Maurizio Stefanini, Libero 4/7/2012, 4 luglio 2012
LA LIBIA È COSÌ IN PACE CHE LA NATO LA BOMBARDA
Sabato in Libia si vota per eleggere l’assemblea costituente, ma ancora la Nato è stata costretta a bombardare per provare a rimettere ordine nel caos di faide tra fazioni. A rivelarlo è Asia News, che cita fonti secondo cui «in diverse zone della Libia si combatte ancora e tutto questo nel silenzio generale dei media». In particolare, secondo queste fonti tre settimane fa avrebbero lanciato un fitto bombardamento su due città in lotta fra di loro: Zintan e Mashasha. Zintan è stata una delle più importanti roccaforti dei ribelli, e per tutto il periodo della guerra ha avuto il sostegno della Nato. Mashasha è invece abitata da popolazioni nomadi originarie del Niger, ed era stata costruita dallo stesso Gheddafi per permettere ai popoli del deserto di diventare stanziali, secondo i suoi estimatori. Forse un giudizio meno favorevole potrebbe aggiungere che in questo «permesso» c’era anche una forte componente di imposizione. E certamente è stato anche dovuto alla mancanza di pluralismo del regime di Gheddafi se certi contrasti invece di essere incanalati in dialettiche pacifiche sono poi esplosi nel modo più virulento. Proprio perché si sta per votare, però, a questo punto la critica delle armi dovrebbe lasciare il posto all’arma della critica. Invece, Zintan e Mashasha continuano imperterrite una loro guerra quasi privata. Caduto infatti il dittatore, secondo queste fonti di Asia News, «Zintan si è vendicata lanciando attacchi contro Mashasha che ha risposto con missili e colpi di mortaio. Per fermare la violenze la Nato ha bombardato entrambe le città, facendo diversi morti. L’Alleanza atlantica ha giustificato le bombe contro Zintan, sua alleata, come un errore balistico. E questo nel silenzio totale dei media». Senza parlare delle bombe Nato, della faida si è occupata anche la Bbc, che ha nel contempo denunciato l’estendersi di casi di tortura in tutta la Libia. La stessa Bbc ha quantificato il bilancio della guerra tra Zintan e Mashasha in almeno un centinaio di morti. Le fonti di Asia News affermano che «dopo la caduta di Gheddafi che ha monopolizzato le istituzioni per oltre 40 anni, ora tutti cercano di ottenere poltrone e consensi, sfruttando il clima di insicurezza e anarchia». «Il Consiglio nazionale di transizione non ha alcun controllo sul Paese. Ogni città vuole la sua autonomia, controllare le proprie risorse e fare affari con le multinazionali». Un recente sviluppo di questo andazzo è stato l’assalto dell’altro ieri di 300 persone a un ufficio elettorale di Bengasi, dove le schede e altro materiale destinato alle votazioni sono stati dati alle fiamme per protesta contro la sottorappresentazione della Cirenaica nella distribuzione dei seggi. Un altro sviluppo è stato lo scorso 7 giugno l’arresto da parte di una milizia dei quattro delegati del Tribunale Penale Internazionale, con l’accusa di aver trasmesso documenti a Saif al-Islam Gheddafi, figlio del defunto dittatore. È vero che grazie a una decisiva mediazione italiana i quattro sono stati infine liberati. Ma per riaverli indietro è dovuto umiliarsi a venire a Tripoli per chiedere scusa lo stesso presidente del Tribunale Penale Internazionale Song Sang Hyun. «Chiedo scusa per le difficoltà che hanno provocato i miei sottoposti. Vorrei ringraziare le autorità libiche per aver preso le misure necessarie per liberare il personale del Tpi al fine che possano riunirsi con le loro famiglie». La fonte di Asia News trova però un segno di speranza, «l’unico», nella «sconfitta del fronte islamista, principale fautore della guerra contro Gheddafi, che oggi si trova emarginato fra la stessa popolazione libica». «In questi mesi gli estremisti islamici hanno tentato in tutti i modi di raccogliere potere e consensi nella società, ponendosi come alternativa al regime, forti soprattutto dei risultati elettorali delle votazioni tunisine ed egiziane. Essi si sono però scontrati con il desiderio del popolo libico di modernità e cambiamento. Dopo averli sostenuti nei primi giorni della guerra, la popolazione si è resa conto delle loro posizioni retrograde e contrarie alla modernità e ha iniziato a combatterli. La gente è stanca di essere strumentalizzata e desidera un vero cambiamento del Paese». Vedremo.