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 2012  luglio 07 Sabato calendario

Scala, il cavallo zoppo di Ermolli - Ippodromo Le Bettole, Varese, martedì sera. Arriva al decimo posto «Lupo grigio», il cavallo dato per favorito da Bruno Ermolli

Scala, il cavallo zoppo di Ermolli - Ippodromo Le Bettole, Varese, martedì sera. Arriva al decimo posto «Lupo grigio», il cavallo dato per favorito da Bruno Ermolli. Il superconsulente aziendale di secolare fede berlusconiana consegna il trofeo intitolato a suo padre - commendator Guido - a «El Cortijo», il vincitore. Previsione non azzeccata: poca cosa nei giorni di ben altre grane per il vicepresidente della Scala. Ermolli che, ogni luglio, accoglie in tribuna i suoi ospiti (quest’anno - prima estate del governo dei tecnici - non ci sono più ministri, tantomeno i leghisti; in compenso tra celebri avvocati riappare in pubblico, dopo il crac, Salvatore Ligresti) ha un suo vero purosangue azzoppato. Fu infatti Ermolli nel 2005 a risolvere la crisi al Teatro della Scala (dopo lo scontro con l’orchestra il maestro Riccardo Muti aveva detto addio a Milano) scovando Stéphane Lissner, direttore del festival di Aix-en-Provence: un lupo grigio d’importazione poco noto al pubblico ma assai affascinante. Circolò la voce che il suo nome in realtà era stato sussurrato da madame Chirac al premier Berlusconi; persino il melomane più competente dell’entourage berlusconiano, Fedele Confalonieri, non nascose la sua contrarietà. Lissner divenne il primo sovrintendente straniero (è anche direttore artistico pur se non è un musicista) nella lunga e gloriosa storia della Scala ed Ermolli, gran collettore di fondi pubblici e privati per la Fondazione Scala, il vero dominus del Teatro mentre il sindaco Letizia Moratti girava il mondo a caccia di Expo. Dopo la batosta elettorale nella capitale del centrodestra Ermolli per alcuni mesi si fa crescere la barba ma, sorprendendo anche i suoi fan, il nuovo sindaco e presidente della Fondazione, Giuliano Pisapia, alla Scala non cambia i suoi cavalli e rinnova il contratto di Lissner fino al 2017. E’ il 18 giugno, in sintonia con la politica di rigore della nuova giunta, Lissner annuncia che lui e altri 11 top manager del teatro si ridurranno lo stipendio del 10%. Quel beau geste! In realtà, una stecca fatale per il sovrintendente francese. Dietro le quinte iniziano i mugugni, circolano veleni; alla fine una manina fa uscire il segreto per anni meglio custodito di Milano: lo stipendio d’oro di Lissner, 1 milione di euro l’anno tra voci fisse e variabili, premi e bonus e un gran numero di benefit a cominciare dall’affitto - 85 mila euro l’anno - di un appartamento in zona Brera, nella superchic piazza del Carmine. Tutto questo mentre a Milano 20 mila famiglie sono in lista d’attesa per una casa popolare e nel celebre teatro si parla di tagli di spettacoli e di posti di lavoro. Caos in teatro, polemiche trasversali, resa dei conti. Prima vera grana per Pisapia attaccato paradossalmente dal centrodestra (Formigoni e il «Giornale») mentre la Cgil chiede di confrontare lo stipendio di Lissner con quello degli altri direttori europei e dei suoi predecessori. Presto fatto: l’industriale Antonio Ghiringhelli, che dal 1945 amministrò con rigore per 27 anni la Scala non volle mai una lira. Anzi. Anticipò i soldi per ricostruire il teatro distrutto dalle bombe. Paolo Grassi, fondatore con Strehler del Piccolo Teatro, come sovrintendente dal ’72 al ’77 guadagnava 500 mila lire al mese (per aiutarlo con un escamotage Palazzo Marino gli fece avere altre 500 mila); con il suo magro stipendio si pagava l’affitto di una casa in via Medici, per amore della Scala si mangiò la liquidazione del Piccolo. Il suo successore, Carlo Badini, alla fine del mandato nel ’90 aveva uno stipendio di 160 milioni di lire lordi l’anno (dall’87 per legge i sovrintendenti sono equiparati ai dirigenti d’azienda); pendolare da Bologna a Milano, Badini viveva in un pied-à-terre. Carlo Fontana, che guidò la nascita della Fondazione, dopo 15 anni alla Scala guadagnava 180 mila euro lordi, più un bonus di produzione di circa 25 mila euro; 120 mila euro era lo stipendio del direttore artistico Paolo Arcà. Morale: prima di Lissner, il cavallo francese dello scaltro Ermolli, nessuno aveva mai avuto un simile stipendio, tantomeno una casa. Altra musica, altro stile, altro senso delle istituzioni.