Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 8/7/2012, 8 luglio 2012
UN MONITO IN FAMIGLIA
Appunti per la sceneggiatura di “Un monito in famiglia”. Quirinale, interno giorno, caldo tropicale. Un arzillo signore sulla novantina, nonno Giorgio, si aggira per i saloni con la sua maglietta fina. “Cascella, vieni qua: carta, calamaio e penna. Scrivi: ‘Si proceda senz’indugio alle riforme condivise contro la distruttiva ondata d’antipolitica, giunta peraltro al termine grazie alle eroiche gesta degli azzurri sapientemente guidati dall’amico Prandelli e capitan Buffon... Chi osa interrompere il monito supremo? L’Ufficio Spionaggio? E che vuole?”. (Un corazziere tremante) “Ehm, pare, si dice, corre voce che i giornali stiano per pubblicare la notizia che alcuni pm hanno intercettato Mancino al telefono col consigliere D’Ambrosio”. “Ecco, lo sapevo che quello si faceva beccare: accidenti a Meucci che ha inventato ‘sta diavoleria. Quante volte devo dire di non parlare alla cornetta?”. “Veramente, ehm, per così dire, senza offesa, c’è chi insinua che anche voi, maestà, abbiate telefonato a Mancino e anche la vostra augusta voce sia stata registrata”. “Oh San Gennaro benedetto, ma come hanno osato?”. “Sapete com’è, queste cimici antipolitiche...”. “Allarme rosso anzi rosé (non esageriamo, poi dicono che son comunista)! Fuochisti, macchinisti, uomini di fatica, alle caldaie! Si convochi Macaluso, s’avverta Scalfari, si mobilitino commentatori, turiferari, costituzionalisti di corte, si stanino l’upupa e il cinghialotto di Castelporziano e si traducano a palazzo! Stringiamci a coorte!”. Segrete del Quirinale, sala macchine, inferno notte. Nonno Giorgio, volto paonazzo e affumicato, si agita fra i vapori delle caldaie e delle fornaci in tuta da lavoro. “Sotto con le pale, si inforni il carbone, anzi l’incenso, si convochino l’Ufficio Moniti, l’Ufficio Comunicati, l’Ufficio Rettifiche!”. “Ehm, se posso permettermi, il solito fogliaccio antipolitico allude a una vostra lettera al Pg della Cassazione per condizionare le indagini sulla trattativa... Che facciamo?”. “Ma porc&%@XW£JK#Y§, come han fatto a saperlo? Si convochino i giuristi di palazzo per trovare pezze d’appoggio e giustificarla come doverosa, poi la si pubblichi come prova che non abbiam nulla da nascondere, tanto ormai ci han scoperti”. “Già fatto sire, però, come dire, pare che voi non possiate proprio coordinare indagini”. “Insomma, abbiamo 350mila leggi, ce ne sarà pure una che faccia al caso nostro: la si scovi o la si fabbrichi all’uopo!”. Quirinale, interno mattina. Nonno Giorgio sfoglia raggiante i giornali: “Mi compiaccio per l’unanimità di consensi sulla libera stampa alla mia doverosa condotta ai sensi della legge 9999 comma 6666. S’invitino i prodi azzurri, reduci dal trionfo europeo col nemico ispanico, a festeggiare in un sobrio ricevimento”. “Veramente, maestà, non per contraddirla, ma ci sarebbe pure qualche parere lievemente critico, sempre sul solito giornalaccio s’intende. Dicono che la legge 9999 comma 6666 ce la siamo inventata noi. E che sarebbe il caso che rendessimo pubbliche le vostre telefonate per provare che non c’è nulla da nascondere”. “Ma che fa l’Ufficio Silenziatori & Sordine? E Bersani, il suo vicemonito non partì?”. “Sì, partì, ma come sempre nessuno se ne accorse”. “S’avverta la libera stampa di dare massimo rilievo. Ma devo insegnarvi tutto io? Abbiamo uno staff che nemmeno la Casa Bianca e Buckingham Palace, e a che mi serve? A pettinare il pennacchio ai corazzieri? Si proceda a sopire e troncare, s’insista sull’unanime consenso... Dove sono i prodi azzurri?”. “Ehm, volendo sottilizzare, essi non han proprio trionfato, anzi han buscato quattro ispaniche pere...”. “Che si festeggi ugualmente: le vittorie le decido io! Le indagini le coordino io! I governi li faccio io! I sondaggi li scrivo io! Gli elettori sono io!” (Due corazzieri, bisbigliando) “Ma quando finisce ‘sto settennato?”. “Ancora nove mesi”. “Non ce la posso fare, mi metto in malattia”.