Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 08/07/2012, 8 luglio 2012
LA RUSSIA E LA GRANDE CATERINA MOLTE CONQUISTE, POCHE RIFORME
Nella risposta al lettore che chiedeva ragguagli sui riformatori russi il nome della grande Caterina non compare. Battezzata come Sofia Augusta Federica nacque a Stettino, in Pomerania, da Cristiano Augusto, principe tedesco di Anhalt-Zerbst, e da Elisabetta di Holstein ed era stata scelta dalla zarina Elisabetta come moglie per suo nipote Pietro, che intendeva designare come suo erede. Sofia cambiò il suo nome in «Caterina» (Ekaterina o Jekaterina) quando si convertì alla fede russo-ortodossa. Il matrimonio si rivelò presto infelice. Caterina divenne ben presto popolare presso molti potenti gruppi di opinione che si opponevano al marito. Nel 1762 Pietro salì al trono come Pietro III di Russia, ma le sue stranezze e la sua politica favorevole alla Prussia lo resero inviso proprio a quei gruppi con cui Caterina in precedenza mantenne e sviluppò buoni rapporti. Grigorij Orlov, amante di Caterina, guidò una cospirazione per incoronarla. Meno di sei mesi dopo la sua salita al trono, il 17 luglio 1762, Pietro venne assassinato dopo che ebbe abdicato in favore della moglie. Probabilmente il contegno morale di Caterina lasciò a desiderare, ma dimenticare il suo nome, data l’importanza che ebbe nel determinare le sorti della Russia, mi sembra imperdonabile.
Franca Piccinini
franchinadolce@tiscali.it
Cara Signora, Caterina fu un grande personaggio della storia europea ed ebbe molti meriti. Conosceva la migliore letteratura illuminista del Settecento (Diderot, Voltaire, Montesquieu, Beccaria), si era attentamente informata sul sistema amministrativo britannico, desiderava rendere la sua nuova patria più europea e civile, voleva legare il suo nome a un grande progetto riformatore. Sapeva che la servitù della gleba era un ostacolo al progresso del Paese e che occorreva favorire nuove iniziative economiche. Sapeva che era necessario decentrare il potere e conferire maggiori responsabilità alle province dell’Impero. Era quindi un «tiranno illuminato», nello stile dei grandi sovrani e pubblici amministratori dell’epoca, da Federico il Grande a Maria Teresa e Giuseppe II, dal marchese di Pombal in Portogallo a Bernardo Tanucci nel regno di Napoli. La grande commissione legislativa, istituita nel 1766 per la modernizzazione e l’unificazione della sterminata legislazione imperiale, sembrò rappresentare l’inizio di una grande fase costituente e fu salutata con entusiasmo da tutti i maggiori riformatori occidentali.
La realtà fu inferiore alle aspettative dei molti estimatori di Caterina. I lavori della Commissione legislativa durarono un anno e mezzo, ma furono dominati dai conflitti d’interessi fra i rappresentanti delle grandi categorie sociali che ne facevano parte e produssero soltanto progetti confusi e buoni propositi. La riforma dell’amministrazione locale dette qualche buon risultato, ma Caterina non osò intaccare né gli antichi privilegi della nobiltà russa, né i sacrosanti principi dell’autocrazia imperiale. La servitù della gleba sopravvisse alle ambizioni riformatrici dell’imperatrice e il numero dei servi fu considerevolmente aumentato dal dono di terre statali con cui l’imperatrice premiava i suoi amanti (furono, a quanto pare, ventuno) e i suoi cortigiani. La rivolta del cosacco Pugaciov nel 1772 favorì la politica del decentramento, ma in un quadro in cui l’autocrazia russa era sempre meno incline a qualsiasi radicale riforma. Le guerre con cui Caterina estese l’impero — a ovest contro la Polonia, a sud-est contro l’Impero ottomano — assorbirono buona parte del suo regno e sono ancora, agli occhi della Russia, il suo maggiore titolo di gloria. In ultima analisi Caterina fu molto più conquistatrice che riformatrice.
Sergio Romano