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 2012  luglio 05 Giovedì calendario

Il sovrintendente della Scala costa 7 milioni agli italiani - La spending review si è fer­mata in piazza della Scala

Il sovrintendente della Scala costa 7 milioni agli italiani - La spending review si è fer­mata in piazza della Scala. Il so­vrintendente Stéphane Lissner co­sta al contribuente un milione l’anno. Anzi, a spulciare le cifre, qualcosa in più: 1 milione e 50 mi­la euro. Un tesoretto che mal si co­niuga con la politica tutta forbici predicata dal governo dei tecnici. Siamo in emergenza, tutti si taglia­no le retribuzioni, ma alla Scala l’austerità dev’essere confinata nel loggione. Certo, non nello stu­dio di Lissner. Che è arrivato nel 2005 e in sette anni dev’essere co­stato, a spanne, circa 7 milioni di euro. Non che il sovrintendente abbia avuto la mano fatata e abbia risolto i problemi del celeberrimo teatro. La Scala, al di là del blaso­ne planetario, zoppica: il deficit viaggia sui 4,5 milioni l’anno e se non ci fosse il generosissimo con­tributo delle istituzioni - circa 40 milioni l’anno - il palcoscenico più famoso del modo chiudereb­be in un amen. Per carità, non si può giudicare un’eccellenza italiana,come si de­finisce la Scala, con la logica conta­bile, ma i numeri straripanti di Lis­sner vanno conosciuti laicamen­te dall’opinione pubblica. Senza incipriarli nel mito. Dunque, si può spacchettare la sua retribu­zione voce per voce, fino a com­porre il faraonico emolumento. La base annua del suo stipen­dio, anche se il vocabolo a quelle altezze vertiginose appare ridutti­vo, è di 455mila euro lordi. A que­sti si aggiunge un incentivo, a quanto pare a portata di mano e sempre aggiunto, di 155mila eu­ro. E ancora una splendida dimo­ra, in pieno centro: l’affitto, a cari­co della fondazione alla Scala, è di circa 85mila euro. Poi ci sono i co­sti, che naturalmente non compa­iono nella busta paga: gli oneri. E qui vanno calcolati, grossomodo, altri 160 mila euro. Complessiva­mente siamo oltre gli 850mila eu­ro lordi, sempre su base annua. Potrebbe pure bastare, ma non basta. Perché nel sontuoso con­tratto, Lissner porta a casa anche un’auto, non proprio light : una Bmw serie 7. Una berlina extralus­so come Lissner che i comuni mor­tali vedono col binocolo come i melomani l’opera, in vendita da 79 mila euro in su. Ma la vita del so­vrintendente, per di più direttore artistico, non è semplice: certo Lis­sner non può comandare a bac­chetta un maggiordomo, come la Regina d’Inghilterra, ma può schierare un autista. Che costa 71 mila, euro e va a arricchire le sem­pr­e strabilianti statistiche sulle au­to blu. Insomma, a sommare tutti i pezzi del sistema Lissner si ri­schia di perdere il conto. Perché poi ci sono le missioni e qui scatta la diaria che non è quella di un di­pendente dello Stato, ma fa ulte­riormente lievitare i compensi del sovrintendente, anche se la cifra non è ufficialmente nota. E poi, per non farsi mancare niente, Lis­sner ha anche una carta di credito che è, per quel che si sa, a striscia­ta libera. Il sovrintendente può pu­re scordarsi il portafoglio a casa. E quando va in giro, per contratto, ha diritto a riposare in hotel a cin­que stelle. Una vita superaccesso­riata, la sua. Incredibile ma vero, al giro di boa del 2012, gli è stato pure rico­nosciuto un premio, da spalmare, sui prossimi cinque anni, di altri trecentomila euro. Fanno sessan­tamila euro l’anno, ottantamila con i costi che un simile ingaggio si porta dietro. In cda, quando la proposta è andata ai voti, solo Fio­renzo Tagliabue, consigliere di no­mina regionale, ha votato contro un regalo che francamente stona­va. E stride per due ragioni: la pri­ma perché siamo, pure dalle parti di piazza della Scala, in un’epoca di crisi in cui anche i più prestigio­si teatri d’opera faticano a stare in piedi; la seconda perché, con tut­ta onestà, non pare che Lissner ab­bia dato una svolta alla vita del­l’istituzione. Basta scorrere l’auto­revole studio della MicKinsey & Company per leggere frasi taglien­ti come frustate a proposito delle «principali criticità del teatro»: «Il funzionamento sub-ottimale del­la macchina operativa: gli elevati costi del personale; il potenziale inespresso di crescita delle entra­te ». «A fronte di questa situazione di partenza- prosegue implacabi­le il report - si constata un equili­brio economico- finanziario pre­cario ( 30 milioni di perdita nel pe­riodo 2012- 2015) e un piano di in­vestimenti poco sostenibile». Un mezzo disastro, anche se molti preferiscono vedere il bicchiere mezzo pieno. In questo contesto, Lissner de­ve aver fiutato l’aria e ha proposto una riduzione del 10 per cento del suo ingaggio. Se ne parlerà nel cda della Scala, la settimana prossi­ma; intanto va detto che nel lussu­reggiante labirinto di voci e bene­fit vari, l’entità della riduzione non è ancora chiara e non è stata messa a fuoco. Per carità, la mos­sa, che riguarda altri dodici diri­genti fra cui il maestro Daniel Ba­renboim, è apprezzabile ma po­trebbe anche fare l’effetto di una nube di coriandoli. E potrebbe ser­vire giusto a calmierare il bonus appena ottenuto. Una scalfittura dopo l’ultimo bonus.Gira e rigira, dietro il palcoscenico c’è sempre il sovrintendente più caro al mon­do. E il pareggio di bilancio resta lontano. Come la “produttività” dei principali concorrenti a livello internazionale,dall’Opera Bastil­le alla Royal Opera House. Ma que­sto discorso ci porterebbe lonta­no. E invece, in platea, si aspetta la spending review.