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 2012  luglio 04 Mercoledì calendario

“È TROPPO TEORICO”, IL PREMIER METTE NEL CASSETTO IL LAVORO DI GIAVAZZI

Ai turbamenti della memoria sono legate le intermittenze del cuore”. C’è la ragionevole certezza che Marcel Proust non pensasse ai bocconiani quando scrisse queste parole, eppure tornano volontarie alla mente se solo si indugia in questi giorni attorno alla figura di Francesco Giavazzi. Il nostro infatti - economista bocconiano, puntuto editorialista del Corriere della Sera, incaricato dall’ex preside (oggi a palazzo Chigi) di tagliare gli incentivi alle aziende, se solo ripensa alle sue “Analisi e raccomandazioni sui contributi pubblici alle imprese” finisce per perdere qualche battito (e, già che c’è, pure qualche battuta negli editoriali). Il motivo? La sua corposa relazione, consegnata al governo il 23 giugno, è sparita dai radar o, meglio, è stata sepolta in un cassetto da cui non si sa se uscirà mai. Il fatto è che all’altro bocconiano, nel senso di Mario Monti, pare che quel lavoro non sia piaciuto affatto, o almeno così si lasciano sfuggire, dopo lungo corteggiamento, un paio di fonti governative: “E’ troppo teorico – dice il primo interrogato - non sappiamo come utilizzarlo: magari ci torniamo tra un po’ salvando qualche principio generale”; “quel testo è inadeguato”, taglia corto il secondo. Giavazzi, evidentemente, che ieri abbiamo tentato inutilmente di contattare, sa bene cosa sta accadendo a Roma e lo testimoniano le intermittenze di cui sopra. In una lettera al suo giornale del 25 giugno, rispondeva - a chi gli chiedeva che fine avesse fatto il suo lavoro da “commissario governativo” - di averlo già ultimato e consegnato: “Il piccolo gruppo che ho coordinato ha fatto proposte concrete, ha cercato di stimarne gli effetti sulla crescita e ha anche provato a redigere uno schema di decreto legge. Sono certo che il presidente del Consiglio leggerà il documento con attenzione e mi auguro che lo troverà di qualche utilità”. Breve, conciso, sicuro di sé. Già lo era meno ieri, quando, alla fine di un suo editoriale sull’ultimo vertice europeo, s’è lasciato scappare un Post scriptum. Le intermittenze, appunto: “Riprendo a scrivere dopo aver consegnato al governo, il 23 giugno, il rapporto sui ‘Contributi pubblici alle imprese’, ed aver così esaurito l’incarico che mi era stato affidato. Mi auguro che quel lavoro sia di qualche utilità nell’ambito della spending review”. Forse che il professore si era dimenticato di averlo già scritto sullo stesso giornale? Più probabilmente si tratta invece di una sorta di “avviso ai navigati”, direbbe Dagospia: vi ricordo che io il lavoro l’ho consegnato, sono loro che lo nascondono perché non vogliono aggredire la spesa pubblica e ridurre il peso dello Stato eccetera (va ricordato che la maggior parte dei contributi alle imprese finiscono ad ex monopolisti come Fs o Poste). Giavazzi, d’altronde, è convinto di aver fatto un ottimo lavoro: i funzionari che hanno collaborato con lui l’hanno detto spesso ai colleghi. Chi abbia ragione su queste benedette “Analisi e raccomandazioni” – se l’editorialista o l’ex editorialista oggi premier, se siano cioè ottime o inadeguate – non è però dato sapere: quel testo rimane chiuso nei cassetti di palazzo Chigi. Non lo resterà a lungo però, è una previsione, visto che ormai sta diventando un caso politico: Francesco Boccia, per conto del Pd, ha presentato ieri una interrogazione al governo per sapere che fine abbia fatto. “Per noi – ci spiega – il riordino degli incentivi è molto importante: deve servire, nel breve periodo, ad abbassare le tasse. Non vorremmo che il tema fosse rinviato”. A scorrere la bozza di spending reviw pare proprio di sì.