Virginia Piccolillo, Corriere della Sera 6/7/2012, 6 luglio 2012
SLOT, POKER E LOTTERIE, SPESI 45 MILIARDI
Cresce negli italiani la febbre del gioco. I dati inediti dei primi sei mesi di quest’anno lo confermano: in lotterie, Bingo, slot machine, gratta e vinci, poker e casinò on line, hanno speso 44 miliardi e 708 milioni, il 20% in più rispetto all’anno scorso. Un incremento che genera allarme. I Comuni protestano per l’assenza di regole. La chiesa si mobilita: la Curia genovese si appella ai baristi per rinunciare alle slot e l’Avvenire chiede regole più restrittive.
Ma oltre al danno emerge la beffa: diminuiscono le entrate per lo Stato. Complice l’aumento delle giocate online, a bassa tassazione, c’è un calo delle entrate di 400 milioni di euro, secondo dati Agipro, che a fine anno può raggiungere il miliardo. Se non ci sarà una frenata, a fine 2012, ogni italiano in media avrà speso 1700 euro per rincorrere il sogno della vincita. Una mania che si è fatta dipendenza. Secondo dati del Cnr, già nel 2007 il 2,2% degli italiani era in un’area problematica e oltre 800.000 erano vittima di GAP (Gioco d’azzardo patologico) conclamata, una sindrome riconosciuta dall’Oms, ben più grave della ludopatia. Ma da allora la spesa è raddoppiata. Giocano perlopiù strati sociali medio bassi (56%) che finiscono spesso nel cappio degli usurai. E molti giovani.
«L’allarme c’è - conferma Maurizio Fiasco, sociologo della consulta antiusura - siamo al gioco d’azzardo patologico di massa. Difficile da combattere e alimentato da messaggi pubblicitari. Il ministro della Salute dovrebbe intervenire: non serve la legge che lui auspica, basterebbe una circolare. Anche perché con l’esplosione dei giochi virtuali che hanno una tassazione ridicola dello 0,6% lo Stato non ci guadagna. Ci perde. Quei soldi non vengono utilizzati per consumi che fanno crescere l’economia, ma bruciati. È vero che una parte degli incassi viene redistribuita. Ma in maniera iniqua. Pochi vinceranno e molti perderanno», aggiunge. Ma perché la febbre sale? «Gli italiani non erano un popolo di giocatori. Per superare la crisi del ’92 si usò la leva fiscale del gioco. Da lì, a ogni manovra si legalizzavano altri giochi. Nel ’96 le lotterie istantanee. Poi il Bingo, nel 2003 le slot machine, nel 2008 le Vlt con premi superiori. Con il terremoto dell’Aquila, il poker e i casinò on line, dove si accede anche con il telefonino, attraenti per i giovani».
Come le slot. Monsignor Marco Granara, presidente della Fondazione Antiusura della Curia genovese ha scritto una lettera aperta sul Secolo XIX ai gestori delle macchinette mangiasoldi perché vi rinuncino: «Dio non può benedire quegli incassi». E raccoglie firme assieme a Caritas e Arci per regolamentare le sale da gioco e da scommesse. Ma i Comuni sono impotenti. Il direttore della Legautonomie, Loreto del Cimmuto, lamenta: «Hanno pochi poteri nel regolamentare l’impatto dei giochi, pur sopportandone i costi social. Una parte del gettito deve essere restituita loro».
Per Fiasco però il peggio deve ancora arrivare. «Il grande flusso della finanza derivata sul gioco sta alimentando una bolla speculativa. Esploderà e pagheremo tutti noi».
Virginia Piccolillo