Armando Massarenti, Il Sole 24 Ore 8/7/2012, 8 luglio 2012
QUALCHE DOMANDA SULL’UNIVERSO
Per la bella serie «Le grandi domande», edita da Dedalo, Stuart Clarck ha scritto il volume dedicato all’Universo, vademecum utilissimo in tempi di bilanci su fisica e astrofisica dopo le nuove evidenze al Cern sul bosone di Higgs. Sono tutte domande bellissime quelle sull’Universo. Riguardano la sua costituzione, la sua età, le sue origini e il suo destino, l’esistenza dei buchi neri e della materia e dell’energia oscura. Si può viaggiare nello spazio e nel tempo? Siamo fatti di polvere di stelle? Come si è formato l’Universo? Come si vede si slitta in maniera naturale verso questioni che un tempo occupavano le menti dei teologi. Con il passare del tempo però – osserva Clarck –, la scienza spiega un numero di cose sempre più vasto, riducendo progressivamente le zone di diretta competenza di una divinità. Ma gli interrogativi fondamentali restano. Che cosa ha provocato il Big Bang? Come è nata la vita sulla Terra? Sono domande che lasciano ancora spazio alla fede in un dio interventista. Esiste una prova cosmologica dell’esistenza di Dio? È il titolo dell’ultimo capitolo. Secondo i sostenitori del principio antropico, Dio avrebbe creato questo Universo dotandolo di leggi fisiche tali da consentire l’esistenza degli esseri umani. Una teoria che si adatterebbe assai bene all’idea einsteiniana di un Dio non-interventista, più vicina alla mentalità scientifica. Attenti però a non fare lo stesso passo falso dei naturalisti del primo ’800. Di fronte all’incredibile armonia tra le varie forme di vita e il loro ambiente, pensarono che quella fosse la prova del fatto che Dio aveva concepito il mondo perché si adattasse perfettamente alle forme di vita che lo abitavano. Ma nel 1859 Darwin ribaltò il ragionamento con le sue osservazioni sull’adattamento delle forme di vita all’ambiente circostante nel corso delle generazioni, guidato dalla selezione naturale e dall’idea che le forme di vita evolvessero tentando – per lo più senza successo – di adattarsi alle nicchie ecologiche disponibili. L’abilità di evolversi era pensata come una proprietà intrinseca degli organismi, dipendente da un meccanismo di copiatura difettoso all’interno delle cellule. Solo uno sparuto gruppo di cristiani ancora oggi propugna l’idea di un «disegno intelligente». La comunità scientifica invece è unanime: «Quello che un tempo era considerato come la prova della perfezione di Dio, in realtà è un meccanismo molecolare imperfetto». Il ragionamento vale anche per l’Universo. Se si ammette l’idea del Multiverso, cioè l’idea dell’esistenza reale, non solo possibile, di universi alternativi tra i quali solo il nostro realizza quella «sintonia fine» che ci permette di esistere, l’analogia appare evidente. «Se lo scenario offerto dalla teoria M è corretto – spiega Clarck –, allora ogni universo possibile è reale, così come è reale ogni possibile combinazione delle costanti di natura. È inevitabile che esista almeno un universo compatibile con la vita umana, a prescindere dalle condizioni stringenti cui dovrebbero obbedire le sue leggi fisiche. In quest’ottica, il nostro Universo non ha nulla di speciale rispetto agli altri: ci siamo semplicemente evoluti in quello più adatto a una forma di vita come la nostra. Viene meno il bisogno cosmologico di Dio». Se Clarck ha ragione, che cosa ci resta? Forse, soprattutto, la saggia distinzione di Galileo: «La Bibbia insegna come andare in cielo; non come va il cielo».