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 2012  luglio 07 Sabato calendario

Macché, il matrimonio è una cella a due posti - Non sono contrario al matrimonio, ma contro quelli che si sposano senza sapere ciò che fanno e a cosa vanno incontro; e sono la maggioranza

Macché, il matrimonio è una cella a due posti - Non sono contrario al matrimonio, ma contro quelli che si sposano senza sapere ciò che fanno e a cosa vanno incontro; e sono la maggioranza. Una maggioranza di sconsiderati, di leggeroni convinti che la vita a due somigli allo spot televisivo del Mulino Bian­co. Un ragazzo e una ragazza, se si piacciono, credono sia giusto mette­re su casetta e ufficializzare in chiesa o in municipio la loro storia. Non pen­sano che, come recita la vecchia can­zone - mi pare napoletana - , «dopo i confetti escono i difetti». Non pensa­no che la fatal cerimonia, con tanto di abito bianco per lei e scuro per lui, sia in realtà un contratto che comporta diritti e doveri, soprattutto rotture di scatole, almeno una al dì. Già, il matrimonio. Se lo conosci lo eviti o lo accetti nella consapevolez­za che ad alcuni vantaggi corrispon­dono altrettanti svantaggi. Insom­ma, chi compie il passo deve immagi­nare come sarà il suo futuro; e se non riesce a farlo, si avvalga almeno della esperienza altrui, sempre molto istruttiva. Per cominciare dia un’oc­chiata alle statistiche: si renderà con­to che tra separazioni e divorzi, un ter­zo delle coppie si sfascia dopo quat­tro o cinque anni. Tanto è vero che in alcuni piccoli Comuni del Nord, se uno va all’anagrafe a ritirare i docu­menti per sposarsi, contestualmen­te, l’impiegato gli offre quelli per an­dare dal giudice allo scopo di scioglie­re il vincolo. Occorre tener presente, nel mo­mento della decisione (revocabile sulla carta, onerosissima nei fatti), che c’è amore e amore. Bisogna di­stinguere e prevedere. Non solamen­te i giovani sono attratti da un uomo o da una donna: in questo campo il gap generazionale ha un peso relativo o è irrilevante. Quando sei innamorato sei in uno stato di grazia: guardi il mondo attraverso lenti rosa e tutto ti appare gradevole, bello, romantico se non addirittura poetico. Poi, però, quel sentimento, tanto tenero da illu­derti sia indistruttibile, cambia, ecco­me se cambia. Nella migliore delle ipotesi si trasforma e si consolida, se non si hanno i piedi saldamente anco­rati sulle nuvole. La prova del nove è la convivenza in un bilocale o triloca­le, è uguale.Negli spazi ristretti l’amo­re riceve duri colpi. La camera da let­to: dormire l’uno accanto all’altro ogni notte è devastante. Qui perfino la tolleranza è a rischio. Uno starnuto si sopporta. Due o tre anche, ma di­ciotto starnuti fanno saltare i nervi an­che a un frate trappista che, peraltro, non ha di questi problemi perché si presume abbia una cella tutta per sé. E che dire della televisione: se non è accesa, lui non si addormenta; lei, viceversa, se non è spenta non chiu­de occhio. Lui pretende il massimo della luce, lei il massimo del buio. Il lettore obietterà: sciocchezze, ci vuol altro. Nossignori. Marito e moglie non litigano mai per questioni serie. Si sono consumati uxoricidi per moti­vi banali: magari perché la «minestra in questa casa è sempre troppo sala­ta, sono dieci anni che ti prego di non insaporirla così». La discussione si in­fiamma anche per molto meno; se fi­nisce male non c’è da stupirsi. Ovvia­mente scherzo, ma non tanto. Un dramma è la mancanza di dop­pi servizi: come si fa a campare con un bagno solo? Chi è in grado di resi­stere a simile obbrobrio è votato al martirio, e concluderà di sicuro il pro­prio percorso terreno a fianco della medesima sposa. Non vi sono dubbi. C’è dell’altro.Se il matrimonio è al­lietato (o funestato) dalla nascita di uno o più figli, l’affare si complica. Sull’educazione dei pargoli si scate­nano entrambi i genitori, uno dei due o cede all’idea dell’altro o è rissa perpetua. «Se il bambino è stupido ha preso da te. Se è bravo assomiglia a me». La scelta della scuola, del li­ceo e della facoltà è sempre travaglia­ta e fonte di dibattiti che si concludo­no con porte sbattute, minacce più o meno velate, previsioni catastrofi­che. Contenziosi che si dirimono sol­tanto per rinuncia disperata di una parte, come quelli relativi alle vacan­ze: a lui piace il mare, a lei la monta­gna. Ancora stupidaggini? Sì, lo so­no. La vita è una sequela di stupidag­gini che in famiglia, causa ripetitivi­tà, ingigantiscono e incancrenisco­no. Sorvoliamo sui tradimenti, spesso ipotetici, che è anche peggio. Marito e moglie, indifferentemente, preferi­scono sapere di essere cornuti che so­spettare di esserlo. Il sospetto è un trapano che uccide lentamente, pro­cura sofferenze atroci perché la vitti­ma non sei tu, è il tuo orgoglio, la di­gnità. C’è gente che non regge allo stress matrimoniale e, dopo un in­ciampo o due o tre, cerca una via di fu­ga. Suppone che la soluzione sia il di­stacco. Tenderebbe al ripudio, ma ri­piega sulla separazione - quasi mai consensuale- e sul divorzio. Ignora o sottovaluta ciò che lo attende. Il suo reddito si dimezza: due case, doppie bollette, doppie spese. Ma lo stipen­dio non aumenta. La metà dei nuovi poveri è costitui­ta da divorziati, frustrati, infelici, ab­bandonati a se stessi. Chi ha buone ri­sorse economiche spera di cavarse­la. Non se la cava. Appena si è libera­to dalla gabbia che lo imprigionava, di norma inizia a costruirsene attor­no una identica: si risposa. Povero lui. Se non ha difeso il primo matri­monio, non difenderà neppure il se­condo. È noto. Tutti tendiamo a ripe­tere gli stessi errori, perché non pren­diamo atto dei nostri difetti e, quindi, non li correggiamo, mentre non sia­mo disposti a perdonare quelli al­trui, in particolare del coniuge. E allora? Semplice. O rimaniamo single oppure, saggiamente, ci rasse­gniamo. Quando la passione volge al termine, anziché ribellarci ingenua­mente a una legge di natura ( per defi­nizione la passione passa; le due pa­role hanno la stessa radice), impe­gniamoci ad affrontare la metamor­fosi dell’amore, che non è un senti­mento statico, ma incline a elevarsi verso il mutuo soccorso, tipico col­lante di un legame forte e imprescin­dibile. Due persone che si stringono la mano e non si lasciano più, perché si vogliono davvero bene, nonostan­te le amarezze e i torti subiti e provo­cati. In due ci si divide anche il dolo­re, e si patisce la metà.