Andrea Scanzi, il Fatto Quotidiano 7/7/2012, 7 luglio 2012
“ABBIAMO PERSO CULTURA, IL TEVERE SEMBRA IL MEKONG”
Non vogliamo più bene a Roma”. Carlo Verdone riflette sulla sua città. “Bellissima, soprattutto d’estate con poca gente o all’alba, ma piena di magagne”. Il sindaco Gianni Alemanno, un mese fa, ha detto che gli avrebbe spedito una copia di Le Monde. Quella in cui la rivista consigliava ai lettori di farsi un giro a Roma in scooter, “così Verdone si tira un po’ su dalla crisi depressiva che ha avuto per la sua e la nostra amata Roma”.
C’è rimasto male?
Più che altro, Alemanno non l’ho mai citato. Sorrisi e canzoni mi aveva chiesto un parere su To Rome With Love. Risposi che sembrava un finto presepe, perché Roma è soprattutto caos e degrado. Quello di Allen è uno spot, non un film. E per me è un maestro, come regista e sceneggiatore. Doveva raccontare altro, ad esempio le t-shirt con scritto The Sapienza University. Quando una libreria si mette a venderle, sai che sta per chiudere.
È depresso, come sostiene il sindaco?
La depressa è Roma, non io. Trasandata. Via Frattina funziona ancora, ma gran parte della città cade a pezzi come il Colosseo. È facile prendersela con Alemanno. Non lo difendo – non esageriamo – ma il problema non riguarda solo lui. Riguarda gli uffici. I romani. E i turisti.
Cioè tutti. Alemanno è senza colpe?
Ci ha abituato, come troppi politici, alla maleducazione e al mancato rispetto delle regole. Se il governo non dà l’esempio, il cittadino si abbrutisce. A noi è successo. Parcheggiare in doppia fila è normale: ‘Eh, stamo a Roma’. La domenica mattina, Roma è un cimitero di bottiglie e sporcizia. E i turisti si adattano: a Parigi non farebbero mai il bagno nelle fontane, da noi sì.
È sempre stato così?
Negli anni Ottanta e Novanta qualche buona amministrazione c’è stata. Poi il nulla. Una volta chiesi a Rutelli se si poteva fare qualcosa contro le scritte sui muri. Lui: ‘No, tocca aspettare che la moda passi’. Non è passata.
Cosa non va a Roma?
Abusi edilizi infiniti. Alberi che muoiono. Verde che non c’è. A Villa Sciarra il cancello è arrugginito da anni, basterebbe tingerlo: macché. Buche sulle strade: ci buttano un po’ di asfalto, piove e la buca si ricrea. Molti si fanno male. Anch’io, due volte. E l’illuminazione: basterebbe dare luce ad alcuni luoghi chiave. Invece Roma è una città buia.
Sta descrivendo quasi l’apocalisse.
Non perdo la speranza, ma la quotidianità è spesso sconfortante. Ho fatto 15 telefonate per chiedere che una moto fosse tolta da un marciapiede davanti a una scuola. Arrugginita, depredata: uno scheletro. L’hanno rimossa dopo due anni. Stessa cosa con una Opel scassata, dentro ci stavano i barboni. È stata lì per mesi e mesi. Era in discesa. Hanno ceduto i freni e si è schiantata su un platano. È solo fortuna se nessuno c’è morto.
E il traffico?
Roma non ha grandi boulevard, le strade sono piccole, ma manca la cultura dei parcheggi. D’accordo, se scavi trovi sempre qualcosa, ma ormai è tutto un ammasso di ferrame. Le consolari sono un inferno. Ci sono persone rovinate: chi sta sulla Prenestina, sulla Tuscolana. Tre ore per andare, tre ore per tornare.
È sempre stato così?
Nei Cinquanta c’era più decoro. Coi Sessanta arriva l’edilizia scarsa e cafona, volgare pure nei colori. Il piano regolatore a Roma è un disastro. I condomini sono sottilette Kraft, se al piano di sopra cade un accendino sembra un bicchiere infranto. Le costruzioni del Ventennio erano razionali, robuste. Il fascismo ha fatto un sacco di cazzate, ma almeno quello gli riusciva.
Alemanno apprezzerà.
Io invece non posso apprezzare la morte della cultura. I ragazzi che occupano il Teatro Valle sono degli eroi. Ogni giorno chiude un cinema. Viviamo l’epoca del centro commerciale. Quelli di mezza età non hanno più luoghi per ritrovarsi. Abbiamo perso l’Etoile, il Corso, il Metropolitan, il Roma. In compenso tutti vanno a Eataly. Entusiasti. Ma entusiasti di cosa? Si è perso il rispetto per la memoria storica.
Qualcosa di culturalmente vivo ci sarà.
Il Tevere di notte. Caos, gente che non riesce a dormire. Boh, sembra il Mekong.
Perché resta a Roma?
È la città che mi ha dato tutto, ma avverto l’esigenza di dividermi: quattro giorni in campagna e tre a Roma. Aiuta la concentrazione e mi salva dalle riunioni condominiali. Rotture di coglioni inarrivabili. La riunione condominiale è lo specchio dell’Italia. Ho bisogno di silenzio, sarà l’età. Forse sono alla fase felliniana de La voce della luna.
Fellini ha spesso raccontato la Capitale.
Ripenso alla prima scena di Roma: un gigantesco ingorgo sul Grande Raccordo Anulare. Maxi-tamponamento, diluvio. Mesi fa ho vissuto la stessa condizione: telefonini a parte, non è cambiato nulla. La grandezza di Fellini rendeva la romanità, per quanto sbracona e caciarona, poetica e simpatica. Ora di simpatico c’è poco.
Allen che città ha visto?
Quella dei clichè. La Roma di oggi l’ha raccontata Claudio Caligari, con Amore tossico e L’odore della notte. Fotografia perfetta della periferia e para-periferia. La Roma che non vogliamo vedere.