Danilo Taino, Corriere della sera, 6 luglio 2012, 6 luglio 2012
OFFICINA «ADDIO ALLE ARMI»: SVELATI I 47 FINALI
Il capolavoro di Ernest Hemingway esce negli Stati Uniti con le varianti alla conclusione abbozzate dall’autore
NEW YORK - Per quanto il mondo la possa pensare diversamente, Ernest Hemingway aveva i suoi dubbi. Magari non sulle donne, magari non sulle dimensioni dei marlin che pescava, magari non sul senso dell’eroismo. Sul finale di Addio alle Armi, il suo capolavoro sulla Prima guerra mondiale, però sì. Lo riscrisse 39 volte prima di essere soddisfatto, confessò egli stesso in un’intervista nel 1958. In realtà quella volta non esagerò: i tentativi di finale poi appallottolati furono 47 e la settimana prossima verranno pubblicati dall’editore storico di Hemingway, Scribner (Simon & Schuster) in una nuova edizione del romanzo. Per la prima volta tutti 47 assieme, numerati e titolati e con le correzioni a mano dello scrittore.
Addio alle Armi, romanzo di passione, nell’edizione definitiva del 1929 termina freddamente, subito dopo la morte di Catherine: «Dopo un po’ uscii e lasciai l’ospedale e tornai all’albergo nella pioggia». Non era però questo il finale più triste e pessimista pensato da Hemingway. Ieri, il «New York Times» ha pubblicato alcune delle 47 alternative: in qualche caso si tratta di una riga sola, in qualche altro di interi paragrafi. E spesso si tratta di conclusioni che vorrebbero trarre una morale universale, in modo breve e secco com’era nello stile dello scrittore: il quale poi, forse per fortuna, scelse l’uscita di scena del protagonista, nella pioggia, che va nel profondo più di qualsiasi commento.
Nel finale alternativo numero uno, titolato «Nada», la conclusione è gelida: «Questo è il tutto della storia. Catherine morì e voi morirete e io morirò e ciò è tutto quello che posso promettervi». La conclusione chiamata «Live-Baby», la numero sette, dice, con una gravità eccessiva: «Non c’è fine eccetto la morte e la nascita è solo l’inizio». Più articolato il finale «Fitzgerald», che a Hemingway fu suggerito dall’amico Francis Scott Fitzgerald. Qui lo scrittore dice che «il mondo spezza chiunque» e chi «non spezza uccide»: «Uccide i buoni e i garbati e i coraggiosi imparzialmente. Se non sei tra questi puoi essere certo che ammazzerà anche te ma non avrà troppa fretta».
Nell’intervista del 1958 alla «Paris Review», Hemingway spiegò che scrisse e riscrisse le ultime righe con il solo obiettivo di «scegliere le parole giuste». Sarà anche stato così, ma una frase piuttosto che un’altra a chiusura di un romanzo di amore e di morte mettono cornici abbastanza diverse attorno alle oltre 300 pagine.
La nuova edizione si basa sui materiali della Ernest Hemingway Collection che dal 1979 sono conservati al John F. Kennedy Presidential Library and Museum di Boston: un pronipote dello scrittore, Seán Hemingway, li ha consultati a lungo e alla fine ha trovato 47 variazioni, con cancellature, rifacimenti, abbandoni che danno anche l’idea di come uno scrittore lavorasse nell’era precedente a quella del computer. Nell’edizione di Addio alle Armi che uscirà la settimana prossima, saranno riportati anche alcuni titoli che Hemingway aveva pensato in alternativa a A Farewell to Arms: il romantico Love in War, l’un po’ manualistico Of Wounds and Other Causes («Delle ferite e di altre cause»), il misterioso Every Night and All («Ogni notte e tutte»).
Dietro alla nuova pubblicazione c’è probabilmente anche l’obiettivo di raddrizzare l’immagine di Papa-Hemingway, che nel corso degli anni è via via scivolata verso quella di un anti-femminista, machista ad alta gradazione alcolica: l’editore e gli eredi vorrebbero riportare al centro dell’interesse la sua opera più che le bevute. Anche l’apparizione del giovane scrittore in Midnight in Paris, di Woody Allen, andrebbe in questo senso: un Hemingway neanche troppo spaccone e generoso. Ora anche dubbioso.