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 2012  luglio 04 Mercoledì calendario

SuperMario nuovo iettatore? Troppo tardi per cominciare - Con l’infausta domenica di Kiev la iet­tat­ura ha ancora una volta fatto irru­zione nella scena pubblica italiana

SuperMario nuovo iettatore? Troppo tardi per cominciare - Con l’infausta domenica di Kiev la iet­tat­ura ha ancora una volta fatto irru­zione nella scena pubblica italiana. Non che sia una novità, la sua presenza è sta­ta nei millenni, dalle Idi di Marzo a Italia-Spagna, un accessorio importante della dia­lettica e della polemica politica, giornalisti­ca, calcistica, domestica. Nessuno è senza peccato, nessuno può scagliare la prima pie­tra. Le ultime pietre hanno colpito Mario Monti, ma ce ne sono state per tutti. A Silvio Berlusconi che in un intervento parlamenta­re rimproverava all’opposizione un cata­strofismo denigratorio, dai banchi di sini­stra s’era replicato con il grido «non siamo noi a essere pessimisti, sei tu a portare iella». Quando attecchisce, e mette radici, la fa­ma di iettatore diventa una persecuzione. Nella novella La patente Pirandello ha de­scritto la vicenda d’un poveraccio, tale Rosa­rio Chiarchiaro, che era stato appestato da questadiceriaechedovunqueandasseveni­va accolto da espressioni e gesti di scongiu­ro, evidenti e osceni. La vita dell’infelice era stata rovinata anche dal punto di vista del la­voro. Tanto che a un certo punto s’era pre­sentato a un giudice- tra sfoghi scaramanti­ci d’altri giudici presenti - per chiedere che la sua nomea fosse doverosamente attestata da una patente:e gli desse il diritto d’esigere una tassa da chi non voleva averlo tra i piedi. Professione iettatore. Non credo proprio che a Mario Monti toc­cherà la stessa triste sorte. Il vero iettatore si dimostra tale abbastanza precocemente, e gli esperti della superstizione lo avvistano al volo. Tra essi andava senza dubbio colloca­to Giovanni Leone, che faceva largo uso del­le corna: quelle orizzontalmente dirette contro l’interlocutore, quel­le rivolte verso influssi maligni prove­nienti dall’alto, quelle aderenti alla cucitura dei pantaloni, per scaricare verso terra gli in­flussi maligni. Aveva fatto le corna nel 1973 visitando a Napoli i malati d’una epidemia di colera.Nella Normale di Pisa,dato l’alto li­vello scientifico dell’ambiente, aveva abbi­nato- come scrisse Cesare Zappulli- due tipi di corna, quelle puntate davanti a sé e quelle indirizzate al suolo. Poiché nella Camera dei deputati, quando lui la presiedeva, era presente uno marchiato come menagramo, se doveva dargli la parola Leone ricorreva a circonlocuzioni geniali, così da non pronun­ciarne il cognome. Anche nel giornalismo il dagli al portasfi­ga non è sconosciuto. Diversi decenni addie­tro al Resto del Carlino lavorava un collega, bravissimo e simpaticissimo, che era tutta­via marchiato. Mario Missiroli, direttore del quotidiano bolognese, si consultò con un profondo conoscitore di misteri occulti, per sapere se convenisse tenersi vicino il sospet­tato, o se gli convenisse allontanarlo. Preval­se la seconda opzione, lo trasferì a Roma. Quelle che ho citato erano fame collauda­te. Mario Monti, lo ripeto, è semmai in una fa­se di apprendistato, e l’età gli impedirà ai rea­lizzare altre convalide del suo curriculum malaugurante. Le prove fin qui addotte sono del resto deboli. La sconfitta dell’Italia era prevedible e da mol­ti prevista, la stentata vocalità per l’inno nazionale sarebbe grave nel coro della Scala ma in uno sta­dio può essere tollerata. Resta l’ad­debito maggiore, il presentarsi a Kiev dopo che aveva calunniato, auspi­cando una tregua calcistica di due o tre anni per lo scandalo scommesse, la sacralità del pallone.Un po’ di colpa voglio assumerme­la anch’io per avergli suggerito d’essere a Kiev, immaginando da quali improperi sa­rebbe stato bersagliato con un’assenza. Avrebbero raffrontato la sua vile diserzione alla coraggiosa presenza del primo ministro spagnolo Rajoy. Mi sono dimenticato di se­gnalargliela, nel mio piccolo, ma forse una via d’uscita c’era.Monti poteva restare a ca­sa dicendo che lo faceva per solidarietà alla prigioniera politica Julia Tymoshenko. Ma se per caso Buffon e i suoi prodi avessero trionfato, quellaspiegazionesarebbeappar­sa del tutto inadeguata: non vorrete parago­nare un gol alla galera, conta di più il gol.