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 2012  luglio 08 Domenica calendario

NELLA DISPENSA DELLE IDEE

Il pensiero procede spesso per associazione d’idee. Questa è un’opinione piuttosto diffusa che risale almeno al Settecento. Una volta formate, le idee si possono comporre e scomporre e comunque correlare tra di loro sulla base di una più o meno marcata somiglianza o dissimiglianza, e si può chiamare associazione il meccanismo che si trova al centro di tali processi. È tramite il meccanismo dell’associazione che si consolidano, si memorizzano, si allacciano e si slacciano le idee elementari e quindi è attraverso l’operato delle più diverse associazioni che si formano le idee complesse, cioè le idee vere e proprie.
Ma che cos’è l’associazione d’idee? E perché certe idee procedono associate? La riflessione su questi temi ha portato a suo tempo a interessanti formulazioni teoriche sulla strada dell’identificazione dei princìpi seguiti dal processo associativo. Thomas Hobbes assegnò grande importanza a concetti quali quelli di successione, sequenza, serie, conseguenza, coerenza, svolgimento ordinato d’immagini o di pensieri, nel procedere della vita mentale. John Locke introdusse poi esplicitamente il termine di associazione d’idee, ma toccò a David Hume il compito di porsi espressamente la questione della natura dei princìpi dell’associazione di pensieri e di idee, che ridusse essenzialmente a tre: somiglianza, continuità nel tempo e nello spazio e rapporto di causa ed effetto. Una posizione rigorosa fu sostenuta da James Mill, padre di John Stuart Mill, che affermò fra l’altro: «Le nostre idee nascono nell’ordine in cui si sono succedute le sensazioni di cui esse costituiscono le copie. Questa è l’associazione delle idee, espressione con la quale, ricordiamolo, non s’intende indicare altro se non l’ordine in cui si presentano».
Delle tante ipotesi proposte, una delle più vivide è quindi quella secondo la quale idee apprese o concepite più o meno nello stesso tempo rimangano in qualche modo preferenzialmente associate tra di loro. Ebbene, le moderne neuroscienze sembrano fornire un forte appiglio a tale convinzione e forniscono un modello per pensare a idee associate nel tempo, perché acquisite nella stessa ondata di neurogenesi nell’ippocampo.
Vediamo di che si tratta.
Fino a una trentina di anni fa si riteneva che le cellule nervose del cervello non potessero rigenerarsi e rinnovarsi. Ci tenevamo per tutta la vita quelle che possedevamo alla nascita, a parte possibili perdite accidentali dovute a morte cellulare; di nuove non ne nascevano e quelle morte non potevano venire rimpiazzate. Il quadro è oggi un po’ cambiato. Anche se la stragrande maggioranza dei neuroni del cervello restano gli stessi per tutta la vita e se muoiono non vengono sostituiti, esistono due specifiche regioni cerebrali dove si osserva un certo tasso di neurogenesi, cioè di nascita di neuroni nuovi, anche nell’adulto. A cosa servono questi neuroni freschi? Quale ruolo giocano nella dinamica del cervello? Da queste domande è partita una ricerca ora pubblicata su «Nature».

Due sono le regioni del cervello adulto dove si possono osservare discreti livelli di neurogenesi, chiamiamola neurogenesi adulta: tutt’intorno alla superficie dei ventricoli cerebrali e nell’ippocampo. Il ruolo dei neuroni neonati nella prima regione è abbastanza ben compreso: dopo un lungo viaggio vanno a rimpiazzare le cellule nervose che sono morte nel frattempo nel bulbo olfattivo, la regione cerebrale che sovrintende all’odorato e all’elaborazione degli stimoli olfattivi. Meno chiaro, anche se potenzialmente molto più interessante, è ciò che possono fare i neuroni che nascono in continuazione nell’ippocampo, l’organo primariamente deputato alla fissazione dei ricordi.
Se c’è una cosa che sembra richiedere stabilità e continuità, questa è proprio la memoria, e a prima vista appare quasi paradossale che per quella occorra mettere in continuazione «nuova carne al fuoco», alterando così l’architettura complessiva dell’ippocampo adulto. D’altra parte la fissazione di nuovi ricordi è una cosa diversa dalla loro conservazione. Ed è proprio nel meccanismo di fissazione dei nuovi ricordi che sembrano giocare un ruolo i nuovi neuroni che nascono via via in una regione specifica dell’ippocampo adulto, il cosiddetto giro dentato, una regione chiaramente coinvolta nell’apprendimento di nuove nozioni. A tale proposito, si sa da tempo che ogni situazione che favorisce nuovi apprendimenti porta a un aumento della neurogenesi nell’ippocampo, mentre situazioni avverse all’apprendimento, e fra queste l’invecchiamento, conducono a una riduzione, anche se contenuta, dell’intensità di tale processo. I neuroni appena formati diverranno poi cellule mature inserite nella struttura definitiva del giro dentato, sotto forma di cellule granulari destinate a inviare i segnali nervosi fuori dal giro dentato e dall’ippocampo stesso.

Quella che è in gioco in ogni caso è la dimensione temporale dei ricordi. Il ricordo dei diversi eventi che si succedono nel tempo sembra interessare ondate diverse di neurogenesi. I neuroni nati in una determinata ondata appaiono funzionare come integratori del ricordo di eventi contemporanei o temporalmente adiacenti, mentre quelli formati in una differente ondata contribuiscono al ricordo, chiaramente distinto dal primo, di un altro gruppo di eventi fra di loro temporalmente adiacenti, dando così luogo ad associazioni temporali separate nella cosiddetta memoria episodica. Tale ruolo d’integratori di eventi vicini nel tempo e di separatori di gruppi di eventi appresi in tempi diversi sembra poi essere ereditato dalle cellule granulari che vanno poi via via maturando da questi neuroni neoformati, in un processo che richiede qualche tempo.
Sarebbe come se mettessimo in cassetti diversi i ricordi che si riferiscono a periodi di tempo diversi. Non è ovviamente così, ma la metafora rende l’idea e sembra dare un fondato motivo alla necessità di un’attiva produzione di nuovi neuroni nel corso dell’apprendimento di nuove nozioni. È poi ancora tutto da vedere se questo fenomeno si potrà estendere dalla memoria episodica, cioè la memoria degli eventi, anche a quella semantica, cioè la memoria delle nozioni. Vedremo. Ma non è ancora tutto qui.
Edoardo Boncinelli