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 2012  luglio 02 Lunedì calendario

Ecco il vero scudo contro lo spread: abbattere il debito - Ottobre 2009: elezioni in Grecia. Si scopre un buco nei conti pubblici di Ate­ne e si apre il vaso di Pandora

Ecco il vero scudo contro lo spread: abbattere il debito - Ottobre 2009: elezioni in Grecia. Si scopre un buco nei conti pubblici di Ate­ne e si apre il vaso di Pandora. Emergono le ipocrisie e le debolez­ze su cui l’euro ha retto per 10 anni e la speculazione internazionale inizia a interessarsi alla Grecia. L’insufficiente reattività dell’area euro alla crisi finisce per caratterizzarsi come il vero punto debole dell’intero siste­ma: da quell’ottobre fatidico l’Unione europea inizia a rispon­dere troppo poco e troppo tardi al­le ondate speculative. La tempesta degli spread è ini­ziata un anno fa, dopo l’ultima riu­nione inconcludente del Consi­glio europeo del 23-24 giugno 2011. Da allora 25 vertici, tanti im­pegni non mantenuti, pochissi­me decisioni, sempre troppo po­co, sempre troppo tardi. Gli esiti: Europa economica in recessio­ne, idea di Europa a pezzi, esplo­sioni ovunque di derive populisti­che, con cadute di governi a cate­na. Il tutto perché non si sono sa­pute correggere per tempo le de­bolezze della costruzione dell’Eu­ropa economica e monetaria, la­sciando mano libera agli egoismi e agli opportunismi dei singoli Stati. Le cose che il vertice del 28-29 giugno doveva fare erano chiare, vale a dire una precisa road map per costruire l’unione bancaria, l’unione economica, l’unione fi­scale, l’unione politica e per attri­buire alla Banca centrale euro­pea, attraverso opportune modi­fiche dei Trattati, il ruolo di presta­tore di ultima istanza, al pari del­le altre banche centrali di tutto il mondo, in particolare della Fede­ral Reserve. Quasi nulla di tutto questo è stato fatto. Impegni par­ziali, rinvii, nessuna chiarezza: solo specchietti per le allodole. A questo riguardo, presidente Monti, non sono stato io a parlare di paracetamolo (tachipirina) fi­nanziario con riferimento alla Sua proposta di scudo anti­spread, presentata in Messico al G20:è stato l’autorevole commis­sario agli Affari economici e mo­netari Olli Rehn, e, a ruota, la criti­ca è venuta dal Financial Times , dal Wall Street Journal , dall’ Inde­pendent . Per funzionare, il Suo scudo automatico avrebbe dovu­to avere risorse illimitate, che non ha. Inoltre, come lo ha previ­sto Lei, lo scudo rischia di inne­scare una serie di vendite oppor­tunistiche sui mercati, generan­do panico e senza ridurre i rendi­menti. Insomma, un pericoloso palliativo, buono per ottenere ef­fimeri titoli sui giornali e giudizi positivi da una stampa compia­cente. Il Suo scudo doveva scattare au­tomaticamente oltre una certa so­glia da definire. Quello che è sta­to, per così dire, approvato l’altra notte ha poco a che fare con la Sua proposta originaria perché non c’è alcun automatismo,al di là de­gli interventi delle troike, delle bi­ghe e dei relativi memorandum of understanding . Insomma, chi vuole lo scudo deve chiederlo, con tutti gli effetti di credibilità e di reputazione che questo com­porta, deve mettersi in coda e de­ve sperare nella benevolenza al­trui, mentre magari infuria la bu­fera sui suoi titoli. Proprio per queste ragioni, non si è chiesto, professor Monti, perché Angela Merkel l’ha accettato di buon gra­do, magari facendo finta di resi­stere? È presto detto: semplice­mente perché non solo non cam­bia nulla rispetto alla situazione esistente, ma perché è servito a non parlare più delle cose serie. Che fine hanno fatto gli Euro­bond? Ne è dimostrazione il fatto che venerdì sera, a ridosso delle con­clusioni del vertice europeo, il Parlamento tedesco ha approva­to, senza fare una piega e con mag­gioranza superiore a quella di 2/ 3 richiesta dalla Costituzione, il fi­scal compact e l’Esm. Non lo avrebbe fatto se non fosse stato consapevole che le decisioni del giorno prima nulla avevano cam­biato nello scenario dell’Unione. Ultima controprova del peso mi­nimo del «successo» del nostro premier: lui stesso e il collega Ma­ri­ano Rajoy si sono subito affretta­ti a dichiarare di non aver inten­zione di utilizzare, al momento, lo scudo anti-spread per l’Italia e per la Spagna. Da qui il dubbio della polpetta avvelenata. Il bal­zo delle Borse nell’immediato do­po vertice è derivato dall’unica decisione seria presa: l’avvio di fatto di un percorso verso una co­struzione unica bancaria. Per il re­sto tachipirina, ancora tachipiri­na. Da quest’Europa il nostro Pae­se non può pretendere di più. Lei ha fatto il massimo e da ulteriori compiti a casa, sangue, sudore e lacrime, non deriverà all’Italia più credibilità, anzi, arriverà solo più recessione. Per questa ragio­ne, presidente Monti,usi la rinno­vata fiducia dell’opinione pubbli­ca facendo l’unica cosa che serve per tirare fuori l’Italia dalla crisi, dai ricatti dei mercati, dall’egoi­smo dei Paesi nord europei, dal pessimismo, dall’autolesioni­smo, dai suoi errori e dalle sue strutturali inefficienze. Attacchi il nostro debito pubblico alla radi­ce. Lo riporti credibilmente, in 5 anni, sotto il 100% rispetto al Pil, ma non attraverso avanzi primari insostenibili, bensì lavorando su­gli stock. Ecco, questo è il vero scu­do anti-spread. Questa è l’unica vera grande riforma di cui ha biso­gno il Paese, che si porta dietro tutte le altre.Ben oltre l’operazio­ne di 4 miliardi avviata dal Consi­glio dei ministri del 15 giugno 2012, peraltro già prevista dal pre­cedente governo nella lettera ai presidenti di Commissione e Consiglio europeo del 26 ottobre 2011. Di proposte in campo ce ne so­no tante. L’ultima, in ordine di tempo, è quella lanciata dal presi­dente della Consob, Giuseppe Ve­gas, nel corso di un’audizione al Senato il 26 giugno scorso: creare un fondo di stabilizzazione finan­ziaria (Financial stability fund) ove conferire immobili pubblici, partecipazioni di società quota­te, riserve auree e valutarie ecce­denti i vincoli dell’euro, che emet­ta bond con un rating da tripla A e la cui raccolta serva a riacquista­re titoli del debito pubblico emes­si a tassi di rendimento elevati. Un vero scudo, con risorse tutte nostre, tutte italiane. Quella elaborata dal professor Francesco Forte prevede l’istitu­zione, presso la presidenza del Consiglio, di un «Fondo per la ga­ranzia e il riscatto del debito pub­blico », le cui risorse siano impie­gate per acquistare titoli di Stato sul mercato secondario e per «col­lateralizzare » i titoli pubblici a medio e lungo termine (cioè af­fiancare ad essi una garanzia rea­le) per il 20% del loro valore faccia­le. Poi la proposta dell’ex ministro Giuseppe Guarino, quella del se­natore Mauro Cutrufo, quella del professor Giuseppe Pennisi e quella degli economisti Guido Sa­lerno Aletta e Andrea Monor­chio. Tutte quante prevedono una grande strategia di alienazio­ne e valorizzazione del capitale pubblico improduttivo per libera­re l’economia italiana. Vendere le case popolari agli inquilini, ce­dere i crediti dello Stato, dismette­re i beni, costituire e cedere socie­tà per le concessioni demaniali, privatizzare le public utilities . Tut­to questo serve. Perché vuol dire più mercato, vuol dire più capita­lismo, vuol dire nuovi investi­menti, vuol dire, anche sociologi­camente, nuovi capitalisti, più produttività, più competitività, più crescita, più occupazione, mi­nore pressione fiscale, emersio­ne del sommerso, più responsabi­lità, più credibilità.Questo è l’uni­co scudo anti-spread capace di funzionare. Diventare europei nel debito significa diventare eu­ropei a 360 gradi. Nei mercati, nel­le banche, nella finanza, nelle re­lazioni industriali, nella giusti­zia, nella politica. Insomma, met­tere fine al non più sopportabile compromesso consociativo che dal Dopoguerra ha soffocato e sof­foca il nostro Paese. Lei, professor Monti, presiden­te Monti, ce la può fare. La stra­grande maggioranza degli italia­ni per bene sarà con lei. Un unico dubbio: lo vorrà fare? E solo per fi­nire con un sorriso: usi antibioti­ci e vitamine e lasci perdere le inu­tili, effimere tachipirine.