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 2012  luglio 08 Domenica calendario

FRANCIA, VA IN PENSIONE L’ULTIMO GUARDIANO DEL FARO


Cordouan era stato costruito nel 1611, era il più antico dei 150 fari disposti sui 5.500 chilometri della costa
L’addio Jean-Paul Eymond, che lavorava al faro di Gironda dal 1977
In Francia, quello di guardiano del faro era un mestiere in via d’estinzione. Venerdì scorso, è diventato un ex mestiere.
L’automazione di tutti i fari, iniziata nel 2006, è finita, simbolicamente, con il faro più vecchio del Paese, il più antico dei 150 che vegliano sui 5.500 chilometri di coste nazionali. Dal 1611, la torre di Cordouan, 67 metri e mezzo di altezza, 311 gradini per arrivare in cima, sorveglia l’estuario della Gironda, su un promontorio affacciato sull’Atlantico a sette chilometri di distanza dalla costa, nel dipartimento della CharenteMaritime. Da allora, da quell’anno remoto in cui Luigi XIII era appena diventato re e il cardinale di Richelieu non ancora primo ministro, lì hanno sempre vissuto degli uomini. Gli ultimi si alternavano in squadre di due e ogni turno di guardia durava due settimane. Venerdì, gli ultimi guardiani hanno restituito la chiave all’amministrazione.
Da tempo, il funzionamento del faro era automatizzato e loro stavano lì solo per la manutenzione e i rilevamenti della meteo e delle maree. Adesso è finita. In Francia non ci sarà più un guardiano del faro. La sicurezza della navigazione non dovrebbe rimetterci, il romanticismo sicuramente sì. Il veterano si chiama Jean-Paul Eymond e, da bravo francese grafomane, racconterà in un libro in uscita in autunno la sua vita nel faro di Cordouan. Ci entrò per la prima volta nel 1977: allora non c’era nemmeno il telefono (fu installato solo nel 1982) e i contatti con il resto del mondo erano affidati alla radio. E poi le tempeste, gli inverni interminabili, la solitudine e il silenzio. «Da una parte, c’è questa esistenza molto particolare, solitaria - ha raccontato al quotidiano locale "Sud-Ouest" -. Il calendario non conta mentre sei occupato a lavori molto diversi come la pulizia, la manutenzione dei cinque gruppi elettrogeni, le piccole riparazioni, la sorveglianza nei giorni di tempesta. Dall’altra parte, c’è una vita più sociale, con i visitatori nei giorni d’estate». Però il faro, ammette, «mi mancherà».
Insomma, fare il guardiano del faro è come andare in convento: ci vuole la vocazione. Lo spiega la mascotte della squadra, Dominique Pérez, a Cordouan da tre anni: «Lo sognavo quando ero ragazzino», forse perché, racconta, leggeva Defoe e Conrad. «E’ un mondo a parte. Hai le tue abitudini, la tua camera. Quando arrivi qui, è una vita molto particolare. Non tutti la sopportano. Una volta, è venuto un artigiano a fare dei lavori. Si doveva fermare per alcuni giorni. La prima sera ha avuto una crisi d’angoscia pensando che era prigioniero!». Il compagno vero è l’Atlantico, con le sue sfuriate e i suoi incanti. Chi viveva qui, lo faceva in camere di 16 metri quadrati, molto spartane (ma comunque molto più confortevoli che nel 1611). Delusione, queste celle non si affacciano sull’oceano, ma su un cortile interno. Sono dei posti adatti ai sognatori o agli artisti, concesso e non dato che ci sia differenza. Pérez infatti dipinge, scolpisce e scrive.

Resta il mito del faro. La durezza della vita sfocia nel romanticismo, la tempesta diventa metafora d’altro. Per questo i fari sono diventati oggi mete turistiche, attrazioni per comitive rumorose. E per questo il Musée de la Marine di Parigi (la Francia è talmente centralizzata che perfino il museo della Marina è nella capitale, dove il mare non c’è) presenta una mostra sui fari che ha gran successo, visitabile fino al 4 novembre. Perché i fari sono alti, misteriosi, solitari, forse un po’ sinistri, certamente affascinanti. E adesso anche vuoti.