Vera Schiavazzi, la Repubblica 8/7/2012, 8 luglio 2012
TORNANO I FIGLI DELLA RUOTA ABBANDONI IN AUMENTO “COSÌ LA LEGGE TUTELA I NEONATI”
Un gesto d’amore estremo, preparato con cura, con le tutine piegate e il latte della mamma nel biberon. Chi ha abbandonato il piccolo trovato venerdì sera nella “culla per la vita” della Mangiagalli non è un criminale, né una madre degenere, ma, probabilmente, una donna che dopo aver dato alla luce il suo bambino e averlo allattato e curato per almeno 6 giorni ha scelto quel che riteneva meglio per lui. Una clinica dove verrà curato (il piccolo Mario è sottopeso, forse perché nato prematuro) e accompagnato verso la sua nuova vita. Presto, prestissimo, per lui arriverà anche una famiglia: già ieri il centralino della Mangiagalli è stato preso d’assalto da aspiranti genitori adottivi, una reazione emotiva a una storia commovente, che contiene però una grande verità. Mario, e la coppia che lo adotterà, sono un caso fortunato, uno dei pochi che consentono a dei giovani genitori giudicati idonei all’adozione di accogliere un neonato di poche settimane. Come il piccolo milanese, altri 400 bambini vengono dichiarati adottabili ogni anno in Italia poco dopo la nascita. Sono i bambini nati da donne che, pur senza far ricorso alle “ruote” sistemate in vari ospedali, partoriscono e scelgono di non essere nominate, come prevede una legge tra le più avanzate del mondo. «Nelle grandi
metropoli l’abbandono è ormai una routine — spiega Melita Cavallo, presidente del Tribunale dei minori di Roma — Ma quando abbiamo a che fare con casi di grande precarietà sociale e morale, la scelta dell’abbandono va vista come una scelta responsabile. È il modo per evitare che il figlio finisca nel baratro, concedendogli la possibilità di trovare una nuova famiglia che gli dia amore».
Le statistiche dicono che le donne che non riconoscono il proprio figlio alla nascita sono spesso straniere (70 per cento), giovani alla prima gravidanza, prive di un compagno e di un lavoro stabile, o timorose di perderlo se dovessero tenere il bambino. «Soprattutto nelle grandi città dove l’immigrazione raggiunge livelli altissimi, i casi di abbandono raggiungono anche le cinquanta unità in un anno — conferma Cavallo — Non condivido la condanna morale verso queste donne. Quando mi capitano casi di abbandono dovuti a storie di alcolismo, tossicodipendenza o di maltrattamenti invito la persona a riflettere sul gesto responsabile legato
all’abbandono. E poi, non siamo ipocriti: una mamma senza casa e lavoro come potrebbe garantire un futuro sereno al proprio figlio? Il gesto di abbandono dunque è dettato dalla responsabilità, dalla volontà di non trascinare nel baratro il bambino. Piuttosto, sarebbe giusto offrire anche a queste persone la possibilità di lasciare i propri dati in un fascicolo accessibile al figlio una volta maggiorenne».
Il dibattito è aperto. Chi lascia un
bimbo in ospedale subito dopo il parto ha tempo tre mesi per ripensarci. Una possibilità che la mamma del piccolo Mario quasi certamente non avrà, anche se, come prevede la legge, la questura di Milano è al lavoro per ricostruire la vicenda. «Non credo che la rivedremo », dice Basilio Tiso, direttore sanitario alla Mangiagalli. «Quella madre, chiunque sia, ha fatto la sua scelta, ora tocca a noi prenderci cura del bambino in attesa delle decisioni
del Tribunale. Come facciamo ogni anno in 7 o 8 casi». Che, con ogni probabilità, troverà per il piccolo una prima famiglia “di emergenza”, scelta tra coppie già sperimentate che hanno dato la loro disponibilità ad accogliere bambini anche piccolissimi, e poi dichiarerà il piccolo adottabile: a 90 giorni, Mario Mangiagalli potrebbe cambiare nome e cominciare la sua nuova vita lontano dai riflettori. Non ci sono reati dietro il suo abbandono,
dato che non è stato esposto ad alcun pericolo, non ci sono delinquenti da assicurare alla giustizia, solo una storia disperata che forse non si potrà mai ricostruire
del tutto.
«Quello di Mario è il primo caso dal 2007, ma speriamo che serva a far conoscere meglio questa possibilità e dunque a prevenire abbandoni ben più crudeli, che mettono a rischio la vita del neonato», dice Giulio Boscagli, l’assessore alla famiglia della Regione Lombardia. Non è d’accordo il presidente dei Radicali italiani, il ginecologo Silvio Viale: «A dover essere conosciuta meglio è la legge che consente alle donne di partorire con sicurezza in ospedale pur mantenendo l’anonimato ». E una proposta di legge che prevede “ruote degli innocenti” in tutti gli ospedali è già stata depositata dalla Lega Nord a Palazzo Madama. Per essere efficaci, le “culle della vita” devono essere
monitorate 24 ore su 24, proprio come è successo alla Mangiagalli, dove la chiusura dello sportello fa scattare l’allarme, e come avviene in altri Paesi, primo fra tutti la Germania, seguita, in Europa, da Romania e Polonia, mentre in Ungheria esistono 26 “baby box”. Non tutti sono d’accordo, però: secondo una risoluzione delle Nazioni Unite del 2010, le “ruote” possono trasmettere un messaggio negativo, incoraggiando le donne agli abbandoni.