichiarazione, resa alle tre di notte, del presidente francese Hollande: «La zona euro non può restare dov’è, l’unione bancaria è indispensabile, si deve arrivare a un’unione fiscale, a un ministero del Tesoro europeo che emetta debito e lo mutualizzi e faccia una politica economica comune». Significa che la Francia è pronta a rinunciare in tutto o in parte alla propria sovranità nella politica economica.
Tagli La vittoria di Bruxelles, benché contestata dai nemici del governo (specialmente da Brunetta e dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi), ha messo a tacere il partito della crisi. Il governo è a questo punto talmente forte da aver annunciato tagli per 8-9 miliardi da realizzare soprattutto nel pubblico impiego. Riduzione di un quinto dei dirigenti attraverso il pensionamento anticipato secondo le vecchie regole (sarà varata una legge ad hoc), trentamila dipendenti pubblici messi in mobilità all’80% dello stipendio, ulteriore riduzione degli stanziamenti a favore di ministeri, regioni e comuni, province dimezzate, buoni-pasto ridotti a 7 euro, ecc. In questo modo l’Iva non aumenterebbe né quest’anno né il prossimo. Partiti, sindacati ed esponenti degli enti locali vogliono discutere. Bonanni minaccia mobilitazione generale in tutte le città, ma non pare che il capo del governo se ne sia spaventato.
Lega La Lega riunita a congresso ha proclamato per acclamazione Bobo Maroni segretario. Bossi, benché eletto presidente onorario a vita, è uscito definitivamente di scena, raccontando col groppo in gola di essere vittima dei ladri di Roma e di aver fatto col partito quello che re Salomone fece col bambino reclamato da due madri: consegnarlo «all’altra» (cioè Maroni) pur di non vederlo diviso in due. Il nuovo segretario ha detto dalla tribuna che non vuole né commissariamenti né gestioni collegiali. Probabilmente il Carroccio rinuncerà alle prossime politiche per tentare il recupero sul territorio del proprio consenso. Il partito resta diviso tra indipendentisti, secessionisti, bossiani, veneti, lombardi ecc. Si attendono le mosse di Tosi, Zaia, Cota, Calderoli, cavalli di razza che adesso manovreranno per spartirsi quote sempre maggiori di potere. Ammesso, naturalmente, che sia rimasto qualcosa da spartire.