Francesco Specchia, Libero 7/7/2012, 7 luglio 2012
CINQUANTAMILA EURO A INTERVISTA: LA STAMPA FA L’INCHINO A SCHETTINO
Ci manca solo che “l’inchino”ora lo facciamo noi giornalisti. Ci manca solo d’ancorarci all’ani - ma nera di Francesco Schettino, ai trentadue morti che gli galleggiano nella coscienza, alla mezzanotte d’infamia del Concordia. Ci manca solo che, d’ora in poi - come ha fatto l’altra sera il programma Quinta colonna di Canale 5, spero non pagando - che i media illuminino il faccione del comandante del Giglio, mentre vende la sua versione della tragedia con base d’asta di «offerta intorno ai 50 mila euro». A tanto ammonta, infatti, il prezzo che Schettino ha fissato per l’esclusiva delle proprie interviste, aggiungendo con orgoglio di avere già «la proposta di un canale televisivo e di un settimanale »; e non abbiamo motivo per non credergli. E non è escluso che il prezzo salga con lo share, tanto per parlarci chiaro. L’avvocato Paolo Bastianini difensore del capitano è perentorio: «Inutile correre fino a Meta di Sorrento (il paese natio, che fa gli fa quadrato attorno, ndr): Schettino non uscirà di casa e non parlerà. Chiunque andrà, rimarrà davanti alla porta». E così, dopo l’ipotesi terrificante di un libro per un editore Usa, spuntano le interviste a pagamento. E hai voglia a giustificare che per pagarsi le spese processuali a Schettino non basterebbe una vita . E hai voglia a gridare, come fa il Codacons di Carlo Rienzi sedicente paladino dei consumatori, che «i compensi che il comandante Francesco Schettino riceverà dai mass media italiani e stranieri per eventuali interviste esclusive, devono essere sequestrati a scopo cautelativo». Hai voglia, perfino, a ricordare, in una sorta di mantra collettivo, che contro il comandante codardo, la procura di Grosseto ha formulato le accuse di omicidio plurimo colposo, naufragio, abbandono di incapaci, abbandono della nave e omessa comunicazione alle autorità marittime. Non serve nemmeno che alcuni dei parenti delle vittime commentino con dignità: «In questo Paese non c’è giustizia. Le leggi favoriscono chi sbaglia e non tutelano i cittadini, le vittime. È vero: un uomo è innocente fino al giorno in cui non interviene una sentenza della Corte di Cassazione ma, è assurdo che dopo 5 mesi e mezzo il principale indagato per quanto accaduto davanti al Giglio sia già fuori, libero di godersi il sole e il mare». Schettino è fuori, con tutto il fragore della sua incompetenza. Ma rimane sempre in grado di torcere la realtà, perché «è stato il mio fiuto, il mestiere, il saper riconoscere il mare a farmi fare quella sterzata repentina a dritta», dice lui «in quel momento una mano divina si è sicuramente posata sulla mia testa. Se avessi continuato su quella rotta, avremmo colpito lo scoglio con la prua. Sarebbe stata un’ecatombe». L’ecatombe c’è stata, ma è un olocausto di dignità collettiva. «Chi sperava di incontrare Schettino per strada è rimasto deluso...», rimarcava ieri l’inviato proprio di Quinta Colonna (massacrato su Twitter). Ma chi spera d’incontrarlo? Schettino rappresenta tutto ciò che l’Italia non dev’essere. Nemmeno per chi di mestiere cerca notizie. Il Concordia, certo, è un paradosso moderno: coacervo di misteri e di eroismi, di palese idiozia e d’insospettata solidarietà. Ma, nonostante i paragoni suggestivi emanati dalla letteratura, qui non siamo affatto sulla Patna, la goletta carica di pellegrini diretti a La Meccae abbandonati da Lord Jim nella tempesta. Anzi. La sola cosa certa è che Schettino, appunto, non è l’eroe di Conrad. Che ebbe la forza di non ammazzarsi, di forzarsi a una seconda possibilità; e di procurarsi, infine, da solo, una morte valorosa. Schettino deve rimanere un memento silenzioso. Tra il diritto di cronaca a pagamento e il diritto all’oblio dei morti in mare, adesso sarebbe il caso prevalesse il secondo...