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 2012  luglio 06 Venerdì calendario

L’AIUTO CHE NON ARRIVA


Nel mondo alla rovescia in cui viviamo dopo il fallimento di Lehman Brothers l’uscita di dati negativi spesso fa brindare le Borse. Quando il Pil va male, i mercati vanno su perché cattive notizie dall’economia aumentano la probabilità che le banche centrali taglino i tassi o inondino l’economia di liquidità in altro modo, dando così una boccata di ossigeno ai Paesi e ai bilanci disastrati delle banche. E così poi, quando il taglio dei tassi e l’aumento di liquidità arrivano davvero, i mercati ormai fanno finta di niente.
Ieri i mercati hanno fatto anche più di così. Quando la Banca centrale europea e la Banca centrale cinese hanno tagliato i tassi e la Bank of England ha aggiunto 50 miliardi di sterline ai 325 miliardi di moneta elettronica già impiegati dal 2008 per acquistare titoli del Tesoro inglese, le Borse europee sono addirittura scese. Madrid e Milano, e soprattutto i loro titoli bancari, hanno perso più di tutti, lasciando rispettivamente tre e due punti sul terreno. Ma anche la Borsa di Parigi ha perso un punto e persino quella di Francoforte è andata in rosso di mezzo punto. Una giornata che ha ricordato il tonfo delle Borse mondiali dopo il taglio dei tassi coordinato delle banche centrali dell’8 ottobre 2008. Un’altra caratteristica del mondo alla rovescia è che l’intervento coordinato o simultaneo delle banche centrali innervosisce anziché rilassare gli investitori.
Le Borse non sono cadute per caso ma perché incorporano la sempre più diffusa consapevolezza che le banche centrali stiano davvero sparando le loro ultime cartucce. Il timore è che la recessione di oggi — una recessione fatta di crollo dei consumi e non dell’export, una recessione di tutti e non di pochi come nel 2009 — si avviti ulteriormente, portando a numeri ben più drammatici di quelli riportati finora nei documenti governativi. Una grave frenata dell’economia non potrebbe essere battuta dagli Stati indebitati, ma neanche dalle banche centrali. La loro liquidità non riesce ad arrivare alle imprese e alle famiglie ma scompare nei bilanci delle banche oberate dai titoli dei debiti pubblici.
La Bce di Mario Draghi e i suoi colleghi nel mondo hanno fatto la loro parte. E per una volta anche l’Europa è sembrata voler intervenire con una nuova ambiziosa agenda per l’Unione. I leader hanno stabilito allo scorso vertice che il futuro fondo salva Stati potrà essere usato per ricapitalizzare le banche, in tal modo evitando di peggiorare ulteriormente i già disastrati conti pubblici degli Stati. Gli Stati, così promette l’accordo, potranno farlo a patto che si dimostrino capaci di affrontare i loro squilibri di finanza pubblica e privata. E dando alla Bce il potere di vigilare sulle banche di ciascun Paese. Ma le caselle dell’agenda sono ancora da riempire. Il richiamo giunto ieri ai governi e all’Europa è a farlo al più presto.