Massimo Gaggi, Corriere della Sera 6/7/2012, 6 luglio 2012
LA PUBBLICITÀ INVADE ANCHE LE PAGELLE
Con Stato e città al collasso finanziario, le scuole pubbliche del Texas, a corto di fondi, vendono spazi pubblicitari ovunque: sulle fiancate degli school bus gialli, nelle palestre, perfino sulla faccia e sui tetti degli istituti. In Colorado sono andati ancora più in là: pubblicità anche nelle pagelle, tra le colonne dei voti.
Non è un fenomeno limitato (dallo Utah al New Jersey, le scuole di mezza America stanno ricorrendo alla pubblicità per compensare il taglio dei contributi pubblici) né nuovo: questa rubrica raccontò già anni fa di municipi e contee Usa che tappavano i buchi di bilancio con forme di pubblicità creativa, ribattezzando con nomi commerciali gli edifici pubblici: stadi, parcheggi, musei, biblioteche.
Da allora la crisi si è aggravata e anche le idee degli amministratori alla disperata ricerca di risorse sono divenute più estreme: l’Ohio vende anche i nomi di ponti e tratti autostradali e privatizza i bagni pubblici, mentre a Baltimora sugli idranti che spuntano dai marciapiedi campeggia il faccione barbuto che è il logo di Kentucky Fried Chicken. Un altro trofeo per KFC, che ha già conquistato gli idranti dell’Indiana, di parte del Tennessee e, ovviamente, del Kentucky.
Coi bilanci in rosso ognuno si arrangia come può: a Phoneix la pubblicità invade anche le fiancate dei camion dei pompieri. A Buffalo, racconta il New York Times, è arrivata sugli elicotteri di soccorso. Un trend che si impone anche all’estero: Pizza Hut è riuscita a piazzare il suo logo anche sui missili dell’ente spaziale russo che sono, ormai, l’unico traghetto rimasto in funzione per gli astronauti della stazione spaziale orbitante.
Una cascata di spot senza regole e criteri che comincia a provocare problemi pratici e a suscitare interrogativi etici. Qualche città vuole mettere la pubblicità anche sulle auto della polizia, ma in genere gli sceriffi si rifiutano: dicono che quelle vetture devono restare, per i cittadini, un simbolo d’indipendenza. E che senso ha sgolarsi, come fa Michelle Obama, proponendo abitudini alimentari più sane per i bambini, se poi gli autobus scolastici pubblicizzano una catena di pizzerie o una bevanda zuccherata?
Gran lavoro per i filosofi morali mentre il columnist Nicholas Kristof se la prende con un «fondamentalismo di mercato» che, dice, giustifica la commercializzazione di tutto, nel pubblico come nel privato. Non solo le corsie preferenziali ai controlli di sicurezza negli aeroporti: c’è anche chi propone servizi di polizia e antincendio «premium» per le comunità che se lo possono permettere, o le celle di «prima classe» per detenuti facoltosi. E il grande giurista Richard Posner propone di mettere all’asta i diritti d’adozione dei bimbi abbandonati.
Chi pensa che sia lecito vendere tutto, ammonisce Kristof, rifletta sul caso di Kari Smith che ha accettato di farsi tatuare sulla fronte il nome di un casinò dello Utah che ha pagato (10 mila dollari) le spese scolastiche di suo figlio.
massimo.gaggi@rcsnewyork.com